È stato il vicesindaco Lucia Tanti a illustrare la proposta di delibera sulla costituzione della fondazione di partecipazione denominata Arezzo Comunità.
“Quello che ci apprestiamo ad approvare – ha esordito Lucia Tanti – è un atto molto significativo che segna un ‘prima’ e un ‘dopo’ nell’ambito delle politiche di coesione sociale di cui fanno parte, a pieno titolo, le politiche educative, che a me piace chiamare anche di crescita civica. Quanto abbiamo scelto è uno strumento solido, innovativo, forte, sperimentato con successo da questa amministrazione con le altre due ‘sorelle’, ovvero le fondazioni Arezzo InTour e Guido d’Arezzo.
Ed è la prima esperienza in Italia così concepita. Le fondazioni, in questi ultimi venti anni, hanno dato prova di essere la strada giuridica e gestionale più efficace per tenere insieme il pubblico, il privato sociale e il privato puro in azioni di comunità e di interesse pubblico, per intercettare risorse esterne, per programmare insieme oltre i confini del solo ‘pubblico’, per mettere in piedi iniziative di rete. Per ottenere questo surplus di risorse e idee, di valori e azioni non ci sono altre strade che questa. Non basta un’istituzione, poiché questa è solo figlia dell’amministrazione, senza autonomia e personalità giuridica. Non bastano i tavoli di lavoro che sono spesso superfetazioni di assemblearismo che non sanno coniugare il pensare con l’agire.
Ma ciò che mi preme rimarcare per la nostra fondazione è la sua formula politica e culturale, la modalità con cui l’abbiamo costruita, per addivenire a uno strumento rivoluzionario che disegna in concreto la ‘terza via’ aretina. Una terza via che va oltre il ‘tutto pubblico’, fallimentare, costoso senza efficienza, moralistico, assistenziale e supponente, e il ‘tutto privato’, inefficace e ingiusto in termini insopportabili. Arezzo mette insieme le energie di ciascuno in una visione di comunità. Perché se è vero che in Italia si moltiplicano fondazioni di partecipazione o di comunità che si occupano di sociale e di educazione, è vero che nessuna nasce dall’alleanza di soci fondatori la cui storia, in alcuni casi millenaria, è la storia della città nella sua versione più bella, generosa, innovativa, umana.
Noi oggi partiamo con il blocco municipale che ha fatto, in queste materie, grande Arezzo: il Comune, la Fraternita dei Laici, la Fondazione Thevenin, la Fondazione Aliotti, l’Istituto Fossombroni. Qui sta la rivoluzione, l’innovazione, il primato politico di questa scelta che ci rende i primi in Italia non nell’idea in sé ma nel modo con cui la realizziamo e la faremo vivere. Da qui un ringraziamento ai presidenti delle istituzioni ed enti che ho citato, Pier Luigi Rossi, Sandro Sarri, Manuela Loreni, Debora Testi, e ai consigli di amministrazione. Con tutti loro stiamo scrivendo un nuovo libro, un libro degli aretini e per gli aretini da ‘zero a novantanove anni’.
Che cosa farà la fondazione? Arezzo Comunità avrà tre grandi linee di azione: la prima è dare servizi a chi dà servizi. Mettiamo in campo una ‘macchina’ a disposizione del terzo settore, in particolare di quello più piccolo e più fragile. Comunicare, raccontare se stessi, fare bandi, intercettare risorse, scrivere progetti, districarsi tra mille opportunità difficili da codificare, appassionare nuovi volontari in una sfida generazionale che segnerà il discrimine tra esserci ancora e non esserci più: sono le questioni che vedranno la fondazione a supporto del terzo settore, anzi al suo servizio. Solo chi non sa nulla di come funziona il terzo settore può non capire la fatica che esso sopporta per continuare a esistere in quell’altalena di risorse che ci sono ma che spesso sfuggono.
E sfuggono perché per fare i bandi, per seguire gli avvisi, per comporre le schede, per creare alleanze vere senza fare la guerra tra poveri, per rendicontare ci vogliono competenze e professionalità. Ecco: questo mondo così bello e così solo, da oggi sarà meno solo, perché avrà una macchina a disposizione. Ma sarà sempre libero e senza il rischio ‘del cappello in mano’. E questo vale anche per il rapporto con il privato: Arezzo è la città del modello Calcit, è la città che sa essere generosa. Questa generosità possiamo metterla a sistema perché il singolo cittadino capisca che dare un aiuto è un’occasione. Le risorse investite nelle azioni di comunità si possono in larga parte defiscalizzare.
