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Il futuro dell’Artigianato alimentare

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Il futuro del settore agroalimentare sarà l’argomento del convegno regionale che si terrà venerdì a Firenze, promosso da Regione, UnionCamere, sindacati e associazioni dell’artigianato. E proprio due dirigenti regionali e provinciali di Cna e Confartigianato saranno tra i relatori: Alfredo Landucci, Presidente CNA Alimentare Toscana e Giovan Battista Donati, Presidente Confartigianato Alimentazione Toscana non-ché Presidente provinciale dell’associazione.
Il convegno farà il punto sulle sfide che attendono in settore in Toscana: valorizzare il binomio qualità ar-tigianale/agricoltura regionale; rafforzare l’offerta alimentare artigiana attraverso un coordinamento sul fronte della logistica e degli approvvigionamenti; investire in tecnologie, formazione e azioni di marke-ting. L’analisi farà leva sui risultati della ricerca dell’Osservatorio Regionale Toscano sull’Artigianato, condotta da ARTEX per definire un quadro dei comportamenti imprenditoriali e della struttura del settore alimentare della regione. Un comparto rappresentato da poco più di 4.200 piccole imprese, per lo più a conduzione familiare, con concentrazione di panettieri, pasticceri e produttori di paste alimentari – ancora limitato sul piano formativo, organizzativo, interorganizzativo e di marketing.
“L’indagine – ricorda Alfredo Landucci – ha evidenziato punti di debolezza, di forza e potenzialità del settore. Un panorama costituito, soprattutto, da una serie di microimprese che, grazie alla copertura di un servizio “locale di prossimità”, sono riuscite a sopravvivere sul mercato superando difficoltà concorrenziali, ma sempre con il rischio di restare in una posizione di marginalità”.
Si tratta quasi sempre di imprese familiari, non strettamente individuali, dove l’artigiano fa tutto. In media, un’imprenditoria giovane, tra i 31-45 anni, con un livello di istruzione non elevato (più della metà non su-pera la licenza dell’obbligo) e con una esperienza lavorativa che proviene dal settore alimentare.
“Le aziende – sottolinea Giovan Battista Donati – pensano di soddisfare una missione che associa la soddisfazione del piacere e del gusto, secondo tradizione, con la genuinità e la sicurezza dei prodotti artigiani. A questo obiettivo si raccordano quelli specifici dell’attività aziendale, prevalentemente obiettivi economici (61% delle aziende), il che appare ovvio, anche se viene privilegiata la categoria del reddito quasi sempre in combinazione con altri obiettivi (49%) rispetto a quella del profitto di impresa senza altre combinazioni (12%) che caratterizza soprattutto le aziende più grandi. La valorizzazione di prodotti agro-alimentari integrati ha generato, all’interno delle nostre Associazioni la necessità di proseguire il percorso di richiesta di marchi di origine protetta – prosegue Donati – basti ricordare la positiva esperienza del pane. La necessità e il “bisogno” di qualità da parte del Consumatore rappresenta un aspetto essenziale nel raggiungimento degli obiettivi delle Imprese. Pertanto la conseguente politica delle Associazioni di categoria e della Regione Toscana mai come oggi deve percorrere quel in grado di individuare tutte quelle strategie per la valorizzazione delle proprie produzioni tipiche in grado di rendere il territorio toscano un vero e proprio punto di riferimento dell’economia nazionale.”
Le imprese artigiane toscane sembrano scarsamente orientate ad affrontare mercati più ampi. Tuttavia questa dimensione esportativa dipende molto dal tipo di attività che si presta o meno ad affrontare gran-di distanze. La propensione ad allargare la propria area geografica d’affari è assai spinta nella lavorazione dell’ortofrutta, produzione formaggi, biscotti e anche prodotti gastronomici come olio e vino. Le aziende rivolte anche all’esportazione si trovano soprattutto nelle classi della cioccolateria, pasta alimentare, pasticceria fresca; talvolta per le carni.
Di contro si fermano al mercato provinciale, la panetteria, e al regionale, la produzione di gelati.
“In sintesi dallo studio dell’Osservatorio si evince – concludono Donati e Landucci – che nelle imprese artigiane sta maturando la consapevolezza della necessità del passaggio dalla microimpresa alle aziende di media e di maggiore dimensione. Il quadro che scaturisce è quello di un settore reattivo alle oppor-tunità della domanda e con un certo attivismo di sviluppo, ma molto ancorato ad una visione strutturale delle aziende, con azioni limitate sul piano formativo, organizzativo, interorganizzativo e di marketing, che frenano una visione più ampia delle relazioni con il mercato.
Le politiche di intervento dovranno pertanto essere riconsiderate con le capacità delle imprese artigiane di stare sul mercato in rapporto alla sua dimensione geografica, ai suoi sbocchi commerciali., facendo leva sul riferimento all’agricoltura locale per aprire orizzonti più ampi”