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Nel 2050 la Terra sarà da buttare

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Nel 2050 la Terra sarà da buttare

ROMA – Gli ecosistemi naturali si stanno degradando ad un ritmo impressionate,
senza precedenti nella storia della specie umana. E’ quanto riporta con
grande chiarezza il “Living Planet Report 2006”, l’ultimo rapporto del WWF,
giunto alla sua sesta edizione, lanciato oggi al livello mondiale proprio da
uno dei paesi a più rapido sviluppo, la Cina. .

Dopo due anni di studi gli esperti, che hanno analizzato lo stato naturale
del pianeta ed il ritmo attuale di consumo delle risorse (quali il terreno
fertile, l’acqua, le risorse forestali, le specie animali, comprese le
risorse ittiche), indicano che la popolazione umana entro il 2050
raggiungerà un ritmo di consumo pari a due volte la capacità del pianeta
Terra, un ritmo davvero insostenibile visto che il pianeta Terra è un
sistema biologico chiuso. Il Living Planet Report conferma anche una
continua perdita di biodiversità, così come analizzato nelle precedenti
edizioni.

I grafici degli andamenti delle popolazioni delle specie viventi dimostrano
globalmente una pericolosa discesa: il rapporto dimostra che in 33 anni (dal
1970 al 2003) le popolazioni di vertebrati hanno subito un ‘tracollo’ di
almeno 1/3 e nello stesso tempo l’Impronta Ecologica dell’uomo – ovvero,
quanto ‘pesa’ la domanda di risorse naturali da parte delle attività
umane – è aumentata ad un punto tale che la Terra non è più capace di
rigenerare ciò che viene consumato.

“Siamo in un debito ecologico estremamente preoccupante, considerato che i
calcoli dell’impronta ecologica sono per difetto. Consumiamo le risorse più
velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di quanto la
Terra sia capace di “metabolizzare” i nostri scarti – ha dichiarato
Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia – E questo porta a
conseguenze estreme ed anche molto imprevedibili. E’ tempo di assumere
scelte radicali per quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di
produzione e consumo. Siamo tutti consapevoli che i cambiamenti necessari
per ridurre il nostro impatto sui sistemi naturali non saranno facili ma si
basano su straordinarie qualità umane: la capacità di innovazione, la
capacità di adattamento, la capacità di reagire alle sfide. E’ da come
impostiamo oggi la costruzione delle città, da come affrontiamo la
pianificazione energetica, da come costruiamo le nostre abitazioni, da come
tuteliamo e ripristiniamo la biodiversità, che dipenderà il nostro futuro”.
Il LPR del 2006 è stato lanciato oggi nella capitale cinese, Pechino, ed è
il frutto di un lavoro di durato due anni durante i quali sono stati
compilati due indicatori dello Stato di salute del pianeta.

Il primo indicatore, l’Indice del Pianeta Vivente (Living Planet Index) si
basa sui trend di oltre 3.600 distinte popolazioni di 1300 specie di
vertebrati in tutto il mondo. In tutto sono stati analizzate 695 specie
terrestri, 344 di acqua dolce e 274 specie marine. Negli oltre trent’anni
presi in considerazione le specie terrestri si sono ridotte del 31%, quelle
di acqua dolce del 28% e quelle marine del 27%.

Il secondo indice, l’Impronta Ecologica, misura la domanda in termini di
consumo di risorse naturali da parte dell’umanità. Il ‘peso’ dell’
impatto-umano sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il
2003. Questo rapporto mostra che la nostra impronta ha già superato nel 2003
del 25% la capacità bioproduttiva dei sistemi naturali da noi utilizzati per
il nostro sostentamento. Nel rapporto precedente (quello pubblicato nel 2004
e basato sui dati del 2001) era del 21%. In particolare, l’Impronta relativa
alla CO2, derivante dall’uso di combustibili fossili, è stata quella con il
maggiore ritmo di crescita dell’intera Impronta globale: il nostro
‘contributo’ di CO2 in atmosfera è cresciuto di nove volte dal 1961 al 2003.

L’Italia ha un’impronta ecologica (sui dati 2003) di 4.2 ettari globali pro
capite con una biocapacità di 1 ettaro globale pro capite, dimostrando
quindi un deficit ecologico di 3.1 ettaro globale pro capite. Nella
classifica mondiale è al 29 posto, ma in coda rispetto al resto dei paesi
europei. E’ di tutta evidenza che anche il nostro paese necessita di
avviarsi rapidamente su una strada di sostenibilità del proprio sviluppo
integrando le politiche economiche con quelle ambientali. Solo tenendo in
conto la natura saremo in grado di fornire il giusto valore al nostro
“benessere” e di procedere a politiche energetiche, dei trasporti, di uso
del territorio capaci di rispettare il nostro straordinario Bel Paese,
facendo fruttare al massimo i suoi elementi di qualità.

I paesi con oltre un milione di abitanti con l’Impronta ecologica più ‘vasta
’ calcolata su un ettaro globale a persona, sono gli Emirati Arabi, gli
Stati Uniti, la Finlandia, il Canada, il Kuwait, l’Australia, l’Estonia, la
Svezia, la nuova Zelanda e la Norvegia.
La Cina si pone a metà nella classifica mondiale, al 69mo posto, ma la sua
crescita economica (che nel 2005 è stato del 10,2%) ed il rapido sviluppo
economico che la caratterizza giocheranno un ruolo chiave nell’uso
sostenibile delle risorse del pianeta nel futuro.
Questo è uno dei motivi per cui il Living Planet Report quest’anno è stato
lanciato proprio in Cina. Il WWF crede che sia vitale per il pianeta che la
Cina e gli altri paesi di nuova industrializzazione (che globalmente
raggiungono oltre il miliardo di abitanti e che stanno raggiungendo un
livello di consumo paragonabile ai paesi dell’area OCSE) non segua i modelli
di sviluppo dell’Occidente, ma persegua il proprio sviluppo in una chiave di
sostenibilità.

Tra i partner del WWF nella stesura del Living Planet Report vi sono anche
la Società Zoologica di Londra ed il Global Footprint Network.

Il Living Planet Report viene lanciato proprio nella settimana che il WWF
Italia sta dedicando ai suoi 40 anni di vita dell’Associazione: il 27
ottobre il Living Planet Report verrà illustrato presso la sede della Luiss
di Roma, mentre, nella stessa sede, sabato 28 verrà lanciata la sfida per la
biodiversità con la presentazione al Governo delle Biodiversity Vision per
Alpi e Mediterraneo.