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Come impatta l’aspettativa di vita in ambito previdenziale

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Come impatta l’aspettativa di vita in ambito previdenziale

Da una decina d’anni c’è un termine che interessa gli addetti ai lavori in ambito previdenziale ed i lavoratori che si apprestano ad andare in pensione.

Stiamo parlando dell’aspettativa di vita. Questo è un dato numerico statistico che viene calcolato ogni anno dall’ISTAT ed è in sostanza il numero di anni medio di speranza di vita che ha una persona. Di solito è usata per calcolare il numero di anni medio che ogni neonato ha la probabilità di vivere.

Quindi è correlato con la mortalità infantile e con la mortalità evitabile. Combinando l’indice di mortalità infantile con lo stato ambientale e sanitario in cui vive una popolazione indica sia un indice demografico sia lo stato di sviluppo di una popolazione. In sostanza poiché si è drasticamente ridotta la mortalità infantile, abbiamo uno stile di vita migliore con una corretta alimentazione coadiuvata da una giusta attività motoria e con i miglioramenti continui che ci sono stati in ambito sanitario questa “speranza di vita” negli anni si è sempre allungata.

Analizzando i dati degli ultimi 100 anni, quindi dopo la Prima Guerra Mondiale notiamo che la speranza di vita in Italia è passata da circa 65 anni fino ad arrivare nell’anno 2019 a 83 anni. L’unica interruzione ci fu durante la Seconda Guerra Mondiale quando questo indice scese di oltre tre anni. Poi riprese progressivamente a salire fino ad arrivare appunto nell’anno 2019 all’età di 83 anni posizionando l’Italia come una delle primissime nazioni al mondo.

Si evince, pertanto, che questo dato proprio a causa di tutta una serie di concause determinate dal benessere dei cittadini unita ad un miglioramento costante dell’aspetto sanitario e con la drastica riduzione di morti per conseguenze del parto o nei primi anni di vita dei bambini è sempre aumentato, interrotto solamente nel caso di eventi eccezionali come appunto una guerra.

Motivo per il quale il governo Monti con la Prof.ssa Fornero Ministro del Lavoro nell’anno 2011 con l’Italia in piena crisi economica e con l’Europa che incalzava per ridurre le spese, in particolare la spesa previdenziale, fece una cosa unica al mondo, legare cioè la possibilità di andare in pensione in base all’aspettativa di vita.

Fino ad allora in Italia ed in tutti gli altri paesi la possibilità di andare in pensione era ben definita e assolutamente chiara. Dal 2012 invece l’età di pensionamento veniva aggiornata ogni tre anni in base all’aumento dell’aspettativa di vita. In sostanza ogni tre anni in base ai dati che venivano forniti dall’ISTAT sulla speranza di vita si allontanava il pensionamento di alcuni mesi.

Ci sono stati tre adeguamenti da quel fatidico 2011, in particolare nell’anno 2013 ci fu aumento di 3 mesi, nell’anno 2016 un aumento di 4 mesi e nell’anno 2019 un aumento di 5 mesi. In pratica in 6 anni ci è stato un aumento di un anno per avere i requisiti necessari al pensionamento. Ed inoltre dall’anno 2021 questo adeguamento sarebbe stato non più triennale ma bensì biennale.

Poi è arrivato il Covid-19.

Il dato dell’ISTAT è stato impressionante. L’aspettativa di vita che era andata progressivamente aumentando dall’anno 2010 all’anno 2019 passando da 82,1 anni a 83,6 anni, nell’anno 2020 è ridiscesa ad 82 anni.

In un solo anno il 2020, causa la pandemia, è scesa di ben 1 anno e 6 mesi. Inoltre il dato relativo al numero di decessi in Italia nell’anno 2020 è stato impressionante, oltre 730.000, un numero che non si registrava dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

E tra l’altro in questo terribile anno abbiamo anche avuto il minore numero di nascite in Italia da 150 anni a questa parte, meno di 400.000. Se purtroppo il dato relativo ai decessi causati dal Covid-19 si ripeterà anche nell’anno 2021, cosa purtroppo prevedibile, potremmo assistere ad un’altra ridiscesa di circa 1 anno e mezzo dell’aspettativa di vita che si porterebbe a circa 80,5 anni.

In soli due anni, in pratica 2020 e 2021, si assisterebbe ad una diminuzione di circa tre anni che vanificherebbe quanto guadagnato negli ultimi 20 anni. Si tornerebbe, cioè come speranza di vita addirittura all’anno 1999.

E la legge Fornero con i suoi aumenti come sarebbe modificata? Non cambierebbe nulla perché in quella legge la diminuzione dell’aspettativa di vita con era contemplata (mai nessuno avrebbe potuto immaginare che la speranza di vita potesse diminuire) e l’unico effetto pratico che si avrà sarà quello di mantenere l’età costante.

Si capisce, pertanto, che quanto contenuto in quella legge fosse assolutamente iniquo. In quest’anno 2021 il governo dovrà necessariamente varare una nuova legge previdenziale, in quanto alla scadenza a fine anno di quota 100 si formerebbe uno scalone di cinque anni da 62 a 67 anni per ottenere la pensione di vecchiaia.

Ci sarà bisogno di una legge equa, con un occhio particolare ai giovani, alle donne, ai disoccupati, ai chi svolge lavori usuranti, ai precoci ed agli invalidi e si dovrà inoltre necessariamente diminuire almeno di un anno l’età per poter accedere alla pensione.

 

 

articolo scritto da Mauro Marino

nato a Peschiera del Garda

esperto di economia