In quanti lo sanno? Quanti imprenditori sanno che il valore di ciò che donano definisce il Pil di sostenibilità sociale della loro azienda? Stare in rete è la risposta per essere visibili e per giocare alla pari in una città che genera valori e valore. Si è detto che così facendo si limita lo spazio del rapporto tra il privato e la singola associazione del terzo settore: è esattamente il contrario. Ognuno continua a giocare in proprio ma sa che può avere un secondo terreno a disposizione dove ‘alleanza’ è la parola chiave.
La seconda linea di azione è fare strategie di welfare: la fondazione è una piattaforma per mettere in filiera ragionata ciò che già c’è e per aprire un fascio di luce nelle zone buie dove le risposte di libera comunità non ci sono. Attenzione: non parliamo dei servizi essenziali, quelli li eroga e li erogherà sempre il Comune. Mi riferisco a un’intelaiatura di welfare comunitario e generativo che si basa sulla relazione tra pubblico e privato nel solco di un civismo attivo che fa grandi le democrazie.
La terza linea di azione è progettare l’Arezzo che sarà tra molti decenni, misurando il presente e preparando il futuro prima che arrivi. E qui la fondazione diventa lo ‘spazio pubblico’ dove chi agisce e chi studia i fenomeni sociali si ritrova. Quello che abbiamo davanti è un mondo dove non si tratta di affrontare una nuova epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca. Noi ci candidiamo a entrare nel post Covid tenendo insieme il grande valore di ciò che abbiamo fatto finora con il coraggio di guardare a un orizzonte lontano. L’ambizione è studiare, immaginare e preparare modelli innovativi. Ora. La fondazione sarà il luogo fisico dove Arezzo penserà se stessa per i prossimi decenni. E non basterà certo una consiliatura per questo cammino”.
Terminata la disamina specifica di che cos’è la fondazione, il vicesindaco ha affrontato i connessi temi politici: “a chi in questi mesi ha visto mostri o pericoli e ha descritto tragedie dico: smettete di vivere su Marte, uscite dalle vostre ideologie vecchie e comode, non illudetevi più che la prosopopea un po’ patetica sia una buona carta per ragionare della realtà. Ci avete accusato di smantellare i servizi, di indebolire il Comune, di sperperare risorse, di non rispettare addirittura le leggi e poi, un secondo dopo, che la fondazione non darà servizi perché continuerà a farlo il Comune, che quindi sarebbe inutile e che le risorse per garantire il suo funzionamento sono poche.
Mettetevi d’accordo perché queste due versioni non stanno insieme. C’è chi ha raccolto firme, poche, e poi chiesto percorsi di approfondimento perché non ha chiaro il disegno. Allora quei cittadini a cui è stata chiesta una firma ‘contro’, con quali certezze li avete conquistati? Qualcuno ha mobilitato personalità politiche che da anni erano nei sarcofaghi della storia di questa città riprendendo pezzi di comitati schierati che salgono su tutti gli autobus della protesta. Per dire che il sindaco Ghinelli e la sottoscritta smantellavamo i servizi, mentre invece assumevamo personale e impiegavamo risorse importanti proprio su queste politiche. La stessa illuminata tempistica usata in estate per dire che le politiche del turismo non funzionavano, quando Arezzo era piena di turisti. Poi ho sentito che stavo edificando la mia macchina elettorale, come se non fosse chiaro che le macchine elettorali si costruiscono con i ‘regalini’ a pioggia, non con gli strumenti di libertà.
Infine, qualcuno semplicemente non ha compreso mezza riga di quello che nei mesi abbiamo detto e scritto e ciò di per sé non sarebbe un male. Se non fosse che quel qualcuno ha avuto l’imprudenza di voler dire a me cosa avevo in testa io. Alla fine chi ha capito davvero è la città, quella vera e viva, e oggi abbiamo tante grandi realtà del terzo settore che hanno condiviso e collaborato in un dibattito costruttivo e lucido: insieme a loro, che rappresentano centinaia e centinai di aretini, ha preso corpo l’idea della Fondazione Arezzo Comunità.
