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Antonella Landi, la ‘Profe’ con gli anfibi

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Antonella Landi, la ‘Profe’ con gli anfibi

FIRENZE – La professoressa Antonella Landi è recentemente salita agli onori della cronaca per aver creato un blog molto visitato su internet che è poi divenuto un libro di successo, La profe, diario di un’insegnante con gli anfibi, edito da Mondadori.
Nativa di San Giovanni Valdarno ma residente a Firenze, Antonella crede profondamente nel suo lavoro e considera il ruolo dell’insegnante assolutamente centrale nel sistema scolastico, è l’insegnante che fa la scuola.
Intervistata recentemente a Radio Dejeey e a Otto e Mezzo, la “profe con gli anfibi” si racconta ai lettori di arezzoweb.it.

Comparse in tv, interviste alla radio e su internet … il successo è arrivato improvviso e imprevisto. In cosa è cambiata la tua vita ? Il rapporto con i tuoi studenti e i tuoi colleghi è rimasto lo stesso ?
Colleghi e studenti li devo ancora rivedere per cui non saprei dirti: il libro è uscito in prossimità della fine della scuola e io, durante la stesura, non ne ho mai fatto parola con nessuno. Ho anticipato solo al mio preside la data dell’uscita editoriale, per correttezza e per chiarire che quel preside citato nel libro non è lui! Mi giunge voce che, dopo avermi vista a Otto e mezzo su La7, un collega abbia commentato dicendo che devo avere “dei canali molto grossi”. La frase ha dato immediatamente luogo a un pezzo ironico sul mio blog. Canali grossi non ne ho: ho solo un blog molto frequentato, che un bel giorno è stato visto anche da Mondadori.

Hai creato il blog per continuare a sentirti con i tuoi studenti. Chi tra te e i ragazzi ci teneva di più a tenere in vita questo dialogo?
Che abbia aperto il blog per tenermi in contatto con gli ex studenti non è esatto: non avevo bisogno della rete per continuare a sentirmi con loro, ci siamo sempre scritti e telefonati e qualche ex alunno bergamasco è venuto anche a trovarmi a Firenze. Piuttosto, il blog nacque per far fronte alla frustrazione che provai quando, dopo dieci anni di supplenze annuali nelle scuole superiori, in virtù del superamento del Concorso Ordinario, fui immessa in ruolo alle scuole medie. L’idea di interagire con ragazzi appartenenti a una fascia d’età che mi era assolutamente sconosciuta e (diciamocelo) epidermicamente antipatica, mi terrorizzava. La scrittura, in questa prospettiva, doveva avere il compito di aiutarmi e di consolarmi. Ma non ce n’è stato bisogno, perché ho scoperto presto che gli undicenni, i dodicenni e i tredicenni sono interessanti e stimolanti come i ragazzi più grandi con cui avevo sempre lavorato e che il carico affettivo di cui ti coprono è a volte addirittura imbarazzante.

Come definiresti il rapporto con i tuoi studenti? Da direttore generale, da capo branco o da tata?
C’è una profonda differenza nel mio carattere tra quando vivo la mia vita al fuori delle mura scolastiche e quando varco la soglia dell’aula per chiudermi la porta dietro e far lezione. Fuori sono un po’ insicura e non brillo in autostima. Ma in classe, che ti devo dire, mi sento una pantera. Ogni mattina è come andare in scena: sento di dover tenere alta l’attenzione del pubblico studentesco, di doverlo motivare, interessare, coinvolgere, ma anche educare, disciplinare, correggere. Non so in quale delle tre definizioni che mi proponi mi ritrovo: tra la categoria “direttori” mi piacciono solo quelli d’orchestra, nel capo-branco c’è quel “branco” che non mi convince. Tata spero di no, anche se Francesca Cacace è uno dei miei miti.

La tua carriera scolastica ti ha portata a fare spostamenti in varie parti d'Italia accumulando tante esperienze diverse. Ci sono degli aneddoti curiosi di questo periodo della tua vita che potresti raccontarci?
A parte l’ollellé ollallà faccela vede’ faccela tocca’ con cui mi accolsero alla prima supplenza? Mah, per esempio quando vivevo a Bergamo da sola, le mamme dei miei studenti (a cui probabilmente faceva tenerezza questa ragazza lontana da casa) mi mandavano dei regali attraverso i loro figli. Una di loro mi fece avere un servizio di bicchieri da bibita, visto che spesso i ragazzi passavano a trovarmi nel pomeriggio. La domenica ci capitava di guardare il programma televisivo Per un pugno di libri, qualcosa da bere ci voleva. Uno dei ricordi a cui sono più legata, però, è quella domenica in cui ci organizzammo autonomamente per andare al Vittoriale dannunziano: stavamo studiando l’autore e vedere la casa in cui visse l’ultimo periodo della sua vita esagerata fu illuminante per loro. Poi scendemmo tutti al lago di Garda a fare il bagno, chiaro.

Non accade tutti i giorni che una grande casa editrice decida spontaneamente di fare un libro di un blog creato su internet. Cosa hai provato quando sei stata contattata?
Quando Mondadori mi scrisse una mail privata sulla piattaforma che ospita il mio blog, io pensai immediatamente a uno scherzo ben elaborato dai miei studenti di un Itis fiorentino, coi quali sono tuttora in ottimi rapporti. Ridevo leggendo quella mail, così formale, professionale e seria, e mi dicevo: “Guarda bravi, quei filibustieri”. Poi il mio compagno, dopo una rapidissima verifica dei numeri telefonici e dell’e-mail, mi fece notare che c’era poco da ridere: non erano i filibustieri, era la Mondadori per davvero.

