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‘Giuseppe Moscati’ stasera la seconda puntata

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‘Giuseppe Moscati’ stasera la seconda puntata

ITALIA – "Un Santo contemporaneo, un laico molto vicino a noi. Non ha fatto nulla di clamoroso, ma in tutta la sua vita, nelle piccole e grandi scelte di ogni giorno, ha sempre seguito la via della Giustizia, della Solidarietà e dell’Amore. E’ un po’ come se fosse diventato santo giorno dopo giorno, mettendo in secondo piano i suoi interessi e i suoi desideri”. Così il regista Giacomo Campiotti parla del suo “Giuseppe Moscati – L’amore che guarisce”, il film tv in due puntate che Raiuno propone in prima serata mercoledì 26 e giovedì 27 settembre. Interpretato da un intenso Beppe Fiorello (…“non recita Moscati, e’ Moscati, e arriva al cuore” dice ancora il regista) il film e’ liberamente ispirato alla vita del medico dei poveri, proclamato santo da Papa Wojtyla, e alla sua opera innovatrice nel campo della medicina e della ricerca scientifica. Nel cast Ettore Bassi e’ Giorgio Piromallo, il perfetto antagonista, l’amico che diventa il peggior nemico; Kasia Smutniak e’ la principessa Cajafa; Paola Casella da’ il volto ad una dolente Cloe; Antonella Stefanucci ed Emanuela Grimalda sono rispettivamente la sorella Nina e Suor Elga. Non mancano, anche nei ruoli minori, attori di grande spessore come Giorgio Colangeli che interpreta il professor De Lillo o Giuseppe Zeno che veste i panni di Arcangelo. Il film e’ stato girato a Napoli, città nella quale Giuseppe Moscati (nato a Benevento nel 1880) ha trascorso gli anni della sua giovinezza, compiuto gli studi di medicina e il suo intero percorso umano e scientifico, e dove ha vissuto fino alla morte, nel 1927, stroncato a soli 46 anni. Parte degli esterni e’ stata invece realizzata nel centro storico di Cosenza, un teatro di posa perfetto per un film d’epoca dove sono ambientate le scene che si riferiscono al capoluogo campano della fine dell’800 e dei primi del Novecento. La miniserie “Giuseppe Moscati”, che si inserisce in un ciclo di fiction dedicate a grandi personaggi della Storia poco noti, come il Commissario Palatucci (“Senza confini”), “Salvo d’Acquisto” e altri progetti in preparazione, ha vinto il concorso internazionale del ROMA FICTION FEST 2007, come miglior miniserie. La Giuria internazionale l’ha preferita ad altre 12 miniserie della selezione ufficiale, provenienti oltre che dall’Italia, da Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada. Il film e’ una produzione RaiFiction prodotta da Sergio Giussani e Giorgio Schottler per Sacha Film e Artis Edizioni Digitali.

