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Gambacci: ‘grave crisi per il comparto del legno arredo’

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Gambacci: ‘grave crisi per il comparto del legno arredo’

AREZZO – A rischio ci sono 2000 posti di lavoro nelle circa 500 aziende dislocate in totale fra la parte toscana e quella umbra della vallata, che insieme danno vita al terzo polo d’Italia per dimensione territoriale e concentrazione di imprese dopo la Brianza e il Veneto, in particolare il Trevigiano. Una crisi che investe il mobile classico, nella cui produzione è specializzato il 90% delle ditte presenti nel comprensorio altotiberino. Il trend attuale è spiegato da Domenico Gambacci, l’imprenditore di Sansepolcro che dello specifico settore è presidente all’interno di Confartigianato Imprese Arezzo e consigliere nazionale nell’ambito della Federazione di categoria: “E’ in assoluto una fra le peggiori fasi congiunturali che stiamo vivendo. I picchi sono stati toccati nel 2005 e nel 2006; il 2007 è stato un anno di stabilizzazione, ma molte aziende sono ormai arrivate alle soglie del collasso, a causa degli attacchi alla concorrenza portati dai Paesi emergenti (Cina su tutti) e da realtà commerciali che delocalizzano sempre più la produzione nelle zone dell’est europeo. Il fatto che anche l’edilizia segni il passo accentua poi il contesto di riferimento, estendendo le conseguenze alle realtà che producono gli infissi, già alle prese con chi li fabbrica in materiali alternativi, pvc e alluminio. Non dimenticando l’altro fattore che si inserisce in contemporanea: la scarsa liquidità delle famiglie dovuta ai redditi che faticano sempre più a tenere il passo con il costo della vita. Giungere con affanno alla fine del mese e non riuscire a fronteggiare il pagamento delle rate dei mutui significa in automatico limitarsi a soddisfare i bisogni primari e risparmiare al massimo sul resto, a scapito anche della qualità. Quello del legno divide con la tipografia il ruolo di comparto trainante dell’economia della vallata – sottolinea Gambacci – per cui ha bisogno di interventi urgenti da parte delle pubbliche istituzioni e di associazioni economiche quali appunto Confartigianato per evitare la perdita, oltre che di occupazione, anche di posti di lavoro e di cultura del territorio”. Quali rimedi sono allo studio per cercare di invertire la tendenza? “La crisi del comparto è stata analizzata nell’ambito del recente consiglio nazionale di federazione tenutosi a Milano e Confartigianato si sta attivando a tutti i livelli per individuare le opportune soluzioni, sollecitando i livelli politici e istituzionali e divulgando alle aziende i nuovi input: riconversione delle produzioni, innalzamento della qualità produttiva, rinnovamento delle tecnologie dentro le proprie falegnamerie e ricerca di nuovi mercati. Oggi non si può più pensare di stare in bottega ad aspettare il cliente: bisogna andare a intercettarlo fuori. In questi anni, la figura dell’artigiano è stata demonizzata e vessata da pregiudizi, in quanto chi appartiene a questa categoria è considerato un grande evasore fiscale, mentre è proprio l’artigianato a costituire la linfa vera dell’economia italiana, ragion per cui invitiamo fin da ora chi uscirà vincitore dalle prossime elezioni del 13 e 14 aprile a promuovere azioni immediate di protezione verso il nostro ambito, non dimenticando che finora si è parlato in continuazione di industria con il risultato di trovarsi davanti a fardelli quali la crisi della Parmalat”. E’ il caso comunque di mantenere l’ottimismo? “Sì, purchè si apra un tavolo comune a tutti i livelli per scongiurare un’eventualità che sarebbe un dramma per il nostro comprensorio”.