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La “domus” della Dea Minerva giorno di San Lorenzo

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La “domus” della Dea Minerva giorno di San Lorenzo

Nel primo secolo dopo Cristo, Arezzo era una delle più importanti città dell'impero romano. La città di Mecenate inviava la sua ceramica rossa corallina a Roma, in ogni parte della penisola fino ai confini più lontani dell'impero. I grandi capitali economici ricavati dalle fabbriche di ceramica, venivano impegnati nello sviluppo della agricoltura in Valdichiana e nei profondi cambiamenti urbanistici di Arezzo. In quel secolo fu costruito un grande Teatro sulle pendici meridionali del colle. Accanto al teatro, più a valle furono edificate grandiose e solenni Terme pubbliche, dove l'acqua arrivava con una ardita conduttura idraulica da Poti e dal poggio di Camaiano.
Nelle Terme furono collocati opere di arte con grande valore simbolico: l'ara “lupercale” quale segno della forza e della potenza degli “ Aretini Julienses”, come simbolo della unione di Arezzo con Roma. Nelle Terme dominava un imponente mosaico raffigurante Nettuno col tridente alla guida di un cocchio a forma di conchiglia condotto da quattro cavalli neri. (Queste opere sono oggi custodite nel museo archeologico di Arezzo). Accanto al Teatro e alle Terme, verso il Cardo massimo ( strada principale con direzione nord-sud) furono costruite splendide dimore, poste su terrazzamenti degradanti verso il fiume Castro. La statua della Minerva ornava una di queste dimore patrizie. Una “ domus” di 30 metri di lunghezza e 25 metri di larghezza. Aveva marmi verdi orientali. Colonne in granito, mosaici con piastrelle bianche, nere e in pasta vitrea colorata. Era un edificio ricco ed elegante, costruito in una posizione privilegiata e panoramica, affacciata sulla vallata verso Bagnoro. Dalla domus si vedeva molto bene il grande tempio di Giunone ( Castelsecco). Aveva pavimenti con mosaici e le pareti erano decorate da intonaci dipinti. In questa area delimitata dal cardo massimo (attuale Piaggia di San Lorenzo) dal decumano (attuale via Conlcitrone) e dalle Terme, l'Arezzo Romana del primo secolo dopo Cristo esprimeva il suo orgoglio municipale, il suo forte e riconosciuto legame con Roma. In questa area erano costruiti edifici pubblici e privati di rango. In una di queste patrizie residenze si trovava la statua della Minerva che noi oggi vediamo. La statua esprimeva il gusto del bello, della qualità della vita che si conduceva ad Arezzo in quel tempo. Esprimeva la “privata luxuria et magnificentia” della domus.
Non si può comprendere appieno il valore artistico e storico della statua di Minerva se non si conosce l'Arezzo Romana.
Nel tempo la domus venne distrutta e la statua rovinata cadde o fu gettata nel pozzo profondo oltre 30 metri, scavato all'interno della stessa domus. Là rimase per secoli. Sopra i resti della domus fu costruita una chiesa intitolata a San Lorenzo. Il pozzo non fu distrutto ne interrato, ma venne inglobato nel pavimento della chiesa. Nel pozzo venne ritrovata la statua cinque secoli fa e portata a Firenze, come avvenne anche per la Chimera. La Chiesa fu intitolata a San Lazzaro nel ricordo del suo martirio sulla graticola infuocata, in quanto nella zona c'era pure una fonderia per il bronzo.
Il toponimo “ Colcitrone” deriva da una antica parola greca, che significa “luogo della fusione dei metalli”.
Il fuoco e l'acqua sono i due caratteri dominanti della intera area. Così la chiesa di San Lorenzo durante il medioevo divenne la chiesa dei fornai e del mugnai.
Per conoscere appieno la storia di uno dei luoghi più importanti della città, per rivivere la storia della statua della Minerva incardinata nella Arezzo Romana e per recuperare la secolare tradizione della chiesa dei fornai e dei mugnai, la Associazione “ Terra di Arezzo” ha organizzato una conferenza storica domenica 10 Agosto ore 21.30 ,giorno di San Lorenzo, nello slargo di Via Colcitrone, Arezzo.

Partecipano:
– Don Alvaro Bardelli, Parroco della Cattedrale
- Pier Luigi Rossi, Presidente “ Terra di Arezzo”
- Marco Ercolini. Rettore del Quartiere di Porta Crocifera
- Stefano del Santo, Architetto
- Gabriele Chiurli, Fornaio- Panificio Marraghini

Articlolo scritto da: Pier Luigi Rossi