LA STORIA
Prima puntata Nel 1906 Giuseppe Moscati è un giovane medico che si appresta, assieme al suo amico del cuore Giorgio Piromallo, a concorrere per un posto di aiuto straordinario all’ospedale degli Incurabili, uno dei più rinomati di Napoli. I due giovani, che si preparano insieme a superare la prima importante tappa di una carriera che entrambi immaginano ricca di successi, sono però assai diversi. Giorgio, figlio di un noto medico, abituato ad una vita di privilegi, ha scelto la professione per tradizione familiare e con una tiepida vocazione, mentre Giuseppe, allontanandosi dalla tradizione dei Moscati che lo avrebbero voluto avvocato, ha per la medicina un interesse veritiero e profondo. Il gaudente e mondano Giorgio trascina l’amico Giuseppe ad una festa dove gli farà conoscere la giovane principessa Elena Cajafa, bellissima quanto infelice e tra i due giovani si stabilirà subito un legame importante. Giuseppe infatti, pur nell’apparente docilità, è uomo forte, un medico appassionato che si adatta con difficoltà alle rigide regole ospedaliere, difese e custodite, con pugno di ferro, da suor Helga, la caposala degli Incurabili. I sette minuti da dedicare ad ogni paziente, ne uno di più ne uno di meno, gli stanno stretti e spesso viola le regole restando accanto a casi disperati e attirandosi critiche e rampogne dalla caposala quanto dal professor Delillo. Giorgio al contrario procede con destrezza e distacco da uomo di mondo; il suo essere medico non lo aliena dal godersi la vita e, lasciati i pazienti e i turni in ospedale, si dedica anima e corpo alla conquista di una ballerina del caffè chantant, di nome Cloe. Una passione intensa e carnale che il giovane immagina poter essere duratura e che suo padre, grosso barone della medicina partenopea, vede invece come ostacolo alle ambizioni professionali che nutre per suo figlio. La sua sfiducia in Giorgio è pari all’ammirazione che nutre per il suo amico Giuseppe, in lui rivede una vocazione forte che non teme di essere oscurata dalle distrazioni. Ma Elena Cajafa, con la sua bellezza ed il suo tormento interiore, assieme al bisogno di essere amata e capita, stanno a poco a poco conquistando il cuore e la mente di Giuseppe. E quando lui, durante la drammatica eruzione del Vesuvio, sfidando coraggiosamente la morte, salva i pazienti dell’ospedale di Torre del Greco, l’encomio pubblico che ne riceve e la fama che ne deriva, sciolgono anche le riserve del padre della ragazza, che comincia a vedere Moscati come un possibile pretendente alla mano di sua figlia. Giuseppe sembra, in quel momento, destinato ad ottenere tutto. Fama, onori, una donna bellissima ed affascinante per moglie. E anche la sorella di Giuseppe, Nina, sembra stemperare, nei successi di lui, l’amarezza di essere rimasta zitella, e il rifiuto ricevuto dall’uomo da lei amato, il cugino Leonardo che ha scelto repentinamente ed inaspettatamente di farsi prete. Ma anche per Giuseppe, viene però il momento della crisi. Colpito al cuore della sua vocazione medica, dalla morte per tetano di un piccolo lustrascarpe, Aniello, del quale era diventato amico, ha per un attimo la tentazione di lasciare la medicina. Giuseppe soffre per quel bambino cui era legato e che sognava di andare in America e di migliorare la sua vita. Ma quella sofferenza intensa e sentita, insieme ad un sentimento metafisico, rafforzano invece la sua vocazione. E gli danno la consapevolezza che esser medico e’ una chiamata, e che nel rapporto tra medico e paziente, la relazione umana e la cura dell’anima e’ altrettanto importante della cura del corpo. E quando un nuovo ed importantissimo concorso viene indetto Giuseppe lo vince e diviene un astro della nuova generazione di medici. Giorgio, al contrario lo perde, e tra i due amici la rottura è insanabile. Passo dopo passo, la diversa concezione della professione medica ha creato un impasto di rancore e gelosia nell’animo di Giorgio sino a farlo diventare aperto nemico dell’antico compagno di gioventù. Ed è sull’abbrivio di quel rancore che Giorgio decide di lasciare Cloe, malgrado la ragazza aspetti un bambino da lui, e di tornare nell’alveo della protezione paterna. Con cinismo dice a Cloe che l’unico aiuto che può darle sono i soldi necessari ad abortire e se ne lava le mani. Le possibilità economiche e le conoscenze nel bel mondo napoletano gli permettono, di lasciarsi alle spalle la sua vita di prima, e di aprire uno studio privato che in poco tempo gli fa acquistare rinomanza e influenti relazioni. Giuseppe invece resta fedele all’ospedale e si dedica all’ammaestramento delle nuove generazioni di medici. Il suo modo inconsueto di intendere la professione, la sua profonda cultura che tende sempre a varcare i limiti del già conosciuto, a sperimentare e trasgredire, sempre in nome dell’umanità della cura e dell’empatia con chi soffre, lo fa diventare assai popolare, e il gruppo di studenti al suo seguito diventa sempre più folta. Tra loro due giovani promettenti sono i suoi due pupilli. Si chiamano Umberto ed Arcangelo e a Giuseppe ricordano per indole e carattere quello che erano, da giovani, lui ed il suo amico Giorgio. Ottenere la mano di Elena Cajafa, averla al suo fianco come moglie sembra adesso il logico compimento del suo percorso di uomo. Però la sera in cui Giuseppe si sta recando dal principe per fare la sua richiesta, una scoperta terribile lo distoglie dalla sua gioia riportandolo verso la sua missione di medico: il colera. Il sospetto di una epidemia, assai frequente nei vicoli sporchi e fatiscenti di Napoli, lo porta là dove il suo aiuto è prezioso, quanto più è tempestivo. E quell’abito da sera che aveva indossato per varcare la soglia di un mondo dorato lo accompagna invece nel mondo dei diseredati, e nel buio dei vicoli dove il sole non penetra mai. Il contatto con il ventre buio della città, apre una nuova fase della sua esistenza e mina irrimediabilmente l’amore con Elena e la possibilità di una vita “normale”. Non c’e’ posto per una famiglia nella vita di chi ha scelto che la sua famiglia siano i diseredati.

