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La terapia di gruppo sfonda il muro dell’isolamento: la potenza della parola

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La terapia di gruppo sfonda il muro dell’isolamento: la potenza della parola
Laura Del Citerna
Due mondi. Uno è quello creato dal lock down: isolamento, nessuna relazione sociale, progressivo disagio psicologico. L’altro è quello del gruppo: uscita di casa, dialogo con altre persone, condivisione dei problemi.

Il ponte tra i due mondi, la possibilità di passare dall’uno all’altro, è rappresentato dall’Unità Funzionale Salute Mentale Adulti. Laura Del Citerna è psicologa e psicoterapeuta: ha creato  e sta seguendo un gruppo di giovani. Dodici, tra i 20 e i 30 anni, studenti, disoccupati, due con un impiego. Prevalenza femminile. Problemi simili. Soluzione condivisa: la parola.
“Il primo contatto con il nostro servizio è individuale – ricorda Laura Del Citerna. In molti casi, la valutazione è che la terapia di gruppo potrebbe essere una risposta efficace. La persona ritrova se stessa, le altre le fanno da specchio e l’aiutano a riconoscersi”.

Il lock down non è stato il problema ma probabilmente ha rappresentato l’innesco della crisi. “Chi è rimasto in casa per settimane o per mesi, ha progressivamente tagliato i fili che la legavano al mondo esterno e il suo sistema relazionale ha cominciato a sgretolarsi. Vale anche per gli adolescenti e questa, oggi, è una fascia di età che può arrivare fino ai 30 se non addirittura ai 40 anni: diventare adulti è sempre più difficile. C’è la paura di affrontare la realtà di ogni giorno e, soprattutto per le persone emotivamente meno stabili, l’angoscia diventa sempre più grande. Chiedere aiuto, rivolgersi a noi – sottolinea Del Citerna – è il primo passo per ripartire, per ritrovare un equilibrio”.

La psicologa chiede al paziente se è disponibile ad entrare in un gruppo. “La risposta, di norma, è si ma vanno chiariti alcuni dubbi che tutti mi presentano. Il primo è quello della riservatezza. Chi si è isolato, ha bisogno di essere sicuro che quello che rivelerà di sé non verrà diffuso  ad altri”.
Superate le prime incertezze, inizia il lavoro di gruppo. “Alcuni rimangono in silenzio per alcune sedute. Ascoltano ma non parlano. Poi si sbloccano. La partenza è domandarsi cosa sta accadendo, poi c’è la scoperta che il gruppo è qualcosa di più e di diverso rispetto alla semplice somma dei partecipanti. Si crea un clima di fiducia, di ascolto, di rispetto. Si scopre che i propri problemi non sono esclusivi ma anche di altri.

Due ragazze, che avevano alla base un problema di rapporti con i genitori, hanno scoperto di condividere le stesse ansie e alla fine si sono abbracciate piangendo. Avevano capito qual’era il problema ma anche che potevano risolverlo senza limitarsi a chiedere ai loro genitori un atteggiamento diverso”. La terapia di gruppo scardina pericolose difese: “ascoltare gli altri senza dare giudizi è importante e le persone, alla fine, abbassano e cominciano ad alleggerirsi del peso della solitudine e dell’autoisolamento”.

La terapia di gruppo dura mediamente un anno con sedute quindicinali. “Chi inizia arriva fino in fondo .- sottolinea Del Citerna. La partecipazione a tutte le sedute conferma che il gruppo viene ritenuto utile e importante. Alla fine ognuno torna ad avere capacità relazionali e a fare ciò che prima della terapia di gruppo non faceva o aveva smesso di fare”. Il viaggio dalla solitudine alla relazione si è concluso.