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Triangolo delle Cave: l’annosa questione mai risolta

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Triangolo delle Cave: l’annosa questione mai risolta

AREZZO. L’escavazione abusiva con, a completare l’opera, tanto di smaltimento illecito di rifiuti rilevata alcuni giorni fa nell’area di una cava di Quarata, con due dipendenti colti in flagranza di reato, è l’ultimo episodio in ordine di tempo che riporta in auge l’annosa questione mai risolta riguardante il cosiddetto “triangolo delle cave”.

Mezza città ricorda, altri sono consapevoli, che in quelle aree nei decenni passati sono stati versati rifiuti di ogni genere, compreso quelli ospedalieri, che giacciono lì e che continuano a contaminare falde acquifere superficiali e profonde, oltre a compromettere lo stato del suolo; ci sono state al riguardo indagini condotte dalla Magistratura la quale, avvalendosi del Corpo Forestale, alcuni anni or sono ritrovò dei fusti sotterrati in un area. Ma l’accanimento su quelle aree è continuato anche in tempi più recenti come dimostra la scoperta nel marzo 2015 di una cava abusiva o come l’ultima di alcuni giorni fa.

Tra analisi e monitoraggi eseguiti negli anni scorsi dalle stesse Ditte di escavazione, da ARPAT e dall’Università di Siena, si è più volte rilevato la presenza nelle falde di numerosi agenti inquinanti come Manganese, Nitrati, Arsenico, Vanadio, Ferro, Boro, Alluminio, Piombo, Cromo, Cadmio, Zinco, Nichel e Rame in concentrazioni che spesso hanno superato. anche se in maniera altalenante nel tempo, il valore della soglia di contaminazione, tanto da far temere serie conseguenze per la salute umana.

La preoccupazione è forte come confermavano i risultati delle analisi dei capelli di un campione di 21 cittadini, che si sottoposero volontariamente al prelievo; così le analisi del sangue e dell’urina effettuate dalla ex ASL8 su cittadini volontari nel marzo 2011 che portarono la stessa ASL a dichiarare che i valori fossero “non normali”.

Nonostante tutto ciò, dalle escavazioni abusive, allo smaltimento illecito di rifiuti ed ai risultati delle campagne di analisi effettuate negli anni e nonostante le promesse dei sindaci in campagna elettorale, il problema ad oggi non è stato mai affrontato.

Il Comitato Cittadino “Quarata un Paese da ritrovare” ha invocato più volte negli anni passati cosa è necessario fare e ancora adesso lo sta facendo. Lo ha indicato una società (CGT SpinOff) nel suo studio effettuato nel 2011 commissionato dal Comune di Arezzo, suggerendo tutta una serie di ulteriori indagini integrative; così come lo ha indicato l’ARS Toscana nel 2014 e l’ARPAT in documenti del 2014 e del 2015. In buona sostanza occorre estendere le indagini conoscitive dello stato delle falde e del suolo a tutte le aree potenzialmente interessate ampliando l’attuale rete dei piezometri e dei pozzi ed effettuare un monitoraggio più esteso e continuo, per procedere ed individuare in quali siti gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza sono necessari.

Certo, occorrono consistenti risorse economiche, ma ciò non può essere un pretesto per disinteressarsi del problema in quanto se l’Amministrazione Comunale di Arezzo vuole tutelare la salute dei cittadini come dovrebbe, e risolvere l’annosa situazione di compromissione ambientale, potrebbe anche coinvolgere la Regione ed il Ministero dell’Ambiente. Intanto la Magistratura, l’ARPAT e la ASL Sudest sappiano, come lo si rammenta pure al Comune stesso, che dovrebbero essere disponibili almeno 37.000 euro in un fondo del bilancio comunale costituito con i contributi di escavazione, vincolati proprio ad un progetto di indagine nell’area estrattiva. Va ricordato infatti che, in base all’art. 27 comma 2 della Legge regionale 35/2005, l’Amministrazione Comunale dispone di tutti i suddetti contributi accumulati negli anni da destinare ad opere di tutela ambientale e ad altri interventi di riqualificazione territoriale.