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Anemia mediterranea: al via il ‘Miot’

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Anemia mediterranea: al via il ‘Miot’

ROMA – Nuove speranze di migliorare le prospettive di vita per gli italiani affetti da anemia mediterranea, la malattia genetica ereditaria (chiamata anche thalassemia major o malattia di Cooley). Sono 7.000 i malati conclamati più un numero di portatori (thalassemia minor) stimato intorno ai 2 milioni: da due genitori portatori del tratto talassemico esiste una possibilità su 4 che nasca un figlio malato. Lo screening dei portatori e la diagnosi prenatale costituiscono il cardine per la prevenzione della malattia, che registra le maggiori concentrazioni, tra malati e portatori, in Sardegna, in Sicilia e nel delta del Po.
Grazie a Miot – Myocardial iron overload in thalassemia, un progetto scientifico inedito e tutto italiano, organizzato dal Laboratorio di Risonanza Magnetica Cardiovascolare dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Pisa, sarà possibile, nell’arco dei prossimi tre anni, valutare nei dettagli l'accumulo di ferro nel cuore e la fibrosi miocardica di 2.000 talassemici, mediante un’originale tecnica di risonanza magnetica, definita T2* (Ti-Due-Star). Questa tecnica è l’unica che consente oggi di misurare in modo affidabile, rapido e non invasivo l'accumulo di ferro nel cuore. Con la T2* si può precocemente diagnosticare ciò che con un elettrocardiogramma o con un’ecografia cardiaca non si può vedere. Infatti con tali metodiche il coinvolgimento cardiaco si apprezza ma solo quando la disfunzione è già in atto ed avanzata.
La talassemia impedisce al midollo osseo di produrre una quantità adeguata di emoglobina, il pigmento che dà il colore rosso al sangue ma che, soprattutto, ha il compito di trasportare l'ossigeno legato a molecole di ferro. Per sopperire a questa mancanza congenita, il talassemico ha bisogno di continue trasfusioni. La continua distruzione dei globuli rossi libera ferro, che va a depositarsi in vari organi, soprattutto nel fegato e nel cuore. È proprio la disfunzione cardiaca, legata ai depositi di questo metallo, a determinare la precoce mortalità dei pazienti.
Per eliminare il ferro esiste un’apposita terapia, definita “ferrochelante”, spiega Massimo Lombardi, coordinatore dello studio e responsabile del Laboratorio di risonanza magnetica presso l’Ifc-Cnr di Pisa, “che viene tradizionalmente somministrata mediante infusione sottocutanea, molto lenta (dodici ore), di desferoxamina. La nuova disponibilità di terapie ferrochelanti per via orale (deferiprone) libera invece queste persone dalla schiavitù dell'infusione continua”.
“Conoscere l'accumulo cardiaco di ferro è quindi determinante per seguire nei dettagli un problema cruciale per la sopravvivenza dei soggetti talassemici e decidere la migliore terapia su base individuale”, precisa Massimo Lombardi. “Abbiamo utilizzato una metodica tuttora sperimentale, cui abbiamo aggiunto una modalità tecnologica creata appositamente dai nostri ingegneri e destinata alla corretta interpretazione dei dati, mettendola poi a disposizione dei pazienti che vivono in regioni distanti dalla Toscana, attraverso il network di 8 centri di cardioradiologia”.
In passato, non era possibile monitorare adeguatamente l'accumulo cardiaco di ferro: la formazione di fibrosi e la disfunzione del cuore comparivano, fatalmente, a compromettere la sopravvivenza del paziente. Il sistema di diagnosi e lettura dei risultati, messo a punto in esclusiva dal Cnr di Pisa, sarà utilizzato anche da altri sette centri italiani (Catania, Palermo, Cagliari, Reggio Calabria, Campobasso, Roma, Ancona), consentendo la valutazione dei talassemici distribuiti in diverse sedi della Penisola e in modo standardizzato per tutta Italia. I dati verranno centralizzati a Pisa, costituendo il più ampio database al mondo di pazienti con talassemia.
Il progetto Miot rappresenta un’esemplare collaborazione fra pubblico e privato, resa possibile dalla “task force” che si è instaurata tra il Cnr di Pisa, la Soste (Società per lo studio delle talassemie ed emoglobinopatie), la Fondazione italiana Leonardo Giambrone e alcuni partner industriali, tra cui Chiesi e Schering e General electric healthcare. Partecipano all’iniziativa, oltre agli 8 centri di cardioradiologia, 35 centri ematologici di tutta Italia, già impegnati nella diagnosi e cura dei talassemici e che ora disporranno di un riferimento diagnostico importante per monitorare i loro pazienti.
Tale nuovo sistema analitico ha già fruttato un brevetto nazionale ed internazionale e pone le basi per un significativo miglioramento diagnostico in questo settore dell’imaging cardiaco.