ROMA – Chiamalo se vuoi ‘’effetto-Kyrill’’. La catena di danni cioè che una tempesta può provocare.
Occorre quindi innalzare i livelli di sicurezza e pianificare sistemi di previsione perché questi fenomeni non ci colgano impreparati. I cambiamenti climatici in atto infatti acutizzano, in intensità e frequenza, questi eventi atmosferici e rendono così ancora più evidente il deficit delle infrastrutture. In gioco c’è la conservazione di preziosi ecosistemi, come quello marino minacciato in queste ore dal combustibile della nave ‘’Napoli’’. L’esempio dell’imbarcazione incagliata nello stretto della Manica mette in luce la debolezza delle politiche sulla sicurezza dei trasporti: se una volta occorreva infatti prevedere le conseguenze di eventi climatici per le navi alimentate da combustibili dannosi e con carichi pericolosi, oggi è necessario agire ancor più decisamente e con regole più stringenti e precise. Un adattamento è richiesto quindi anche in termini politici.
Simon Walmsley, responsabile programma mare WWF-UK ha detto “Gli incidenti come questo possono essere devastanti per gli uccelli e per la vita marina se petrolio, acido delle batterie e carichi di sostanze chimiche pericolose finiscono in mare. Molte delle più frequentate rotte delle navi da carico passano vicino a importanti e sensibili habitat della costa. Se avremo una appropriata pianificazione delle rotte per i nostri mari, le potenziali attività dannose potrebbero essere situate lontano dalle aree attorno alla Gran Bretagna economicamente e ambientalmente di più alto valore”.
L’inizio del 2007 ci sta propinando un piccolo compendio degli effetti dei mutamenti climatici già previsti dagli scienziati, dall’inverno straordinariamente mite in molte aree del globo, e segnatamente nel sud Europa, agli eventi estremi e anomali (la tempesta Kyrill in Nord Europa e l’ondata di gelo in California e Texas). Questi eventi, che coincidono con le previsioni degli scienziati per i prossimi anni e decenni, devono indurre i Governi a non perdere più tempo: occorre ridurre subito le emissioni di gas serra, primo tra tutti l’anidride carbonica (o biossido di carbonio o CO2). Le riduzioni devono essere forti e decise, abbiamo bisogno di porci l’obiettivo del 30% di emissioni in meno entro il 2020, per arrivare a un mondo tendenzialmente a “Emissioni Zero” per la metà del secolo. Solo così riusciremo a rallentare, e in prospettiva fermare i mutamenti climatici, e a tenerci sotto un aumento medio della temperatura globale di 2 gradi centigradi rispetto all’era preindustriale e a evitare gli scenari più devastanti e ingestibili.
Ma un danno già lo abbiamo fatto: dobbiamo quindi considerare globalmente il nostro modello di vita, e prendere misure adeguate per far fronte alle conseguenze dei mutamenti climatici già in atto.
Secondo i dati dello WORLD METEREOLOGICAL ORGANIZATION (WMO)dall'inizio del XX secolo la temperatura media globale della superficie terrestre è andata incrementandosi già di 0.7°C. Dobbiamo quindi adattarci ai fenomeni ormai inevitabili, posto che il mondo non sarebbe in rado di adattarsi agli scenari peggiori, nemmeno dal punto di vista economico (come sostiene il rapporto Stern).
Articlolo scritto da: WWF Italia