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Inaugurato l’Istituto storico sull’eccidio della Divisione Acqui

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Inaugurato l’Istituto storico sull’eccidio della Divisione Acqui

AREZZO – Un contributo alla storia della Resistenza come realmente si sviluppò dall’8 settembre del 1943 al 25 aprile 1945 e, nello stesso tempo, un richiamo essenziale allo studio dei documenti nel momento in cui si approfondisce un periodo cruciale per la storia dell’Italia: questi in sintesi i passaggi principali dell’intervento con il quale il presidente del Consiglio regionale della Toscana, Riccardo Nencini, ha concluso la cerimonia di inaugurazione del nuovo Istituto storico autonomo della Resistenza dei militari italiani all’estero che si è svolta oggi nei locali della Facoltà di lettere e filosofia di Arezzo. Secondo il presidente dell’Assemblea toscana, infatti, “non dobbiamo temere il revisionismo storico purché si fondi su documenti, fonti e carte, mentre l’unica cosa sulla quale non può fondarsi è la politica”. La ricerca della verità dei fatti di quegli anni non significa “minori responsabilità nazi-fasciste su quello che accadde, responsabilità che
rimangono intere”, ha aggiunto Nencini sottolineando che “le riletture recenti del sindaco di Roma e del ministro della difesa sono senza fondamento”: “Dobbiamo piangere i morti, ma la morte non arriva a
cancellare la responsabilità delle scelte che rimangono comunque personali”, ha detto ancora il presidente.
Il nuovo Istituto, ospitato nella palazzina dell’Orologio della Facoltà aretina, ospita l’archivio storico che documenta il sacrificio della divisione Acqui i cui soldati, dopo l’8 settembre, a Cefalonia e Corfù, scelsero di rimanere fedeli al giuramento e morirono in nome della patria e della libertà, in quello che il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi definì il primo atto della Resistenza di un’Italia libera dal fascismo.
“Storie come queste – ha spiegato Nencini – contribuiscono ad allargare la base della Resistenza che all’inizio non fu un’armata larghissima: nei primi anni, più duri, ci furono scelte difficilissime di pochi ai
quali tuttavia vanno aggiunti i parroci, le donne e i militari italiani all’estero, a Cefalonia, a Corfù e in tante altre aree del Mediterraneo”.
L’Istituto, il primo in Toscana che si occupa esplicitamente della resistenza dei militari italiani all’estero, è il
frutto della collaborazione fra la Facoltà di lettere di Arezzo e l’Associazione Divisione Acqui che ha donato 69 faldoni che raccolgono fotografie, lettere, documenti, reperti delle migliaia di militari che morirono nelle isole greche. La documentazione è stata riordinata e inventariata da Lucilla Gigli e Linda Giuva dell’Università di Siena. “Un episodio che non ha trovato ancora una collocazione sicura nella
memoria nazionale – ha detto Camillo Brezzi, preside della Facoltà – e che registra una forte ripresa di interesse per conoscere meglio gli uomini della divisione Acqui”. La documentazione che viene messa a
disposizione degli studenti è particolarmente importante – ha aggiunto Brezzi – perché “la complessità della vicenda rende delicata la ricerca della verità”. Graziella Bettini, insegnante aretina, presidente nazionale dell’Associazione Acqui ha confermato l’impegno “perché soprattutto i giovani non perdano la memoria di quanto accaduto e perché sappiano sempre interpretare il passato per vivere consapevolmente la memoria del futuro”. Nel corso della cerimonia è stato presentato anche il volume “Si combatte contro i tedeschi – la Divisione Acqui a Cefalonia e Corfù”, a cura di Camillo Brezzi.
Il Consiglio regionale della Toscana è stato una delle prime istituzioni a sollecitare il recupero della memoria dell’eroismo dei militari italiani, dopo 50 anni di oblio, come ha rilevato il presidente Nencini. Nel 2003 l’Assemblea toscana concesse il Gonfalone d’Argento ad Amos Pampaloni, ufficiale della Divisione Acqui, “il simbolo di molti soldati italiani che allora fecero la scelta giusta”. Nel 2004 fu edito dal Consiglio il libro “La memoria del futuro”, curato dai figli di due ufficiali decorati alla memoria: Elio Bettini (‘medaglia d’
oro’, che prima della guerra aveva avuto incarichi militari ad Arezzo ed a cui la città ha dedicato una via) e Francesco De Negri (‘medaglia di bronzo’).