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Roberto Benigni torna ad Arezzo. “TuttoDante” è un successo

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Roberto Benigni torna ad Arezzo. “TuttoDante” è un successo

AREZZO – Dante torna ad Arezzo con Benigni. E' successo ieri sera, a partire dalle 21.30, nello stadio comunale, trasformato in teatro sotto le stelle. « Dopo quello che è successo all'Arezzo, ingiustamente retrocesso in serie C, allo stadio ci faremo solo gli spettacoli!». Rompe li ghiaccio così Benigni non appena terminata la sua classica carambola di saluto attraverso il palcoscenico.
«Ma vi garantisco che l'Arezzo tornerà in serie A in un anno solo! Credetemi! Mi direte “ma non esiste”. Fidatevi, in Italia tutto è possibile: anche Berlusconi è stato cinque anni Presidente del consiglio». Gioviale, Benigni saluta tutto il pubblico della “sua” Arezzo, soffermandosi volentieri sulle autorità: ringrazia l'assessore Brezzi, il sindaco Fanfani «un uomo sicuramente fuori dal Comune, specialmente stasera; uno dei più grandi esegeti di Dante del mondo. Ormai si va in tournèe insieme, domani siamo a Grosseto»; infine Sua Eccellenza il Vescovo Gualtiero Bassetti
«non posso benedire il Vescovo, ancora non mi è stata data questa possibilità, ma faccio quel che posso». Scherza con tutti Benigni senza esagerare, con l'innata classe dell'artista contemporaneo che vede e giudica tutto.
L'attualità politica è presto introdotta da Andreotti, «l'unico contemporaneo di Dante ancora rimasto in vita», salvatore della patria e del governo Prodi. Ed è un Prodi in ginocchio quello dipinto da Benigni, in ginocchio davanti alla Madonna del Conforto «ti prego Madonnina, fammi campà i senatori a vita altri cinqu'anni», un Prodi preoccupato per la salute di Rita Levi Montalcini che urla al ministro Bersani di liberalizzare immediatamente la vendita dei farmaci.
Spigliato e disinvolto, Benigni satireggia volentieri su tutto il teatrino della politica italiana, ficcando strali a destra e sinistra senza remore. Catturato dagli istinti del basso ventre, il monologo di Benigni si fa incalzante mentre passa in rassegna tutti i più recenti scandali italiani: calciopoli, vallettopoli, i furbetti del quartierino, le intercettazioni telefoniche, le prostitute di Vittorio Emanuele, persino i topi cocainomani nelle fogne di Firenze sono tutti accomunati dal grande peccato strisciante della lussuria, tema che affiora con sempre maggiore insistenza fra le pieghe del monologo.

E' in questo morboso quadro della società italiana che Benigni presenta l'attualità di Dante e della sua poesia, una poesia che parla all'uomo di sé stesso e della sua umanità, di tutta la sua umanità perchè Dante è un «poeta totale». «Dante ha scritto questo poema per gli occhi di una donna, l'ha scritto tutto per amore!» perchè la poesia è «estensione del nostro spirito» ed è grazie a questa estensione che i poeti sono in grado di inventare i sentimenti, proprio come Gesù Cristo ha inventato la pietà e la carità.
E' incredibile sentire parlare così dell'uomo e della poesia uno che fino all'altro ieri cantava “l'inno del corpo sciolto” alle feste dell'Unità: Benigni ha scoperto la bellezza e ne è stato completamente rapito, al punto che non può più nasconderlo perchè Benigni è cambiato, si è “ravveduto” come lascia intendere con una mezza frase in mezzo alla stupenda tirata contro gli ignavi dell'antinferno.

Dopo gli scherzi e la satira sempre pungente, il centro della serata diventa il V° canto dell'Inferno dantesco, introdotto con una lezione magistrale del “nuovo” Benigni, un artista, non certo un comico, innamorato della vita, delle passioni, del genio, dell'uomo. E' l'amore li vero protagonista, questa immane potenza che smuove persino le montagne, ma di più muove addirittura il cuore di Dio perchè «Dio ha aspettato da sempre la Madonna, dall'eternità la aspettava e ne è rimasto così affascinato, così innamorato al punto di volersi fare carne dentro di lei!». Nonostante tutto sia sovrastato dal buio dell'aria infernale, la forza dell'amore traspare dalla voce di Benigni che recita a memoria, solo contro la scenografia rossa, il canto di Paolo e Francesca. Sospiri e lacrime diventano reali dentro il dramma dei due amanti, settecento anni vengono bruciati in un istante e resta Dante a parlare solo davanti al microfono. Affaticato dall'incessante ricordo di quello strazio, il poeta arranca sempre più lentamente nella narrazione sinchè un pianto commosso, irrefrenabile, non gli rompe la voce poco prima della fine.
Tutti in piedi per sfogarsi nell'applauso, tutti con le lacrime agli occhi: grazie Roberto.

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Articlolo scritto da: Sandro Farinelli