Home Cronaca LAV: ‘Rapporto Zoomafia 2007, business da 3miliardi di euro l’anno

LAV: ‘Rapporto Zoomafia 2007, business da 3miliardi di euro l’anno

0
LAV: ‘Rapporto Zoomafia 2007, business da 3miliardi di euro l’anno

ROMA – Un giro d’affari stimato dalla LAV in circa 3 miliardi di euro: questa la cifra che emerge dal “Rapporto zoomafia 2007”, che analizza lo sfruttamento illegale di animali ad opera della criminalità organizzata nel 2006, presentato oggi dall’autore Ciro Troiano (responsabile dell’Osservatorio nazionale Zoomafia della LAV) presso la Camera dei Deputati, con la partecipazione del’On. Francesco Forgione (Presidente della Commissione parlamentare antimafia) e di esponenti del mondo politico, giudiziario e delle forze dell’ordine. Per l’occasione, il Presidente del Senato Franco Marini ha espresso il suo “apprezzamento per l’attività svolta dalla LAV nell’approfondire la conoscenza dei traffici illegali di cui gli animali sono vittime, contribuendo in tal modo a bloccare la diffusione nel nostro territorio di nuovi sistemi di guadagno delle organizzazioni criminali”.

Corse clandestine di cavalli e infiltrazioni criminali nel settore dell’ippica si confermano i campi in cui la criminalità organizzata sembra concentrare sempre più il suo interesse: un “settore”, quello delle corse, che da solo produce un business stimato in circa 1 miliardo di euro. Nel 2006 sono state bloccate dalle forze di polizia 7 corse illegali, sequestrati 143 cavalli, denunciate 273 persone e 53 arrestate. Inchieste che hanno portato anche al sequestro di un ippodromo, 3 maneggi e oltre 10mila confezioni di farmaci e sostanze vietate usate per dopare gli animali coinvolti, drogati e costretti a correre su improvvisati e pericolosi circuiti stradali urbani, spesso all’imbrunire o di notte. E il doping, oltre che nelle gare clandestine, e in molte gare ufficiali, si è dimostrato essere frequentemente utilizzato anche nelle corse su circuiti cittadini, come i palii e le corse associate a feste padronali, ad opera delle stesse organizzazioni malavitose che gestiscono le gare clandestine.

Grande preoccupazione desta il fenomeno della cosiddetta “Cupola del bestiame” e dei reati ad essa connessi, che vanno dalle truffe ai danni dell’Erario, dell’UE e dello Stato, al traffico illegale di medicinali, dal furto di animali da allevamento, alla falsificazione di documenti sanitari, fino ai gravissimi reati di procurata epidemia e diffusione di malattie infettive, attraverso la commercializzazione di carni e derivati, provenienti da animali malati. Un business con un fatturato annuo di almeno 400 milioni di euro, che in alcune regioni gestisce un vero e proprio mercato parallelo di carni, con la complicità di venditori disonesti e veterinari pubblici collusi grazie ai quali la macellazione illegale può avvenire addirittura nei macelli pubblici o convenzionati. Parallelo ma contiguo al mercato clandestino di carne, il fenomeno dell’abigeato, il furto di bestiame, che interessa circa 100mila animali ogni anno. Altro settore di interesse della “Cupola” è quello delle sofisticazioni alimentari. Alcuni casi emblematici: in uno stabilimento di trasformazione alimentare della provincia di Cuneo, ad esempio, sono state sequestrate oltre 70 tonnellate, tra cotenne e gelatine alimentari di origine suina, non idonee al consumo umano; mentre nel corso di un’altra inchiesta, i Carabinieri del NAS hanno stroncato un traffico di micidiali cocktail di medicinali, anche guasti, venduti in nero e somministrati senza nessun controllo o cautela ai bovini poi mandati alla macellazione. Solo per le farmacie coinvolte il giro d’affari in nero era di 65 mila euro al mese. Sono stati sequestrati 20 mila confezioni di farmaci veterinari e un ingente quantitativo di sostanze anabolizzanti, per un valore totale di 800 mila euro.

