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Trust di Hernan Diaz

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Trust di Hernan Diaz

a cura di Roberto Fiorini

Per la prima volta in 105 anni di storia, il premio Pulitzer per la narrativa è stato vinto da due romanzi: Trust di Hernan Diaz, che in Italia è uscito per Feltrinelli, e Demon Copperhead di Barbara Kingsolver, ancora inedito nel nostro Paese.
Avevo in libreria il romanzo di Hernan Diaz, pronto per essere letto e quale miglior occasione per affrontare le 384 pagine di questo libro con rinnovata curiosità proprio adesso?
Romanzo vincitore oltre che del Premio Pulitzer 2023 anche del Kirkus Prize 2022 e presentato da autorevoli critici come “senza eguali per originalità e struttura sulla ricchezza e il talento, la verità e la sua percezione”.
Il New York Times parla di romanzo “complesso, astuto e sorprendente. Aggiungi Henry James a Wharton, e anche Thomas Mann. Un romanzo elettrizzante e ingegnoso”.
Dunque, il secondo romanzo di Hernan Diaz è una raccolta di quattro storie che raccontano diverse versioni della vita di un uomo d’affari di Wall Street e di sua moglie negli anni precedenti alla Grande Depressione.
Premetto, il libro ha indubbiamente una struttura originale, personalmente però mi è sembrato un romanzo dalla costruzione eccessivamente complessa.
Senza dubbio quattro testi, quattro generi letterari, quattro voci, quattro punti di vista che compongono un particolare gioco di specchi in cui dietro le scelte di un uomo d’affari americano si intravede la figura affascinante di una moglie, artefice della sua fortuna, ma una stile freddo, distante e costruito a mio parere non rende la lettura particolarmente scorrevole.
New York, anni cinquanta.
Dopo la pubblicazione di un romanzo mendace e offensivo sulla sua vita, il ricchissimo finanziere Andrew Bevel, diventato milionario dopo alcune speculazioni seguite al crollo in Borsa del ’29, assume la giovane Ida, figlia di un anarchico italiano, perché lo aiuti a scrivere un’autobiografia in grado di raccontare finalmente la verità sui suoi successi e sulla sua defunta moglie, Mildred.
Ida intuisce presto che nemmeno dalla sua penna, strettamente controllata dal committente, uscirà il ritratto fedele di una donna complessa la cui reale personalità continua a sfuggirle.
La morte improvvisa di Bevel la costringerà poi a lasciare incompleto il lavoro.
Soltanto trent’anni dopo ha la possibilità di accedere agli archivi della Fondazione Bevel, dove trova finalmente il diario di Mildred, prezioso tassello mancante dell’enigma, una impronta indelebile della sua vita.
La struttura del romanzo è sostenuta dall’astuta e sottile tesi di Hernan Diaz di come gli essere umani utilizzino molte modalità ogni giorno per ingannare se stessi, con la convinzione che il mondo della finanza spesso corrisponda al mondo della finzione.
Le obbligazioni nel libro si riferiscono sia a strumenti monetari che a legami familiari.
Un future è sia un contratto finanziario preventivo che qualcosa che “tenta di disegnare il domani partendo dall’oggi“.
Quando Ida cresceva a Brooklyn, suo padre single, un orgoglioso anarchico, spesso indicava l’imponente skyline di Manhattan dall’altra parte del fiume e insisteva sul fatto che era tutto un sogno.
Soldi. Che cos’è il denaro? – mormorava tra sé – materie prime in una forma puramente fantastica“.
Andrew Bevel è invece un capitalista morbosamente concentrato sulla pura fantasia del denaro: crede fermamente che fare soldi veloci sia il destino scritto della sua famiglia.
Il guadagno personale dovrebbe essere un bene pubblico” e “la generosità è la madre dell’ingratitudine” rappresentano in fondo la sua filantropia.
Ma riconosce il ruolo determinante che ha svolto sua moglie Mildred nell’espansione della sua attività e ricchezza ed ecco perché chiede alla ventenne Ida di immaginare alcuni momenti teneri tra lui e la moglie includendoli nella biografia.
