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Sacfem: ultimi giorni di mostra e ultime copie del catalogo

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Sacfem: ultimi giorni di mostra e ultime copie del catalogo

AREZZO – Grande affluenza di pubblico: superato ampiamente il migliaio di presenze e forte attenzione da parte delle scuole. In fase di esaurimento, a conferma del successo dell’iniziativa, le copie del catalogo curato, come la mostra, dalla società La Piramide sotto la direzione del professor Ivan Tognarini, Coordinatore del Comitato Scientifico per le celebrazioni.
La mostra sulla Sacfem si è confermata, secondo le previsioni, un successo. Chiuderà i battenti, nella Galleria comunale d’arte contemporanea, il 20 novembre.
Il “fabbricone” è ancora ben vivo nella memoria degli aretini e l’operazione culturale realizzata è stata in grado non solo di far “rivivere” attraverso le immagini la storia di una fabbrica che oggi avrebbe un secolo esatto di vita ma anche di stimolare la ricerca storica e scientifica. Il Comitato è infatti al lavoro per nuove iniziative. Quindi conferenze e la pubblicazione di una monografia dedicata alla Sacfem.
Il catalogo che si avvia ad esaurimento contiene non solo le immagini ma anche una ricostruzione delle vicende storiche del Fabbricone.
“La Società Anonima Costruzioni Ferroviarie e Meccaniche – scrive Tiziana Nocentini – apre i battenti nell’ottobre del 1907: è la prima grande industria aretina e sorge nell’immediata periferia della città. Durante gli anni della Grande Guerra, fu dichiarato stabilimento ausiliario per la lavorazione, commissionata dallo Stato, di parti per aerei e materiale bellico. Alla fine del conflitto il lavoro si ridusse notevolmente ed iniziò una fase di crisi che portò il 3 settembre del 1920 a issare sulla ciminiera più alta dello stabilimento una bandiera rossa ”.
Nel 1933 l’azienda, sull’orlo del fallimento, veniva assorbita dalla Bastogi. Iniziò così la produzione di carrelli utilizzati per trasportare carrozze ferroviarie insieme a ponti stradali, gru e travi da varo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale furono ricostruiti gli impianti danneggiati per i bombardamenti e attività venne ripresa a pieno ritmo visto che la rete ferroviaria doveva essere riparata dai danni subiti durante il conflitto.
“Nei primi anni Sessanta – prosegue Tiziana Nocentini – la produzione del materiale ferroviario fu ridotta del 36% con la conseguenza della messa in cassa integrazione di 120 operai. Tutta la città, compresa la Giunta Comunale, si schierò a fianco degli operai scesi in piazza per scioperare. Grazie all’intervento dell’Amministrazione comunale lo stabilimento riusciva poi ad ottenere nuove commesse statali. Con l’approvazione del nuovo piano regolatore del 1965 l’area occupata dallo stabilimento veniva destinata a verde pubblico e ad edilizia residenziale e la fabbrica avrebbe dovuto trasferirsi nel quartiere industriale di Pescaiola”.
E il trasferimento avvenne in un area di 186.440 metri quadrati vicino al raccordo autostradale in località Pescaiola ma nel settembre del 1974 fu annunciata la cassa integrazione di due anni per 250 dipendenti e nel 1978 la Bastogi mise in liquidazione lo stabilimento.
“Il Ministero dell’Industria – conclude Nocentini – appoggiò la costituzione di una nuova società, poi chiamata “Nuova Sacfem”, a patto che fossero riassorbite le 500 unità in cassa integrazione, entro il 1980. Ma nei primi mesi del 1983 il presidente della Nuova Sacfem presentava la domanda di amministrazione controllata per lo stabilimento. A seguito della notizia gli operai cessavano immediatamente le lavorazioni e bloccavano le strade adiacenti lo stabilimento. Il 13 giugno il Tribunale di Arezzo dichiarava fallita la Nuova Sacfem. I 500 dipendenti si ritrovavano disoccupati”.