Assume sempre più i connotati dell’attività criminale organizzata il fenomeno del bracconaggio, che coinvolge non solo i bracconieri ma anche trafficanti di armi modificate, coloro che affittano postazioni di caccia e coloro che commerciano gli animali, sia animali vivi (nei mercati abusivi di fauna selvatica, come quello di Ballarò a Palermo e di Via Brecce a Sant’Erasmo di Napoli, dove ogni settimana sono venduti centinaia di uccelli per un introito per mercato di circa 250.000 euro l’anno) che morti (la vendita di animali imbalsamati e il traffico di fauna per l’alimentazione umana, muovono un giro d’affari di circa 5 milioni di euro).
Molto fiorente il traffico illecito di fauna esotica protetta, che interessa circa un terzo di quello legale, con un business quantificabile in circa 500 milioni di euro l’anno: avorio, pappagalli, tartarughe, ma anche caviale e farmaci cinesi contenti sostanze derivanti da animali protetti. In tre distinte operazioni il Corpo Forestale dello Stato ha sequestrato più di 23.000 confezioni di cerotti cinesi preparati con parti di leopardo e cervo, per un valore commerciale di circa 50.000 euro, 277 borse e portafogli di pelle di pitone e varano, per un valore commerciale di circa 10.000 euro, oltre cento pelli intere di coccodrillo, alligatore, tegu argentino e varano, nonché circa trecento chili di pezzi di pelli delle stesse specie, per un valore complessivo di circa 50.000 euro.

Cresce il traffico di cani importati dai Paesi dell’Est: circa 30 mila cuccioli importati illegalmente ogni anno in Italia. Stabile ma sempre allarmante il business legato alla gestione di canili “lager” (strutture spesso sovraffollate e inadeguate sotto l’aspetto igienico sanitario e strutturale) e il business sui randagi che garantisce agli sfruttatori di questi animali introiti stimati intorno ai 500 milioni di euro l’anno, grazie a convenzioni con le amministrazioni locali per la gestione dei canili.

Il fenomeno della cinomachia è animato da nuovi e pericolosi intereressi come l’esportazione dei cani verso i Paesi dell’Est dove le leggi su tale materia sono meno severe. 8 le persone denunciate in Italia nel 2006, tra cui un pregiudicato per reati specifici e 3 minorenni, per organizzazione di combattimenti tra animali o allevamento-addestramento di animali ai combattimenti, e 3 interventi delle forze di Polizia che hanno portato al sequestro di 7 pit bull. Rispetto ad alcuni anni fa il fenomeno della cinomachia sembra ridimensionato, come confermerebbe anche la diminuzione delle segnalazioni di lotte tra cani giunte al numero LAV SOS Combattimenti 848.588.544: poco meno di 30 (e di scarso rilievo) quelle ricevute nel 2006. Ciò è dovuto in parte alla riforma del Codice penale in materia di maltrattamenti (Legge 189/04) che prevede per tali reati la reclusione fino a 3 anni e multa fino a 160.000 euro, “costringendo” coloro che gestiscono le scommesse sulle lotte tra cani a una maggiore precauzione.

Il mare, saccheggiato dalle organizzazioni criminali, muove un giro di affari annuo di circa 300 milioni di euro attraverso il traffico di datteri di mare, o di ricci, destinato al mercato clandestino di ristoratori compiacenti, all’uso delle “spadare” (reti lunghe anche 20 chilometri, al bando dal 2002, che fanno strage di pescespada e di specie protette come delfini, tartarughe, capodogli, usate ancora a centinaia): nel 2006 sono state sequestrate più di 800 chilometri di reti spadare (pari alla distanza tra Milano e Napoli). Senza sosta la “guerra” che si combatte nella laguna veneta tra “caparozzolanti” (pescatori di vongole) e forze dell’ordine, che ha portato all’arresto di circa 50 persone in un anno, coinvolte in un giro d’affari che frutta a una sola barca circa 500 euro a notte, e presuppone un’organizzazione capace di gestire la commercializzazione del pescato. Introiti notevoli: basti pensare che in un anno, una sola società di pescatori è stata capace di immettere sul mercato un milione e 500 mila chili di vongole avvelenate, per un valore commerciale di 10 milioni di euro.

"I traffici criminali contro gli animali sono una vera e propria ‘industria’ dello sfruttamento e della violenza, realizzata con modalità spesso sofisticate ed elaborate – sostiene Ciro Troiano, responsabile dell’Osservatorio Zoomafia della LAV – Uno degli aspetti più preoccupanti è rappresentato dal fatto che i delitti contro gli animali sono sempre più spesso reati associativi, ovvero perpetrati da gruppi di individui legati da vincolo associativo finalizzato alla commissione di crimini connessi allo sfruttamento economico e materiale di animali o di parte di essi. Non ci riferiamo – continua Troiano – esclusivamente ai reati zoomafiosi classici come i combattimenti tra animali o le corse clandestine, ma anche a forme di maltrattamento meno rozze e meno sospette come il commercio e l’importazione di animali, il racket dell’accattonaggio con animali, la gestione di canili, la vendita di animali imbalsamati, gli allevamenti abusivi. Anzi, alcune tipologie di maltrattamento sono intrinsecamente consociative e trovano la loro consumazione solo sotto forma di evento programmato e organizzato. Sotto questo aspetto, il sodalizio diventa il presupposto necessario per concretare il maltrattamento. Per questo sono necessari l’attenzione, il contrasto e l’intensificazione delle attività investigative di tutti gli organi di polizia”.