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Rapporti di lavoro nel settore pubblico e nel privato

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GENOVA – Un cuoco di un’azienda ospedaliera pubblica, dopo due successivi contratti a tempo determinato (il primo per il periodo 5 luglio 2001- 4 gennaio 2002 ed il secondo 2 gennaio 2002 – 11 luglio 2002) al termine del secondo contratto si presenta sul posto di lavoro e viene licenziato. Così impugna il licenziamento davanti al Tribunale di Genova e chiede di dichiarare sulla base del D.lgsl. n. 368/2001 la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’azienda ospedaliera, oltre la condanna dell’azienda al pagamento delle retribuzioni dovute ed al risarcimento del danno subito.
L’azienda ospedaliera resiste opponendo l’inapplicabilità dell’art. 5 del D.lgsl. n. 368/2001, in virtù dell’art. 36 del D.lgsl. 165/2001 che vieta alle pubbliche amministrazioni di stipulare contratti a tempo indeterminato.
Il Tribunale di Genova, pur ritenendo che l’art. 36 del D.Lgs. n. 165/2001 ha la natura di una lex specialis risultante dai principi costituzionali in materia di funzionamento e di organizzazione dei pubblici servizi, decide di sospendere il giudizio e di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia UE.
La Corte di Giusitizia UE dichiara: “L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE, CEEP, sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, che questi siano trasformati in contratti o in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, mentre tale trasformazione è prevista per i contratti e i rapporti di lavori conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato, qualora tale normativa contenga un’altra misura effettiva destinata ad evitare e, se del caso a sanzionare un utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico”

La legislazione

Il D. lgs. 06/09/2001 n. 368 disciplina il lavoro a termine e prevede la legittima stipulazione di un contratto di lavoro a tempo determinato per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. La legge ammette la stipulazione di un secondo contratto di lavoro a tempo determinato purchè siano trascorsi dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi. Se detti termini non sono rispettati il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Se si tratta di assunzioni successive a termine senza che sia trascorso neanche un giorno tra un contratto e l’altro il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.
Proprio la Direttiva 1999/70/CE Clausole 1, lett. b) e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato ha l’obbiettivo di creare “un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato”. Così nel settore privato il d. lgs n. 368 /2001 recava attuazione alla direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP, e dal CES.
Nel settore pubblico si applica, invece, il D. lgs 30/03/2001 n. 165 che prevede il reclutamento del personale per l’assunzione a tempo indeterminato solo a seguito di espletamento di un pubblico concorso. Pertanto, risulterebbe inapplicabile l’art. 5 del d.lgs n. 368/2001 proprio in virtù dell’art. 36 d.lgs. n. 165/2001. In breve non è possibile una conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato, in lavoro a tempo indeterminato. Tuttavia, recita l’art. 36 comma 2, il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.
La stessa Corte Costituzionale, con sentenza del 13/03/2003 n. 89, ha respinto l’incostituzionalità dell’art. 36 D. lgs. n. 165/2001, in quanto conforme ai principi di uguaglianza e di buon andamento dell’amministrazione sanciti rispettivamente dall’art. 3 e 97 della Costituzione. La Corte costituzionale ha considerato che il principio in forza del quale l’accesso agli impieghi nella pubblica amministrazione avviene mediante concorso rende legittimi la disparità di trattamento esistente tra i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico in caso di accertamento di un’illegalità nella conclusione di contratti successivi a tempo determinato.

In conclusione

Nel settore privato la conversione del rapporto a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato è prevista dall’art. 5 del Dlgs. 368/2001. Nel settore pubblico si nega la possibilità di una conversione del rapporto in ragione della sussistenza di norme specifiche che escludono esplicitamente tale trasformazione.
Al riguardo la Corte di Giustizia aveva già affermato la difformità al diritto comunitario di una legislazione che vieti in maniera assoluta solo nel settore pubblico la conversione di una successione di contratti a tempo determinato in un contratto di lavoro a tempo indeterminato ed aveva precisato che una tale normativa nazionale doveva prevedere delle misure di effettiva tutela dei lavoratori al fine di sanzionare gli abusi ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario.
Con la sentenza in oggetto la Corte di Giustizia UE ha affermato la piena legittimità, rispetto all’ordinamento comunitario del d. lgs 165/2001 nella parte in cui ammette nel settore pubblico l’utilizzazione di più contratti a termine, con lo stesso lavoratore senza che questi siano trasformati in rapporto a tempo indeterminato, così come avviene nel settore privato. Tuttavia spetta al lavoratore il diritto al risarcimento del danno se la pubblica amministrazione ha fatto ricorso in modo illecito o abusivo a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

Articlolo scritto da: Avv. Laura Guidelli