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La disparità di trattamento del Tfr tra dipendenti pubblici e dipendenti privati

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La disparità di trattamento del Tfr tra dipendenti pubblici e dipendenti privati

Nel mondo del lavoro esistono molte diversità e diversi trattamenti tra dipendenti pubblici e dipendenti privati ma quello che succede nella riscossione del TFR è qualcosa di assolutamente inconcepibile.

Stiamo parlando di quella che una volta era chiamata “liquidazione“ e da un po’ di anni viene denominato TFR Trattamento di Fine Rapporto.

Istituito negli anni cinquanta il TFR (fino all’anno 2000 per i dipendenti pubblici era denominato TFS) è un importo che viene attribuito a tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati alla cessazione della propria carriera lavorativa (con esclusione per i licenziamenti per giusta causa) in proporzione agli anni di lavoro svolto.

La differenza sostanziale che esiste tra i due istituti e che per i dipendenti privati i fondi del TFR devono essere accantonati dalle aziende per legge proprio per far fronte ad eventuali cessazioni del rapporto di lavoro dei propri dipendenti e non possono essere utilizzate per altri scopi.

Diversamente per i lavoratori pubblici questi fondi non sono materialmente versati, ma sono semplicemente contabilizzati, per cui quando un dipendente pubblico termina il proprio rapporto di lavoro lo Stato, che non ha accantonato i fondi come i privati, vi deve far fronte con altre partite di giro.

Motivo per il quale ad un dipendente privato il TFR viene erogato da quattro a sei mesi dalla fine della cessazione del rapporto di lavoro mentre per un dipendente pubblico l’erogazione può avvenire addirittura fino ad otto anni dopo.

Si avete letto bene: fino ad otto anni dopo la cessazione del rapporto di lavoro. In pratica in certi casi chi è andato in pensione il 1 gennaio 2021 incasserà (lui o i suoi eredi) il totale di quanto spettante nell’anno 2029.

Questo perché per le solite esigenze di bilancio che attanagliano da sempre il nostro bel paese nell’anno 2014 sono stati stabiliti alcuni criteri per ritardare il pagamento di quanto dovuto.

Venne stabilito infatti che nel caso di pensione di vecchiaia (per intenderci al raggiungimento dei 67 anni d’età) Il TFR venga corrisposto dopo 15 mesi dalla cessazione del servizio.

Ma nel caso di pensione anticipata (42 anni e 1 mese per donne, 43 anni e 1 mese per gli uomini) il pagamento venga corrisposto dopo 27 mesi.

Inoltre, sempre per i soliti problemi di bilancio, venne stabilito che i 27 mesi sono validi per importi sotto i 50.000 € lordi. Ma è necessario aspettare ulteriori 12 mesi se l’importo da corrispondere é tra i 50.000 e i 100.000 € lordi. E ancora bisogna aspettare ulteriori 12 mesi se l’importo spettante supera i 100.000 € lordi. Quindi in totale l’attesa si protrae fino  a 51 mesi dopo il pensionamento.

Ma non é ancora finita qui.

Infatti se un lavoratore/lavoratrice  avesse usufruito della famosissima e chiaccheratissima quota 100 e fosse andato in pensione con i famosi 38 anni di contributi e 62 anni di età costui/costei come indicato nella legge di quota 100 dovrebbe aspettare  cinque anni (fino al raggiungimento cioè dei 67 anni di eta) per percepire il TFR.

A questi cinque anni però si devono aggiungere i quindici mesi per prendere i primi 50.000 € (quindi all’età di 68 anni e tre mesi). Poi per gli ulteriori 50.000 € dovrà aspettare fino a 69 anni e 3 mesi e ancora nel caso si superino I 100.000 € lordi da incassare si dovrà aspettare fino a 70 anni e 3 mesi.

In pratica 8 anni e 3 mesi dopo la cessazione del rapporto di lavoro!

Il tutto ovviamente senza interessi.

Sembrerebbe un chiaro esempio di anticostituzionalità tra cittadini di serie A (privati) e serie B (dipendenti pubblici) ma la Suprema Corte interpellata in proposito si è espressa ritenendo perfettamente Costituzionale questa Legge.

Per la Corte infatti  per I dipendenti pubblici resta il pagamento differito e a rate così come previsto dalla Legge di Stabilità dell’anno 2014.

Per aggiungere ancora un po’ di sale (se mai ce ne fosse bisogno) bisogna dire che nella stessa Legge che istituiva la quota 100 era prevista la possibilità per i lavoratori pubblici di avere un acconto fino a 45.000 € lordi di anticipo sul proprio TFR.

Questi 45.000 € lordi che a seguito di richiesta del dipendente potrebbero arrivare in poco più di tre mesi altro non sono che un prestito effettuato dalle banche dove bisognerà pagare gli interessi quando (dopo svariati anni) arriveranno finalmente i soldi dell’INPS.

Si avete capito bene, pagare gli interessi sui propri soldi!

 

Mauro Marino

nato a Peschiera del Garda

esperto di Economia