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Chi salverà il Natale?

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Chi salverà il Natale?

di Stefano Pezzola

Ma com’è nata l’espressione salvare il Natale che dallo scorso anno ha riempito tutte le pagine dei giornali italiani?

Molti politici – soprattutto dell’esecutivo – hanno esplicitamente fatto riferimento a questa espressione e l’hanno utilizzata all’interno delle loro dichiarazioni lo scorso anno così come negli ultimi giorni.

Senza dubbio, uno di questi è stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che lo scorso anno sosteneva “non è stato e non è facile. Ma stringere ora è la sola strada possibile per salvare il Natale ed evitare un lockdown più doloroso di quello di marzo. Questo è l’obiettivo che va centrato con ogni sforzo e ogni sacrificio”.

Un altro abituè è il ministro Roberto Speranza che qualche giorno fa ha dichiarato che “alcune restrizioni potrebbero interessare delle zone ad alto tasso di rischio. I segnali di allerta non possono essere sottovalutati. Vogliamo fare un Natale tranquillo, ma se vogliamo farlo è meglio attrezzarsi rapidamente”.

Lo scorso anno in realtà la speranza si affievolì ben presto fino ad arrivare al consiglio dei ministri della serata tra il 2 e il 3 dicembre che mise definitivamente lo stop ad un insieme di normali festeggiamenti durante il periodo natalizio.

Non poteva essere un “Natale salvato” quello che prevedeva la chiusura dei ristoranti dopo le 18, e non poteva essere un “Natale salvato” quello che chiudeva le regioni e i comuni nei giorni del 25, 26 dicembre e 1 gennaio: non poteva infine essere un “Natale salvato” quello che raccomandava fortemente di far partecipare a cenoni e pranzi i soli conviventi.

Mai slogan fu ed è tutt’oggi più infelice!

Addirittura, si è cercato di costruire – lo scorso anno così come quest’anno – una narrazione attorno al tentativo dell’esecutivo di proporsi come il “salvatore del Natale”.

E non sarà un caso che con l’approssimarsi di dicembre il motto “salvare il Natale”, invece che rafforzarsi si indebolirà anche quest’anno, prima soltanto sussurrato a mezza bocca, poi lasciato cadere, sperando che i cittadini non se ne ricorderanno.

La stessa speranza che accompagna mille altre promesse mai trasformate in realtà dal governo.

Possono bastare certe frasi rassicuranti come “andrà tutto bene” e “ce la faremo” che ci scambiavamo lo scorso Natale al telefono o che molti esponevano ai balconi o alle finestre – così numerosi durante il Natale 2020 e pressochè scomparsi oggi – come tacita conferma di quanto era ed è fragile l’auspicio fondato solo su una sorta di ottimismo della volontà che il tempo e la realtà hanno provveduto a mettere in crisi.

Ci vuole qualcosa che sfidi la rassegnazione, la paura ma anche il cinismo che hanno preso possesso dei cuori, espressioni di un nemico potente che si chiama nichilismo.

Una mancanza preoccupante di ragioni forti che diano solidità all’esistenza.

Ci vuole qualcosa di speciale per affrontare questa sfida.

Non è piu’ sufficiente che qualcuno continui con la fastidiosa narrazione del voler “salvare il Natale”.

Dobbiamo tutti noi salvare il Natale, insieme.

Se c’è una cosa che mi ha sempre fatto venire l’orticaria fin da piccolo sono i discorsi sul Natale.

Quelli buonisti degli anni 60, del tipo a “Natale, ci si sente più buoni”.

Poi quelli anticonsumistici degli anni 70 con preti che scagliavano anatemi in predica contro il povero panettone.

Ed oggi i discorsi variegati e cerchiobottisti del capo del Governo, in format di omelia.

A prescindere dalla fede religiosa, il Natale è un momento di raccoglimento spirituale.

La politica invece pone nel Natale soltanto un orizzonte temporale, un orizzonte del dibattito politico che al massimo può arrivare a Capodanno.

Scherza coi fanti e lascia stare i santi”.

Detto in altri termini, cito la sana filosofia di Renato Pozzetto de “Il Natale quando arriva arriva”.

Il Natale è.

Non dipende da nessun indice.

E non deve essere salvato da nessuno!

Quando arriva arriva.

È un Avvenimento che accade di suo, gratuitamente.

La politica, se può, cerchi di salvare salumieri, giocattolai, pasticceri, e quant’altro, ci mancherebbe.

Ma non si occupi di salvare o non “salvare il Natale”.

Prendo a prestito le bellissime parole di Giorgio Paolucci.

In questi giorni da più parti si sente dire che dobbiamo salvare il Natale, riferendosi alla necessità di invertire il trend negativo dei consumi. Ma quello che accade ci sfida a riconoscere che abbiamo bisogno di essere salvati noi dal Natale… dal Dio che si è fatto compagno di strada della nostra fragilità”.

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