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Emissioni di anidride carbonica e Protocollo di Kyoto

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Emissioni di anidride carbonica e Protocollo di Kyoto

ROMA – Giudizio severo degli ambientalisti sul Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 (anidride carbonica) varato dai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, giudicato non coerente con gli obiettivi di riduzione del Protocollo di Kyoto.

WWF, Greenpeace e Legambiente rilevano che il piano predisposto per essere inoltrato alla Commissione europea presenta un tetto di 209 milioni di tonnellate (Mt), 15 in più rispetto a quello previsto dallo Schema del Piano Nazionale di Allocazione (PNA) predisposta dal solo Ministero dell’Ambiente nel luglio scorso. Gli ambientalisti auspicano un intervento della Commissione europea per riportare il tetto delle quote assegnate a livelli in linea con l’obiettivo di Kyoto, ovvero a 186 Mt.

Per arrivare all’obiettivo del –6,5% delle emissioni previsto da Kyoto, infatti, l’Italia dovrebbe tagliare le proprie emissioni complessive di 97 Mt: considerando che i settori compresi nell’ETS rappresentano il 40% delle emissioni nazionali, appare del tutto insufficiente il taglio di sole 14 Mt del piano varato oggi (circa il 14% delle emissioni).

Non solo: grazie ad un’artificiosa sotto allocazione agli impianti cosiddetti in CIP6, il nuovo PNA di fatto determinerà un aumento delle emissioni del settore termoelettrico di quasi 10 Mt, il tutto per favorire investimenti verso il combustibile fossile che produce maggiori emissioni di anidride carbonica, il carbone. L’operazione sarà chiaramente a spese dei consumatori e senza alcun beneficio per il Paese che si troverà in una posizione indifendibile in Europa. Agli impianti CIP6 viene assegnato un numero del tutto insufficiente di quote per coprirne la produzione elettrica: 20 Mt in meno. In tale maniera gli operatori di impianti CIP6 andranno ad acquistare le quote mancanti sul mercato europeo. Questi costi, grazie all’intoccabilità garantita agli impianti CIP6 (del titolo II, punto 7 bis, del provvedimento Cip n. 6/92) verranno direttamente scaricati sulle bollette dei consumatori all’interno della componente tariffaria A3, paradossalmente destinata ai fondi d’incentivazione delle energie rinnovabili. Le quote non assegnate agli impianti CIP6 verranno destinate agli impianti termoelettrici convenzionali, che scaricheranno comunque il valore della quota d’emissione nelle bollette dei cittadini. Il consumatore italiano finirà così per pagare Kyoto, ingiustamente, due volte.

E come se non bastasse il nuovo PNA prevede un’allocazione di 12 milioni di tonnellate a titolo oneroso, ma a prezzi inferiori a quelli di mercato, riservate ai soli impianti a carbone. Non si tratta dunque di un asta competitiva tra tutti gli operatori interessati ad acquisire quote ma di un ulteriore privilegio per gli impianti a carbone.

Il nuovo NAP non rispetta gli interessi dei consumatori italiani, ma anzi protegge quelli dell’industria elettrica. Rimane legittimo domandarsi se il governo è ancora intenzionato a raggiungere l’obbiettivo di Kyoto attraverso misure nazionali per l’80% come inequivocabilmente dichiarato nel programma elettorale.

SCHEDA

IL CIP6 E LE ASSEGNAZIONI A TITOLO ONEROSO RISERVATE AL CARBONE: COSA SONO E PERCHÉ GLI AMBIENTALISTI NON SONO D’ACCORDO

Nella tabella di seguito viene mostrato come grazie alla sottoallocazione agli impianti CIP6 si sia in realtà allocate molte più quote agli impianti termoelettrici di quanto non si sia fatto nel primo periodo di allocazione.
Dal momento che gli impianti CIP6, che possono scaricare direttamente in tariffa il costo di acquisto delle quote, non hanno alcun incentivo a diminuire le proprie emissioni, il nostro paese è destinato anziché a diminuire le emissioni del settore termoelettrico rispetto ad oggi ad aumentarle di quasi 10 Mt, il tutto a spese dei consumatori e senza alcun beneficio per il paese che si troverà in una posizione indifendibile in Europa, quando si dovranno definire gli obbiettivi successivi al 2012.

La nuova versione del piano inoltre prevede un’allocazione di 12 milioni di tonnellate a titolo oneroso. Tale volume di quote, tuttavia è riservato ai soli impianti a carbone.
Evidentemente non si tratta né di un asta competitiva tra tutti gli operatori interessati ad acquisire quote né dell’applicazione del principio di chi inquina paga.
Infatti gli impianti a carbone, dal momento che l’assegnazione prevede un coefficiente differenziato per tecnologia e combustibile, già ricevono una quota di emissione pari a 757 g/kWh prodotto per 6200 ore anno contro i 613 grammi/kWh degli impianti a olio combustibile e i 358 grammi/kWh a gas naturale per 5000 ore anno.
Non solo dunque un’assegnazione a titolo gratuito maggiore dei propri concorrenti meno inquinanti ma una riserva di ben 12Mt da cui attingere a titolo oneroso certo, ma ad un prezzo ben inferiore a quello di mercato, non reso pubblico oggi e probabilmente allineato ai cosiddetti crediti da meccanismi flessibili.
Paradossalmente quindi se un’efficiente centrale a ciclo combinato dovesse acquistare delle quote ulteriori rispetto all’assegnazione gratuita dovrà pagarle al prezzo di mercato mentre un operatore a carbone potrà incrementare l’emissione gratuita ricorrendo ad un prezzo agevolato.
Che il piano sia fortemente condizionato dalle politiche energetiche dell’Enel, ed in particolare dalla volontà di garantire le quote necessarie alla nuova centrale di Torrevaldaliga emerge dai volumi della nuova riserva di 19 Mt ben al di sopra delle 15 Mt del periodo 2005-2007.
Ovvero mentre nel periodo di radicale riconversione ed ammodernamento del parco termoelettrico nazionale con l’entrata in esercizio dei nuovi impianti a ciclo combinato si è ritenuta sufficiente una riserva di 15Mt, nel periodo 2008-2012 contrassegnato da una situazione di sovracapacità di impianti elettrici, per fare spazio ad una sola centrale di Enel si individua una riserva di ben 19 Mt, chiaramente a discapito di tutti gli altri settori industriali ed operatori termoelettrici.
Come in più occasioni ripetuto, le responsabilità di scelte insostenibili quali la realizzazione di una centrale di 2000 MW a carbone in un paese che è di 20 punti percentuali distante degli obiettivi internazionali di Kyoto al 2012, devono ricadere sugli operatori che ritengono strategica tale scelta e non sulla collettività attraverso assegnazione gratuita di quote pagata del consumatore.