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ONG Italiane in Palestina e il muro costriuto da Israele

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GERUSALEMME – Il 9 Novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino, segnando un passaggio storico nel processo di integrazione europea che ha permesso lo sviluppo di una cooperazione reciproca nella politica, nell’economia e nella sicurezza. E’ stato scelto per questo come giorno di mobilitazione globale contro la strategia della separazione imposta dalla forza militare.

Nel giugno 2002 il governo di Israele ha avviato la costruzione di un Muro allo scopo di “ridurre il numero degli attentati terroristicii” di origine palestinese. Fonti ufficiali israeliane sostengono che il Muro, che sarà lungo 703 km nella versione aggiornata al 30 aprile 2006, “non annette alcun territorio a Israele e non stabilisce alcun confine […]. La nostra speranza è che grazie alla costruzione della Barriera, la sua stessa funzione diventi irrilevante e che un giorno possa essere smantellataii”.

D’altra parte, la presunta natura temporanea del Muro viene seriamente messa in discussione dal suo costo – almeno 3.4 miliardi di dollari, secondo le stime della Commissione Economica della Knessetiii – oltre che dalle dichiarazioni ufficiali di autorità israeliane come il Primo Ministro Ehud Olmertiv o l’ex Ministro della Giustizia Haim Ramonv.

Di fatto, l’80% del tracciato del Muro penetra all’interno della Cisgiordania, attraversando città, tagliando villaggi, dividendo famiglie e separando intere comunità dai loro mezzi di sostentamento, dagli ospedali, dalle scuole, dai luoghi di culto. Più del 10% del territorio della West Bank, sul quale risiedono oltre 60mila cittadini palestinesi, rimane a ovest del Murovi. Nel complesso, l’organizzazione non governativa israeliana B’T Selem stima in 498mila il numero dei Palestinesi danneggiati dalla costruzione del Murovii.

Al 5 ottobre 2006, 406 km di Muro sono stati edificati e resi operativi: il 58% del totale. Laddove attraversa aree urbane – circa il 10% del percorso, ma con la più alta densità demografica – il Muro è composto da blocchi di cemento armato alti da 6 a 9 metri. Nelle aree rurali, invece, il Muro assume la forma di una barriera larga da 50 a 80 metri e composta da vari elementi: filo spinato, trincea, rete metallica, sensori di movimento, pista di pattugliamento e striscia di sabbia per il rilevamento delle impronteviii.

Il 9 luglio 2004 la Corte Internazionale di Giustizia ha rilasciato un parere consultivo richiesto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel quale conclude che “la costruzione del Muro da parte di Israele, potenza occupante, nei Territori Palestinesi Occupati, ivi compresa Gerusalemme Est, e il regime ad essa associato, sono contrari al diritto internazionale. […] Israele è obbligato a porre fine alle violazioni del diritto internazionale di cui è responsabile; è tenuto a cessare immediatamente i lavori di costruzione del Muro sui Territori Palestinesi Occupati, ivi compresa Gerusalemme Est; [è inoltre tenuto] a smantellare senza ritardo l'opera situata in questo territorio e ad abrogare immediatamente, o privare di effetti, l'insieme degli atti legislativi e regolamentari che vi si riferisconoix”.

Le organizzazioni non governative che lavorano da anni per una soluzione pacifica del conflitto, l’assistenza umanitaria e lo sviluppo sostenibile, sono dirette testimoni dei gravi problemi sociali, politici, economici e culturali inflitti dal Muro, in maniera assolutamente indiscriminata, alla società civile palestinese.

In questa occasione le ONG italiane che lavorano nei Territori Occupati, accanto a quelle degli altri Paesi, tornano a chiedere agli stati membri delle Nazioni Unite di rendere effettivo il parere reso dalla Corte Internazionale di Giustizia il 9 Luglio 2004, vale a dire di:

1.

riconoscere l’illegalità rappresentata dalla costruzione del Muro nei Territori Occupati Palestinesi, compresa Gerusalemme Est;

2.

non fornire aiuto o assistenza per mantenere la situazione creata da tale costruzione;

3.

assicurare il rispetto da parte di Israele del diritto internazionale codificato nella Quarta Convenzione di Ginevra;

Le ONG chiedono inoltre agli stati membri delle Nazioni Unite e, in particolare, al governo italiano di:

1.

mobilitarsi nelle sedi e nelle forme opportune per lo smantellamento di tutte le sezioni del Muro costruite all’interno dei Territori Palestinesi; per la revoca del regime discriminatorio di residenza e di passaggio stabilito dal governo israeliano e per il rispetto della legalità internazionale;

2.

affrontare i problemi sollevati dal Muro come un caso politico che richiede interventi strutturali a livello diplomatico, oltre che umanitario;

3.

opporsi con maggiore fermezza al metodo unilaterale adottato dal governo israeliano nella definizione del confine tra Israele e i Territori Palestinesi, proponendo opportunità di dialogo che risconoscano i ruoli di tutte le parti in causa.

Sottoscrivono:

ACS – Associazione di Cooperazione Sviluppo

AISPO

ARCI

Associazione Orlando

Centri Rousseau / Venti di Terra

CIC – Centro Internazionale Crocevia

COOPI – Cooperazione Internazionale

COSPE – Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti

CRIC – Centro Regionale Cooperazione Internazionale

EducAid

GVC – Gruppo di Volontariato Civile

ICS – Consorzio Internazionale di Solidarietà

Movimondo

Overseas

Ricerca e Cooperazione

Terre des hommes Italia

UCODEP

i http://www.securityfence.mod.gov.il/Pages/ENG/default.htm Consultato il: 3 novembre, 2006

ii http://www.securityfence.mod.gov.il/Pages/ENG/questions.htm Consultato il: 3 novembre, 2006

iii UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (UN-OCHA), The Humanitarian impact of the West Bank Barrier on Palestinian Communities, Update 5, March 2005.

iv – 10 marzo 2006 – “Credo che in quattro anni Israele si sarà disimpegnato dalla maggioranza della popolazione palestinese, all’interno di nuovi confini e con il percorso della Barriera – che finora è stata una Barriera di sicurezza – allineato al confine permanente” ha detto [il premier].

http://www.eurojewcong.org/ejc/news.php?id_article=390 Consultato il : 4 novembre 2006

v – 11 Luglio 2005 – La Barriera di Separazione a Gerusalemme è destinata ad assicurare una maggioranza ebraica nella città e non solo a prevenire attentati suicidi. E’ quanto ha ammesso lunedì scorso un membro del governo israeliano. Haim Ramon, Ministro per la Questione di Gerusalemme, ha confermato alla radio israeliana le affermazioni palestinesi che il tracciato della Barriera è frutto di considerazioni demografiche, e non solo di sicurezza.

http://www.sfgate.com/cgi-bin/article.cgi?file=/n/a/2005/07/11/international/i073139D24.DTL

http://aljazeera.com/me.asp?service_ID=9208

vi UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (UN-OCHA), Preliminary Analysis of the Humanitarian Implications of the April 2006 Barrier Projections, Update 5, July 2006.

vii http://www.btselem.org/english/Separation_Barrier/Statistics.asp Consultato il: 4 novembre, 2006

viii UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (UN-OCHA), The West Bank Barrier, October 2006. Documento disponibile su http://www.ochaopt.org/?module=displaysection&section_id=125&static=0&format=html

ix Corte Internazionale di Giustizia, Parere Consultivo reso il 9 luglio, 2004, Par. 163.

Articlolo scritto da: Terre des Hommes