Le ringrazio tutte e proseguo nei ringraziamenti citando il dipartimento di Scienze Giuridiche dell’ateneo senese, il direttore Stefano Pagliantini e i professori Annalisa Gualdani, Raffaele Lenzi e Gabriele Salvi, per il contributo terzo, imparziale, scientifico, lucido e gratuito che hanno dato, non a me ma alla città. E qualcuno, prima di tornare nel dorato sarcofago delle politica cittadina, farebbe bene a scusarsi con loro per i comunicati e i toni usati. Grazie al gruppo trasversale di lavoro dell’amministrazione comunale con particolare riguardo al segretario generale Alfonso Pisacane e a Fabio Moretti per la competenza e l’attenzione che hanno messo in questo anno di lavoro non facile. Grazie a tutti i consiglieri comunali di maggioranza, in particolare: Fabrizio Ferrari, Mattia Delfini, Roberto Cucciniello, Mery Cornacchini, Renato Viscovo, Alessandro Calussi, Francesco Lucacci, Simon Pietro Palazzo, Roberto Bardelli, Egiziano Andreani, Federico Rossi. Grazie ai consiglieri di opposizione che hanno fatto critiche utili e di cui abbiamo necessità di tenere conto: in particolare Valentina Sileno e Valentina Vaccari. Un grandissimo grazie al sindaco e alla giunta, in particolare agli assessori Alberto Merelli e Giovanna Carlettini. E da ultimo grazie anche a chi ha descritto la fondazione con tinte fosche e distopiche, in un diluvio di falsità che a un certo punto era difficile capire dove terminasse la realtà e iniziasse la fiction. Grazie perché, in virtù di un processo di eterogenesi dei fini, nessuno è riuscito a rafforzare questo progetto come chi lo ha dovuto avvelenare”.
Valentina Vaccari: “il documento unico di programmazione prevedeva due fondazioni. Dopo questa idea iniziale, nelle sedute di commissione sono state poste varie domande sulle funzioni e sulla natura dell’unica rimasta. Nulla contro lo strumento ma restiamo perplessi sull’uso che ne possa fare. All’articolo 10 dello statuto, ad esempio, dedicato agli organi di amministrazione, non è previsto un membro ‘di minoranza’ nel cda. All’articolo 17 si aggiunge che il revisore dei conti verrà nominato dal sindaco. Il controllore e il controllato sono della stessa parte politica. Poi si legge che certi servizi sono di spettanza municipale e di seguito si citano anche servizi ‘esclusi’ senza però specificare quali siano i primi e i secondi. Ma le contraddizioni non si limitano a questi aspetti. Se ne aggiungono altre sulla possibilità o meno di locare spazi comunali, su quali beni vengono trasferiti effettivamente alla fondazione, su come possa la stessa incentivare i privati a fare donazioni, sulle modalità di beneficiare del 5 per mille”.
Michele Menchetti ha proposto alcuni emendamenti: “sulla possibilità di locare immobili da parte del Comune a favore della fondazione. Un punto che prevede la gratuita della locazione stessa mentre noi riteniamo che sia attivata ai prezzi di mercato. Chiediamo l’abrogazione di alcuni punti relativi alla figura del direttore: per il Movimento 5 Stelle va nominato con concorso pubblico per titoli ed esami dove siano disciplinati poteri, durata o compenso. Inoltre, la funzione di revisore dei conti non va riservata solo a un soggetto ma a tre estratti a sorte dall’elenco regionale”.
Donella Mattesini: “non è un’innovazione ma un passo indietro. Quando si parla di sociale non si può trascurare la connessione con il mondo della sanità e il rapporto con la Asl. In questo progetto non esiste alcunché. Dunque, con la fondazione si rompe l’integrazione socio-sanitaria e l’accesso ai servizi per il cittadino si sdoppia. Se la fondazione programma e individua tutte le attività, che ruolo resta al Consiglio Comunale? Non esiste una cosa simile in Italia che espropria dal ruolo di programmazione e controllo, su ambiti importanti come questi, i consiglieri comunali. Attualmente abbiamo due leggi di riferimento, una del 2020 che regola il rapporto tra terzo settore ed enti locali. Questi ultimi devono collaborare con tutto il terzo settore: perché invece di inventare la fondazione non si applica questa disposizione in maniera trasparente? Molti soggetti del terzo settore sono stati esclusi dall’iter di nascita della fondazione. L’altra legge è la 45 della Regione Toscana dove si sostiene che si può fare ‘benessere’ solo integrando tutte le politiche, pensiamo a quelle per la casa o di prevenzione dei gravi fenomeni che purtroppo coinvolgono oggi i giovani. Anch’esse finiscono per risultare sconnesse da questo strumento. Se registriamo in questi anni solo la destrutturazione dei servizi educativi da parte della giunta, come si può dare credito a questa ‘novità’? Credo che chi governa non possa venire in un’assise solo con un fiume di parole”.