Il tuo blog è costantemente aggiornato, ai tuoi post ci sono sempre moltissimi commenti e ricevi tanti messaggi privati. Quanto tempo trascorri quotidianamente al pc per tenere tutto sotto controllo?
Il pc a casa è quasi sempre acceso. Io nel frattempo faccio tutte le mie cose, pulisco (ehm), correggo compiti, passo del tempo con gli amici e col mio fidanzato, con cui vivo. Di tanto in tanto scrivo quello che m’ispira, quello che mi ha smosso un sentimento, un’emozione, una risata. Il blog è umoristico, ma non per scelta tattica: io rido spesso, nella vita e soprattutto della vita.

Internet e le nuove tecnologie hanno cambiato radicalmente il modo di comunicare tra i giovani (e non solo). Quali sono secondo te gli aspetti più pericolosi ma anche quelli positivi di questo fenomeno?
Pericoloso è il fatto che la disponibilità totale di ogni tipo di informazione porti i ragazzi a non avere a volte la consapevolezza di quello che è giusto e quello che non lo è. Ma anche di quello che c’è dietro questa o quella informazione. Quando do un lavoro di ricerca da fare, i ragazzi entrano in rete, scaricano quello che trovano e mi rispiattellano il lavoro bell’e fatto. Ignorano tutto quello che c’è dietro quella schermata, secoli di pensiero e di ricerca, di interrogativi e di problematiche. Non sono più molto capaci di andare in biblioteca, consultare dieci volumi ed estrapolare il meglio da essi. Vanno quindi seguiti, guidati, forse più di come era necessario quando Internet non c’era. Positivo è invece il fatto che, quando torni a casa dopo cinque ore di scuola, trovi già una letterina elettronica che ti aspetta e che commenta quanto accaduto il mattino stesso a lezione, come mi accade da quando i ragazzi hanno avuto la mia e-mail.

I mass media tendono a dare un'immagine molto negativa della scuola italiana, vista quasi allo sfascio. In base alla tua esperienza di insegnante, come giudichi lo stato di salute attuale della scuola pubblica?
La scuola è fatta dai ragazzi e dagli insegnanti. I politici, i giornalisti, gli opinionisti che non hanno mai varcato la soglia di un’aula, che non si sono mai trovati davanti a venti ragazzi che ti studiano, ti analizzano e si aspettano da te nozioni, punti di riferimento, controllo ed esempi, dovrebbero tacere e non pontificare. Anche quando andavo a scuola io, o quando ci andavano i miei genitori, la scuola era bellissima quando entrava il professore motivato ed entusiasta del lavoro che svolgeva. Viceversa, diventava un luogo triste e grigio quando entrava quello frustrato, disilluso e stanco, quello che dopo tre mesi di lezione ancora non aveva imparato i nostri nomi, quello a cui non brillavano più gli occhi parlando della sua materia. L’informazione giornalistica e televisiva, certamente indispensabile, dovrebbe a mio parere diventare costruttiva, puntando i riflettori anche sulle realtà positive della scuola italiana, che sono tante. I ragazzi danno il peggio quando sanno che, tanto, ci si aspetta questo da loro. Mettono alla luce tutte le loro qualità quando invece vedono che abbiamo fiducia in loro.

Come si combatte secondo te nella maniera più efficace l'antica piaga del bullismo scolastico?
Che tu la chiami “antica piaga”, paradossalmente un po’ mi rincuora: il bullismo (ma che brutta parola) non è solo di oggi, è di sempre. Quando andavo alle medie io, c’erano tre o quattro tipi che non volevano nemmeno essere guardati negli occhi. Uno mi sbriciolava quotidianamente il panino con la mortadella tra i capelli, perché invece lo guardavo incrociandolo nei corridoi all’intervallo. Non ho una formula, non ho una ricetta contro il bullismo. Tutte le situazioni sono diverse e chi dice bisogna fare così e cosà dimostra di non aver mai interagito con gli adolescenti. Credo che si debba prima di tutto far scattare un rapporto di fiducia tra noi insegnanti e i ragazzi: quando loro sentono che non sei lì solo per fregarli, per far valere la tua forza autoritaria, ma che sei lì perché loro ti stanno a cuore e perché proponi con autorevolezza qualcosa in cui loro possono credere, il più è fatto, la porta si apre e loro ti fanno entrare.

Nel tuo blog scrivi che ti piace trascorrere molto tempo in libreria. Quali sono le tue letture preferite?
La letteratura è il mio pane quotidiano. Tutti i classici, ma anche le nuove voci della narrativa, sia italiana che straniera. Alla fine degli studi universitari chiesi a Giorgio Luti di farmi fare la tesi su Stefano Benni, ma lui mi rispose che era ancora troppo giovane. Allora (memore delle straordinarie Galline pensierose) proposi Luigi Malerba, ma non ci fu niente da fare e mi appiopparono Lorenzo Viani. Bellissimo. Le mie letture seguono i miei stati d’animo: quando sono felice e innamorata scelgo storie piene di passione, quando mi sento triste voglio condividere la mia tristezza con uno scrittore. Nessuno consola, esalta, appaga e soddisfa più di un libro.

Articlolo scritto da: Fabrizio Sterpos