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Le PMI devono superare l’handicap della sottocapitalizzazione

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Le PMI devono superare l’handicap della sottocapitalizzazione

Crisi finanziaria, crisi economica. Per CNA una possibile risposta è rappresentata dai “fondi mobiliari chiusi”, specifici per il nostro territorio e in grado di intervenire sul capitale delle aziende.
“Due le tipologie di fondi proposti- annuncia Mauro Patrussi, Presidente CNA Arezzo. Uno per la ristrutturazione o riconversione di aziende in difficoltà, l’altro per sostenere con capitali di rischio lo sviluppo di imprese con progetti innovativi e performanti”.
Il primo si propone di scongiurare l’effetto “domino” che si innesca in un sistema a rete come il nostro, in cui le aziende che chiudono i battenti al 90% lo fanno a seguito di mancati pagamenti da parte di uno o più soggetti della filiera produttiva.
Questa tipologia di fondo già esiste nella forma di un Fondo per il salvataggio delle imprese in crisi rifinanziato dalla legge finanziaria 2007 che ha autorizzato una spesa di 15 milioni di euro per l’anno 2007 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
“Ma il provvedimento di fatto esclude territori come il nostro perché indirizzato ad imprese con non meno di 50 dipendenti – sottolinea Patrussi. Già ci sono segnali per cui queste proposte non troveranno facile applicazione: si avanzano riserve in merito alle disposizioni comunitarie, alla mancanza di risorse, alla titolarità delle competenze, ma l’analisi delle domande accolte in questi ultimi anni in Italia dimostra che i soldi ci sono ma vengono distribuiti male e a vantaggio solo delle grandi imprese”.
Da qui la richiesta di CNA di operare congiuntamente affinché le piccole imprese, oggi in grande sofferenza, come evidenziato da un’indagine tra gli associati, possano emergere dalla cronica sottocapitalizzazione che rappresenta un grave punto di debolezza del sistema produttivo aretino.
“Le motivazioni della sottocapitalizzazione – spiega il Presidente CNA – sono legate al fatto che il supporto finanziario alla crescita del settore ha favorito una gestione per cui ad esempio l’imprenditore orafo, più che capitalizzarsi, ha preferito forme di intervento più “soft” come il prestito d’uso. Ma in tempi di crisi come questi, che hanno portato ad una stretta sui finanziamenti con frequenti richieste di rientro da parte delle banche, le aziende manifestano forti difficoltà e hanno stretti margini di manovra”.
Ne è un esempio l’attuale operazione del muto in oro garantito da Artigiancredito Toscano e Fidi Toscana cui molte aziende non possono aderire per mancanza di rating adeguati.
Indubbiamente, in questa fase, per affrontare la crisi e restare sul mercato, occorre percorrere la strada della capitalizzazione che non può passare solo ed esclusivamente attraverso il canale bancario. E’ necessario mettere le aziende in condizione di far conoscere i loro progetti e di poter accedere (se meritevoli) ai capitali di rischio o ai capitali “pazienti”.
Le possibilità ci sono, come dimostra il fondo di garanzia per le imprese proposto dal Ministro Scajola.
“Il nostro territorio – conclude Patrussi – non richiede risorse a fondo perduto, ma opportunità ed incentivi per ridare ossigeno alle imprese e per sostenerle nel mercato. Arezzo chiede la possibilità di accesso a strumenti che consentano alle aziende meritevoli di essere affiancate nei loro piani espansivi da professionisti nel campo degli investimenti nel capitale di rischio. Una strada che si dimostra percorribile e concreta in questa difficile congiuntura internazionale in cui in tanti avanzano le proposte ma in pochi danno indicazioni concrete per metterle in pratica”.