Francesco Romizi ha presentato due questioni pregiudiziali: “sottoscritte da tutti i capigruppo di opposizione. Dalla delibera si evince che la fondazione individua, programma e svolge tutte le attività che attengono al sistema integrato dei servizi sociali. Dunque non corrisponde al vero che la fondazione è un ente strumentale del Comune come si legge in altri atti amministrativi. La delibera non va discussa per una questione di coerenza fra gli stessi. Nel documento unico di programmazione, inoltre, approvato nel luglio scorso, si legge di due fondazioni, la prima definita di coesione sociale e la seconda dedicata alle politiche sull’istruzione. Oggi le due si fondono nell’unica proposta. Dunque, emerge un’ulteriore disarmonia tra atti amministrativi”. Entrambe le pregiudiziali sono state respinte.
“Prendiamo atto della volontà politica di dare vita alla fondazione – ha ripreso il dibattito Valentina Vaccari – per cui ribadiamo la bontà dei suggerimenti prima illustrati, concepiti per migliorare tale strumento in direzione della trasparenza e dell’efficienza nella gestione delle risorse. Ci sembra una dimostrazione di dialogo”.
Roberto Calussi: “mi pare che il dibattito sia stato caratterizzato da eccezioni infondate, in termini legali si chiama ostruzionismo difensivo, ma certamente parliamo di un diritto dei consiglieri di minoranza. Altra cosa sono le critiche nel merito che ritengo destituite di fondamento. Critiche che hanno ricevuto già in commissione i necessari chiarimenti ma vengono reiterate. Ci pare un modo per mascherare la mancanza di argomentazioni. Dal punto di vista formale, per la fondazione di comunità parliamo di una fattispecie giuridica prevista dalla legge, sostenuta sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, e di uno strumento in divenire, aperto a eventuali nuovi contributi e partecipanti”.
Marco Donati: “il tema non è la soluzione in quanto tale ma se con questa riusciamo a rispondere ai bisogni dei soggetti più fragili: ad esempio le persone in difficoltà, i bambini, i portatori di disabilità. Questa fondazione dovrà essere preceduta da una mappatura dei bisogni, del disagio giovanile, dell’accesso alle cure, della marginalità. Scelgo Arezzo ha stilato un decalogo sui servizi educativi e scolastici e su questo avremmo gradito un feedback. La volontà era quella di dare un contributo positivo e propositivo. Cosa abbiamo detto: che il controllo debba essere pubblico anche per i servizi erogati dai soggetti privati, che l’amministrazione comunale incontri i bisogni delle persone, che ci sia flessibilità nei servizi destinati alle famiglie specie in ambito educativo, che siano conciliati i tempi di vita-lavoro. Vedremo se la fondazione riuscirà in questi obiettivi, con consapevolezza, e riesca a creare reti di solidarietà”.
Roberto Cucciniello: “il principale obiettivo della fondazione è proprio il tentativo di andare incontro a quello che dice la legge regionale, ovvero co-progettare insieme. Ma questa co-progettazione deve avvenire in un luogo dove tutti si sentano a casa. I vecchi sistemi sono superati, sedere invece in un’assemblea dei soci diventa la traiettoria per individuare le necessità e cercare di rispondere. Sono d’accordo sulla mappatura dei bisogni, altrimenti parliamo di problemi in termini astratti. Ritengo che la fondazione, con gli strumenti innovativi che si dà, possa fare una ricerca seria in questa direzione. Penso inoltre che il Consiglio Comunale non venga esautorato visto che si citano espressamente gli indirizzi di Consiglio e Giunta a cui la fondazione dovrà attenersi. La fondazione in questa fase deve costituirsi ma una volta chiuso questo passaggio dovrà diventare una porta aperta, una sede dove chiunque può contribuire al dibattito sulla coesione sociale. Se la fondazione ora viene vista come uno strumento divisivo, mi auguro che in futuro diventi il luogo della sinergia e riesca a colmare il gap tra risorse attuali, poche, e servizi da erogare, tanti”.
