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Ruscelli interviene sui costi della politica

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Ruscelli interviene sui costi della politica

AREZZO – Nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha fatto un forte e preoccupato richiamo al pericoloso «calo di prestigio e credibilità delle istituzioni». E’ questa una preoccupazione che mi sento di condividere integralmente. Siamo arrivati al punto in cui ormai non è più rimandabile per le istituzioni del nostro Paese (governo, regioni, province, comuni), l’impegno a lavorare di comune accordo per fissare nuove regole di funzionamento della macchina pubblica con l’obiettivo della qualità, dell’efficienza e del buon uso delle risorse, una vera e propria “autoriforma” del sistema in cui ciascuno sia chiamato a fare la propria parte assumendosi la propria quota di responsabilità; è necessario innescare un processo virtuoso che porti “tutte” le istituzioni della Repubblica, a pesare meno ma a contare di più: distinguendo meglio le funzioni e le competenze, eliminando sovrapposizioni, tagliando sprechi, nella sostanza ottimizzando la macchina amministrativa nell’interesse dei cittadini.
Lavorare, quindi, nella direzione di una “road map” della riduzione dei costi della politica, approvando una serie di provvedimenti efficaci e funzionali in grado di rispondere a quel vento di antipolitica trasversalmente diffuso tra i cittadini che ha superato i livelli di guardia e rischia di trasformarsi in una tempesta per tutto il sistema paese.
Dovremmo innanzitutto evitare quell’approccio largamente demagogico secondo il quale il problema dei costi della politica si risolverebbe essenzialmente sopprimendo a turno alcuni dei vari livelli istituzionali su cui è strutturato il paese; stiamo assistendo ad una sorta di “corsa all’individuazione del livello istituzionale più inutile” che rischia di omettere dal dibattito il problema vero del nostro paese, ovvero l’esigenza di attivare in Italia un processo “reale” di modernizzazione politica, istituzionale, economica, sociale che parta dalla politica ma che si riferisca a tutti i livelli del sistema paese.
Tra i vari enti dei quali ciclicamente si propone la soppressione vi sono anche le Province.
Prima di emettere sentenze frettolose sull’utilità o meno di questo livello istituzionale sarebbe opportuno che alcuni Sindaci di grandi città, alcuni Presidenti di Regione e anche qualche Ministro provassero ad ascoltare meglio i territori e le comunità, girando un po’ più quell’Italia che non è fatta solo di grandi metropoli, ma anche e sopratutto di tante piccole realtà che trovano nella Provincia l’istituzione storica di riferimento, in grado di costruire quella rete di sostegno al sistema locale intorno ai temi dell’economia, dello sviluppo, della cultura, della tutela dell’ambiente e dei diritti di cittadinanza. Enti come l’amministrazione Provinciale di Arezzo che in questi anni si è guadagnata sul campo il ruolo di punto di riferimento politico-istituzionale per tutto il territorio provinciale ponendo in essere una moltitudine di azioni a sostegno del suo sviluppo e della sua promozione, dell’innovazione tecnologica, delle infrastrutture, della formazione, della tutela dell’ambiente. Queste azioni saranno ben evidenziate dal prossimo Bilancio Sociale e rappresentano un modello di governo, di buon governo, che ha fatto della centralità del territorio e della concertazione le linee direttrici della propria governance.
Tema di confronto molto più utile per il paese sarebbe, invece, quello di una riforma degli Enti Locali che delegasse alle Province ancora più competenze rispetto a quelle che hanno oggi delegate. Siamo infatti in un sistema che ha nella dimensione del territorio della provincia il suo punto di riferimento. Le associazioni di categoria, le camere di commercio, i sindacati, i provveditorati, le prefetture (l’elenco sarebbe lungo) sono organizzate a livello provinciale; la sanità, ad esempio, potrebbe avere nelle Province un soggetto di coordinamento sovracomunale importante.
La politica sta attraversando un fase di crisi profonda; questo è un rischio per la tenuta del Sistema democratico; dobbiamo, quindi, accellerare sulla nostra capacità di autoriforma, investendo su un sistema democratico partecipato ed efficiente;la politica deve nella sostanza “cambiare se stessa per cambiare tutto il paese”; questo perché come ha scritto in un recente editoriale di Repubblica Ezio Mauro, abbiamo solo due strade per cercare di uscire dalla crisi politica e non solo che è sotto gli occhi di tutti. La prima, è quella di denunciare, là dove vi sono, i ritardi e gli abusi della classe dirigente – tutta – lavorando per una riforma del sistema che è necessaria e urgente, ma che forse è ancora in tempo per salvare le istituzioni dal collasso e per evitare che l'antipolitica diventi il sentimento prevalente del Paese. La seconda, è quella di puntare direttamente sul collasso del sistema, vellicando l'antipolitica per arrivare se non a una seconda ribellione popolare in quindici anni, almeno a una delegittimazione dei poteri democratici.
A noi, tutti, la scelta.