Una sera addirittura, durante la cena, racconta alcune scene intime ad Ida, come fossero realmente accadute.
Trust non è soltanto la storia di un uomo oscenamente ricco.
Il tempo ha l’effetto di oscurare alcune verità scomode e di abbellirne altre.
Diagnosi di cancro nella vita reale possono diventare una malattia psichiatrica funzionale alla propria biografia così da rendere la storia più avvincente.
Decenni dopo la morte di Andrew, Ida torna nella sua villa, ora un museo, non tanto per accertare come ha manipolato il mercato azionario durante il crollo, ma per conoscere meglio la moglie Mildred perché dai racconti del marito non ha ancora capito chi fosse veramente.
Intravede la storia di classe, di capitalismo e avidità, ha approfondito il rapporto di Andrew con il denaro, il potere, ma non ha ancora compreso appieno le relazioni coniugali e filiali, il ruolo giocato dalla fiducia e quello del tradimento nelle vicende umane di questa ricchissima famiglia americana.
Attribuisce il successo finanziario al “ruggente ottimismo dei tempi” facendo sua l’affermazione trionfale che in quegli anni “il futuro apparteneva all’America“.
Durante la sua prima visita alla sede centrale della Bevel Investments, Ida nota che l’enorme edificio blocca il sole nelle strade adiacenti.
Percepisce che Mildred pulsava di una “libertà ed energia incredibile” quando si rese conto che la sua malattia era terminale.
Si parla dell’oggi ma in fondo anche dell’aldilà.
La trama diventa fin troppo familiare e prevedibile anche se il lettore confida che dietro ad ogni pagina Hernan Diaz possa avere un asso nella manica, un colpo di scena.
Anni dopo i giorni dedicati alla scrittura, Ida rileva che la sua unica copia della biografia manca di molte pagine, giusto una raccolta rilegata di tre o quattro libretti, uno scritto fragile che non può certo diventare un libro.
Dunque, quando un’opera narrativa mi ricorda ad ogni pagina che è un’opera di finzione semplicemente a me non piace.
Gusti personali, per l’Amor di Dio!
Quella parola “trust-fiducia” del titolo è quasi un suggerimento per il lettore che indica esattamente ciò che non troverà all’interno delle pagine.
La sezione iniziale è immaginata come un romanzo nel romanzo, intitolato Bonds, un best-seller del 1937 sull’ascesa di un magnate di Wall Street di nome Benjamin Rask.
La vita di Andrew Bevel è la fonte di quel romanzo best-seller ed il magnate è così infuriato che ha deciso di far ritirare tutte le copie dal sistema bibliotecario pubblico di New York.
Trust come detto è un gioco di parole: il titolo si riferisce non solo ai trust finanziari ma anche alla fiducia che riponiamo l’uno nell’altro, ed in fondo al contratto tra lettore e autore.
Nella seconda parte, Bevel parla da solo, irritato dalla pubblicazione di Bonds dopo la morte della sua amata Mildred e determinato a mettere le cose in chiaro.
La terza sezione del romanzo è raccontata da Ida: ha mantenuto i segreti del suo lavoro nel corso dei decenni ma nel 1980, scopre che i documenti personali di Andrew e Mildred sono stati archiviati nella loro ex villa nell’Upper East Side, ora un museo e la curiosità ha la meglio su di lei.
Trust è un romanzo su imperi finanziari e fallimenti, mariti e mogli, fortune sbalorditive ed indicibile miseria.
Racconta una parabola ampia, scandagliando sesso e potere, causalità e complicità.
Che la storia di Trust si svolga un po’ come una delle storie labirintiche di Jorge Luis Borges non è casualità.
Originariamente addestrato come accademico, Hernan Diaz ha scritto il suo primo libro sugli enigmi narrativi di Borges.
Ha anche sperimentato se stesso con il genere: il suo romanzo d’esordio, In the Distance che è stato finalista per un Pulitzer, è stato ambientato durante la corsa all’oro della California e ha giocato con i tropi stilistici del western.
Trust alla fine si rifiuta di chiarire esattamente quale sia la vera versione della sua storia, lasciando il lettore a speculare su ciò che è reale e ciò che è falso.