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Fermiamo la caccia all’orso in Slovenia

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ROMA – Il WWF Internazionale ha lanciato un'azione di pressione online, chiamata
PandaPassport, per chiedere lo stop alla caccia all'orso in Slovenia, una
delle prime nazioni Europee a proteggere questa specie. Oggi, invece. la
Slovenia intende aumentare fino a 100 la quota di plantigradi abbatibili
ogni anno, decimandone così la popolazione, approvando uno sterminio non
sostenibile né fondato su basi scientifiche.

Nel 2002 il governo sloveno ha aumentato in maniera drastica la quota
annuale, fino ad allora di circa 50 orsi, arrivando a 100 individui.
Quell'anno sono stati uccisi 116 orsi, un quarto della popolazione totale
stimata in tutta la nazione. La quota è stata ridotta negli anni successivi
a seguito della proteste internazionali e alle pressioni delle nazioni
confinanti e della UE, anche perché oltre agli esemplari abbattuti dai
cacciatori, bisogna sommare i molti animali che ogni anno muoiono in
Slovenia sulle strade o lungo le ferrovie.

Questa caccia massiccia avrà conseguenze drammatiche per le specie in tutta
Europa, dato che la popolazione di orsi della Slovenia è uno degli ultimi
nuclei vitali del continente. Molti animali sconfinano nei paesi vicini, e
la popolazione è particolarmente importante nei progetti di reintroduzione
dell’orso in Austria, Italia e Francia, che hanno popolazioni alpine
ridottissime e frammentate. Bisogna quindi passare urgentemente all’azione
dato che la stagione di caccia raggiungerà il suo picco nello spazio di
poche settimane.

I favorevoli alla caccia affermano che bisogna aumentare la quota perché gli
orsi causano perdite all’agricoltura e mettono in pericolo le comunità
locali. Nel caso dei grandi carnivori come l’orso sono inevitabili
situazioni conflittuali, ad esempio con gli allevatori, che possono subire
danni più o meno gravi.
La mitigazione dei conflitti è quindi uno dei capisaldi fondamentali per
garantire la sopravvivenza di queste specie nei territori antropizzati,
quali sono ormai le Alpi. Per raggiungere tale obiettivo, il WWF Italia ha
perciò deciso di investire nella formazione dei suoi operatori, gli
“avvocati dell’orso”, attivi come mediatori culturali già da quest’autunno
in Trentino Alto Adige, con la missione di incontrare i residenti più “a
rischio”.