Roberto Bardelli: “si prospetta una grande sfida: la ricerca di un’efficace alleanza tra pubblico e privato per una nuova idea sociale. Nessuno si sostituisce al Comune ma s’implementa e migliora ciò che già esiste. La fondazione resterà negli anni per cui consegniamo alla città uno strumento dinamico pronto ad affrontare le criticità”.
Donato Caporali: “stiamo parlando di servizi ai cittadini e dunque è una questione di contenuti. La tradizionale operatività del Comune non è più sufficiente e una sinergia va cercata ma questa necessità è già prevista dalle leggi nazionali e regionali. Dobbiamo chiederci in che modo la fondazione risponderà ai bisogni e per essi non dobbiamo partire dalle mancanze ma dalla qualità della vita. Sulle risorse per dare sostanza al progetto e sull’organizzazione verticistica della fondazione abbiamo forti dubbi. Di condiviso con la cittadinanza abbiamo visto ben poco”.
Mattia Delfini: “in questo percorso mi hanno aiutato molto le risposte date dai rappresentanti dell’università di Siena, che hanno sgombrato i dubbi sulla legittimità normativa della fondazione. Presupposto propedeutico al resto. Poi abbiamo capito che il Comune non viene esautorato e che gli organi della fondazione restano di derivazione pubblica in virtù della natura dei soci fondatori, che oltre al Comune sono due fondazioni e due asp. Il revisore è unico ma avrà certamente una sua deontologia e resterà sempre soggetto alla legge. È stata posta la questione della trasparenza ma la fondazione, nei bandi di assegnazione dei servizi, seguirà il codice degli appalti e il codice del terzo settore”.
Valentina Sileno: “della fondazione si parla da un anno ma a noi la copia dello statuto è arrivata il 12 ottobre. Vorremmo esercitare il nostro ruolo di opposizione per cui il coinvolgimento, che sta alla base della democrazia, è essenziale. Ho sentito dire in commissione che le rette scolastiche saranno più basse grazie alla fondazione. Ne sarei felice, auspico che il risultato venga conseguito. Vigileremo attentamente”.
Meri Stella Cornacchini: “in Europa e nel mondo le fondazioni di comunità si sono sviluppate negli ultimi decenni e rappresentano enti filantropici di grande impatto. Non esiste un prototipo da replicare tra quelli già esistenti. In Italia sono concepite prevalentemente come enti erogatori ma l’erogazione non deve essere un fine ma uno dei vari strumenti della loro missione. Le fondazioni di comunità devono essere attivatori di capitale sociale e umano, un patrimonio che riunisca attori con specifiche competenze che s’incrociano. Sono anche catalizzatori di risorse finanziarie e non, propulsori di innovazione tramite le partnership attivate su progetti strategici. Per Arezzo è un passo storico, il blocco municipale si stringe attorno a un’idea per fare squadra ma allo stesso tempo da solo non può bastare ed ecco dunque la ratio della ricerca di una filiera di protagonismo comunitario”.
“Le associazioni partecipanti alla fondazione – ha replicato il vicesindaco Lucia Tanti – potranno godere del 5 per mille di cui beneficiano come soggetti singoli e di quello versato alla fondazione: è una doppia opportunità e un vantaggio. Per quanto riguarda i servizi, mi soffermo su un dato politico: su quelli che la fondazione gestirà, sempre in nome e per conto del municipio, sarà la Giunta a dare gli indirizzi e il Consiglio Comunale ad approvarli. Oggi non posso farne l’elenco, altrimenti mi sovrapporrei a questa assemblea. Questo è un progetto politico che disegna un percorso culturale ma ancora ci sono consiglieri comunali che fanno le pulci a un dato tecnico avallato da un’università. La fondazione non è un elemento di cesura ma di cerniera e questo lo ha compreso chi ne è il destinatario. Quello che stiamo facendo è innanzitutto legittimo e nelle nostre possibilità. Mi è venuta in mente una delle più belle raffigurazioni estetiche: la Scuola di Atene di Raffaello, con le dita di Aristotele e Platone che indicano, rispettivamente, l’una la terra e l’una il cielo. Noi abbiamo i piedi per terra e guardiamo al futuro, costruendo una strada nuova che niente toglie a nessuno”. A conclusione del suo intervento Lucia Tanti non ha accolto gli emendamenti di Michele Menchetti, integrati da 18 emendamenti del Pd concepiti soprattutto in funzione del rafforzamento del ruolo del Consiglio Comunale. La pratica è stata approvata con 19 voti favorevoli.