Seconda puntata Mentre Giorgio procede nell’ascesa sociale, fatta di privilegi e buone frequentazioni, e prende il posto suo accanto ad Elena, Giuseppe ritrova Cloe, la ballerina che e’ stata amante di Giorgio. Non ha più nulla della ragazza affascinante e mercenaria, è malata, distrutta e sola. Giuseppe ne capisce subito la gravità e va a cercare Giorgio che però rifiuta di aiutarla e di stare accanto a lei. La sua decisione, segno di un cinismo ormai senza speranza, è causa della definitiva lite tra i due amici. E Giuseppe decide di assisterla nella sua fine, tenendola a casa sua, malgrado il dissenso di Nina che vede in quella donna perduta un’offesa alla casa paterna e la fine delle possibilità sociali di Giuseppe. Però sono proprio i giorni trascorsi con Cloe che aprono anche in lei la strada della comprensione per la missione del fratello. Giuseppe, è l’unico cuore pietoso che si è assunto l’onere di accompagnare Cloe in quel passaggio difficile da un mondo conosciuto ed amato ad un altro che, senza il conforto della fede, mette paura. Proprio lei, la bella ballerina del caffè chantant, gli confessa, in punto di morte di avere avuto un figlio da Giorgio e di averlo abbandonato in un orfanotrofio. Gli chiede quindi di ritrovarlo e chiudendo gli occhi affida fiduciosa a Giuseppe il destino del suo bambino. Mentre il matrimonio di Giorgio ed Elena riempie le cronache mondane Giuseppe si mette alla ricerca di quel figlio innocente, macchiato da una colpa che non ha. Ma Cloe ha lasciato nella vita di Giuseppe un segno ancora più indelebile. La voce si è sparsa tra i diseredati e gli umili. Quel medico dal quale anche il grande Caruso chiede di essere visitato ha preso in casa sua una donna che tutti gli altri avrebbero lasciato morire per strada. E da quel momento Giuseppe comincia a curare tutti coloro che gli ospedali rifiutano, accogliendoli in casa sua, preoccupandosi se non hanno cibo, e istituendo una artigianale “cassa mutua” perché i più ricchi possano pagare le medicine dei più poveri. Quei poveri diventano anche per Nina la famiglia che le è mancata, i figli che non ha avuto. E quando tra quei volti emaciati si confonde quello ancora bellissimo di Elena Cajafa sembra che un fiore sia spuntato, incongruo ed insolito, tra la gramigna e le ortiche. Elena ha voluto e vuole rivedere Giuseppe per confidargli che non è felice. E che la sua vita, sebbene ricca e piena, si aggira oramai in un deserto. Elena teme di non poter avere figli ed è venuta da lui perché le confermi una volta per tutte quella diagnosi. Giuseppe la conferma, ma le dice anche che l’amore spesso si trova anche là dove non avevamo mai pensato di trovarlo. E la porta in un orfanotrofio dove proprio il figlio di Cloe e di Giorgio colpisce il cuore di lei. Quel bambino ha adesso trovato un padre ed una madre. È il 1927. Giuseppe è ormai stanco e malato, ed affaticato da quella vita dedita alle sofferenze altrui. La sua casa è spoglia, anche le sue ricchezze sono state date alla cura dei poveri. È così che lo trova Giorgio, elegantemente vestito, ricco ed affermato medico, quando va da lui. Una decisione improvvisa, dopo tanti anni, quasi una intuizione divina, ed una premonizione. Giorgio