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Quando una sedia scomoda alimenta la creatività

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Quando una sedia scomoda alimenta la creatività

La creatività è una parola un po’ abusata e al tempo stesso non sempre chiaramente definibile. Perfino Wikipedia mostra qualche titubanza! Eppure, in un’epoca e in un periodo come questo usare questa parola a sproposito potrebbe costituire un imperativo pericoloso.

In questo concetto che deriva principalmente dalla filosofia tedesca –  e dunque dallo spirito e dalla creatività artistica di giganti come Friedrich Nietzsche – il nostro tempo ha incluso anche l’uomo d’affari (commerciante, affarista, venditore o imprenditore) e non solo l’artista.

La qual cosa è estremamente rivelatrice e importante circa quell’imperativo di cui sopra. Essere creativi è qualcosa che è a disposizione di tutti, ci viene detto. Tra le righe s’impone l’obbligo di approfittarne, perché quella creatività è allo stesso tempo, il principale elemento di differenziazione, quell’intangibile che, sebbene accessibile a ogni spirito umano, è proprio ciò che non si può ottenere per forza o con la forza.

Essere creativi significa avvalersi di una componente eterea, rarefatta, sperimentale che sostituisce l’ispirazione in un ambiente di efficienza. Questo è il mito della creatività. Così proliferano innumerevoli ricette per ottenere questa sostanza magica e ricette per catturare l’imprevedibile.

La stragrande maggioranza delle istruzioni che ho avuto modo di conoscere sembrano invece formule per essere più efficienti, anche se è continuo il riferimento alla spontaneità, e questo è il segno dell’evidente contraddizione che quest’ultima implica. Cercare la creatività è per molti versi simile al cercare la felicità.

Questa come quella sembrano collegate al gioco e al caos più che alla programmazione e al decalogo. La vita creativa raccontata dai grandi critici è spesso costruita al di fuori delle convenzioni. Questo è il motivo per cui, artisti come De Kooning, Piero Manzoni o Kara Walker sostengono che l’artista creativo debba fare i conti con la volgarità.

Tutti si sentono scomodamente seduti e ciononostante combattono contro la pura routine della vita che predomina sotto forma di convenzione e tradizione. Tutti si accorgono che l’energia creativa imprigionata in una convenzione può, alla fine, tendere all’esplosione distruttiva. Ce ne parlano anche molti psicologi.

La marea di articoli e saggi di persone che hanno affiancato grandi artisti (come Robert Storr, curatore del dipartimento di pittura del Moma di New York e curatore di una Biennale veneziana) occupandosi di artisti di varie discipline hanno approfondito alcuni elementi che sembrano essere associati alla creatività e che non obbediscono a regole rigide.

Questi critici d’arte parlano volentieri invece di gioco, erotismo e di sedie scomode. In ognuno di questi interventi sembra che il pensiero a monte, quello che ha avuto maggior peso sia stato quello del filosofo che ha cercato di distruggere l’intero edificio morale di un’epoca per liberare possibilità creative e che ha inteso la vita come opera d’arte.

Ecco il motivo per cui anche Storr sembra tenere a mente l’opera di Friedrich Nietzsche. Di Nietzsche si può parlarne azzardando non tanto considerazioni personali quanto forse, avvalendoci delle parole di Freud quando, a voler descrivere la sua acutezza percettiva giunge alla conclusione che Nietzsche era l’uomo psicologicamente più penetrante.

A proposito della creatività, questo appuntito filosofo dice che esiste una “assurda” sensibilità della pelle alle piccole punture. Una specie di reazione esagerata e perfino insopportabile di fronte a tutto ciò che è piccolo. Questo – diceva – sembra che avvenga perché tutte le energie difensive provocano un tremendo spreco di energia.

Energia che presuppone l’atto creativo. L’atto creativo è quindi ogni atto che emerge dal proprio bisogno più autentico, interiore e profondo. Non solo: Nietzsche in un certo senso sta dicendo che la creatività è un surplus di energia e che la creatività viene generata quando l’energia che altrimenti disperdiamo in cose inutili, viene conservata.

Questo sembra abbastanza semplice e anche se non facilmente applicabile, è perfino comprensibile. La cosa più sottile e significativa invece è che parlando di De Kooning, Storr riporta questa citazione: “(gli artisti) Non vogliono sedie confortevoli. Non vogliono sedersi in grande stile” e ciò significa che l’atto creativo agisce al di là della difesa che ci prosciuga e che blocca la nostra creatività.

Insomma, è la meschinità e la piccolezza di preoccuparsi di ciò che può offenderci e attaccarci che ci distrae e a poco a poco, costantemente, spreca la nostra energia creativa. L’uomo creativo non dedica il suo pensiero ai piccoli disagi della realtà; in questo senso è libero dalle contingenze convenzionali e ha un vasto campo di possibilità davanti a sé.

Il mondo gli viene presentato come un invito, che la persona creativa vorrà possedere e s’impegnerà a vivere più che a difendere. Vivere per non sprecare attenzione; inventare la vita e sperimentarne ogni giorno la sua scintilla sapendo di avere una grande dose di responsabilità.

I libri citati sono:Friedrich Nietzsche, Ecce Homo, Bur editore, 2020Robert Storr, In direzione uguale e contraria – scritti sull’arte contemporanea, Scheiwiller editore, 2011

 

Matilde Puleo