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Dai boschi una possibilità di energia pulita

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Dai boschi una possibilità di energia pulita

ROMA – Il patrimonio forestale italiano è stimato in circa 10 milioni di ettari, pari al 30% del territorio nazionale e nell’ultimo decennio la superficie totale risulta in aumento dello 0,3% l'anno, a fronte di una media europea dello 0,1%. Una risorsa preziosa che, oggi più che mai, offre la possibilità di produrre energia senza creare danni all’ambiente. Per comprendere quali sono le prospettive di sviluppo delle biomasse legnose in Italia, ricercatori di varie istituzioni scientifiche europee parteciperanno al convegno “Valorizzazione energetica delle biomasse forestali”, organizzato dall’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree (Ivalsa) del Consiglio nazionale delle ricerche con la Provincia autonoma di Trento e l’Istituto agrario di San Michele all’Adige
“In un momento di accentuata dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e di crescita dei consumi energetici, oltre che di grande attenzione alle problematiche legate ai cambiamenti climatici”, dice Francesco Dellagiacoma del servizio Foreste e fauna della Provincia di Trento, “c’è un forte interesse per le biomasse forestali, che rappresentano una delle grandi risorse per l’energia pulita del futuro e certamente una delle più rilevanti in sede locale”.
“L’utilizzo della biomassa forestale può offrire importanti benefici ambientali, sociali ed occupazionali”, sostiene Raffaele Spinelli, ricercatore dell’Ivalsa-Cnr “ma è bloccato dalla mancanza di tecnologie operative capaci di attingerla a costi ridotti”.

A partire dal 2003 l’Ivalsa ha lanciato un vasto programma di ricerca destinato a sperimentare le migliori tecnologie disponibili per razionalizzare la raccolta del “cippato” forestale di tutto l’arco alpino orientale. “Si tratta di ridurre in piccole scaglie tutto quel materiale residuo che altrimenti verrebbe lasciato marcire nei boschi”, spiega Spinelli, “ rami, foglie, cimali, cortecce e parti di piante possono così essere facilmente trasportate e utilizzate per alimentare caldaie e stufe ma anche per essere trasformati in pannelli. Il problema è che molto spesso i costi di produzione superano i guadagni, scoraggiando le aziende boschive”. Lo studio condotto dai ricercatori dell’Ivalsa si è svolto in 19 cantieri sperimentali, ossia 19 prove in campo di raccolta in cui materiale residuo boschivo, diradamenti e tagli di maturità sono stati trasformati in cippato. “Nel corso delle prove”, prosegue Spinelli, “abbiamo registrato determinati parametri quali le caratteristiche della materia prima, tipo e taglia della macchina cippatrice, il sistema di alimentazione ed i relativi costi, le modalità di lavoro, la distanza da coprire per il trasporto, i costi della manodopera”. Con queste informazioni a disposizione sono stati sviluppati sei distinti modelli informatici per il calcolo dei costi di produzione e consegna del cippato per ottenere la conseguente ottimizzazione dei cantieri e delle varie scelte operative.
“I diversi software”, conclude Spinelli, “permettono infatti di definire quale sia la cantieristica più adatta, cioè quella capace di intercettare la biomassa residua al minor costo complessivo. La soluzione migliore ovviamente dipenderà dalle specifiche condizioni di lavoro, e soprattutto dalla distanza di trasporto. Certamente, la bontà dei risultati non va giudicata solo in termini di costo, ma considerando anche la qualità merceologica della biomassa ottenuta. La sperimentazione eseguita nella scorsa estate ha cercato di rispondere a queste domande, in modo articolato e puntuale: oltre a definire la cantieristica, il lavoro ha fornito informazioni aggiuntive relative ai quantitativi ottenibili, agli spazi necessari e al modo di mitigare gli eventuali impatti ambientali conseguenti alla meccanizzazione dei lavori boschivi”.