è stato sospinto fin là da qualcosa di potente e misterioso, qualcosa che somiglia ad un miracolo. Per raccogliere come balsamo le parole di Giuseppe e la rivelazione che quel figlio che ora lui ed Elena amano come fosse loro, è il figlio suo e di Cloe. Quella ragazza che lui aveva scacciato e che è stata per tanti anni il suo rimorso. Quando Giorgio esce da casa di Giuseppe le campane suonano a lutto. E quando chiede cosa è successo, chi è morto, la gente del popolo, con le lacrime agli occhi gli risponde “Giuseppe Moscati, il medico dei poveri”. Giorgio lo ha visto da pochi minuti, vivo, gli ha parlato. Ma il carro funebre ora passa davanti ai suoi occhi, seguito da una folla di uomini e donne bambini piangenti. Qualcuno dice: “Oggi Napoli ha perduto un grande medico, ma i poveri hanno perso tutto”.

GIUSEPPE MOSCATI
Giuseppe Moscati nacque il 25 luglio 1880 a Benevento, settimo tra i nove figli del magistrato Francesco Moscati e di Rosa De Luca, dei marchesi di Roseto. Nel 1881 la famiglia Moscati si trasferì ad Ancona e poi a Napoli, dove Giuseppe fece i suoi studi. A Napoli, il 4 agosto 1903, conseguì la laurea in medicina con pieni voti e diritto alla stampa, coronando così il suo già ottimo curriculum di studi. Dal 1904 Moscati presta servizio di coadiutore all’ospedale degl’Incurabili, a Napoli dove, fra l’altro, organizza l’ospedalizzazione dei colpiti di rabbia. Nel 1906, con un intervento personale molto coraggioso, salva i ricoverati nell’ospedale di Torre del Greco, durante l’eruzione del Vesuvio. La sua carriera procede velocemente nel percorso ospedaliero, universitario e scientifico: primario degli Ospedali Riuniti, direttore dei reparti militari durante la prima guerra mondiale, assistente ordinario nell’Istituto di Chimica Fisiologica, preparatore della III Clinica Medica di cui è anche preposto al reparto chimico, libero docente in Chimica fisiologica nel 1911, libero docente in Clinica Medica generale nel 1922, pratica anche l’insegnamento di diverse materie. Celebre e ricercatissimo nell’ambiente partenopeo quando è ancora giovanissimo, il professor Moscati conquista ben presto una fama di portata nazionale ed internazionale per le sue ricerche originali, i risultati delle quali vengono da lui pubblicati in varie riviste scientifiche italiane ed estere. Queste ricerche di pioniere, che si concentrano specialmente sul glicogeno ed argomenti collegati, assicurano a Moscati un posto d’onore fra i medici ricercatori della prima metà del nostro secolo. Moscati è uno scienziato di prim’ordine; ma per lui non esistono contrasti tra la fede e la scienza: per lui la fede è la sorgente di tutta la sua vita. Quando, il 12 aprile 1927, il Moscati muore improvvisamente, stroncato in piena attività, a soli 46 anni, la notizia del suo decesso viene annunciata e propagata di bocca in bocca con le parole: È morto il medico santo . Queste parole, che riassumono tutta la vita del Moscati, ricevono il suggello ufficiale della Chiesa quando, nel corso dell’Anno Santo, il 16 novembre 1975 il Prof. Giuseppe Moscati viene beatificato da Papa Paolo VI e, il 25 ottobre del 1987, viene dichiarato Santo, a 60 anni dalla sua morte, da Papa Giovanni Paolo II.