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Mostre, a Roma ‘Fiamminghi e altri maestri’

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ROMA – Numerosi dipinti ma anche sculture lignee e oggetti di arredo liturgici, realizzati da artisti stranieri e provenienti da ogni parte d'Italia. Sono i tesori custoditi nelle chiese del Fondo Edifici di Culto (Fec), finemente raccolti nella mostra "Fiamminghi e altri maestri", ospitata da oggi al 10 settembre nella sede della fondazione Memmo a Palazzo Ruspoli in Roma. La rassegna, inaugurata questa mattina dalla visita del ministro dell'Interno, Roberto Maroni (il Fec, istituito a metà degli anni Ottanta a seguito degli accordi concordatari, è amministrato dal ministero dell'Interno), indaga sulla presenza, nel corso dei secoli, di numerosi artisti stranieri in Italia, alcuni dei quali giunsero nella "Penisola" in cerca di committenze o per conoscere da vicino l'arte classica e rinascimentale.
"La mostra – ha sottolineato Claudio Strinati, soprintendente speciale per il Polo Museale Romano, dimostra una cosa molto nota agli esperti ma forse meno al grande pubblico degli appassionati d'arte, e cioè il fatto che per numerosi secoli, dal '400 al '700, tutta l'Italia (e Roma in particolare) è stata la patria comune degli artisti. Questo fatto oggi si percepisce di meno, ma all'epoca del Rinascimento, del Barocco, il nostro Paese è stato il luogo che ha attirato maggiormente gli artisti di ogni parte del mondo". Il progetto espositivo "Fiamminghi e altri Maestri. Gli artisti stranieri nel patrimonio del Fondo Edifici di Culto del ministero dell'Interno", che ha luogo sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, si inserisce anche nell'ambito delle iniziative dell'Anno Europeo del Dialogo Interculturale. A Palazzo Ruspoli sono presenti "opere di artisti spagnoli, fiamminghi francesi, giapponesi che hanno lavorato in Italia – ha spiegato Claudio Strinati – e che hanno lasciato nel nostro Paese, un'impronta molto forte. E' successo spesso nel mondo dell'arte, in particolare di quella figurativa, che un'artista straniero nel nostro Paese avesse la possibilità di scegliere due strade". La prima di queste era quella di "conservare il suo repertorio, costringendo gli italiani ad adeguarsi a lui e quindi ad imparare un modo di esprimersi che non era tipico dell'Italia, ma che poteva comunque essere inglobato nella nostra mentalità".
La seconda possibilità che un'artista straniero aveva era quella "di 'italianizzarsi' – ha sottolineato il soprintendente – e cioè 'parlare' l'italiano a modo suo, adeguandosi al contesto ma portando al suo interno un retaggio che quel determinato ambiente non conosceva e che poteva quindi giudicare molto interessante". La più alta espressione di questo fenomeno artistico "c'è stata con i pittori fiamminghi – ha spiegato Strinati – che hanno frequentato l'Italia per secoli, a Roma, nel Regno di Napoli ma anche nel Nord Italia. La loro presenza ha portato un'arricchimento incredibile d'esperienze, aprendo la testa della gente ed inducendo le persone a capire che non esisteva un solo modo d'esprimersi".
Le sculture e i dipinti raccolti nella rassegna a Palazzo Ruspoli, sono presentati in un percorso che, diversamente dal consueto criterio cronologico, è stato impostato secondo l'ambito geografico di provenienza. Il "Miracolo di San Benedetto" del francese Pierre Subleyras, tre opere attribuite al celebre Gerrit van Honthorst e alla sua bottega, ma anche dipinti di pittori austriaci, il ritratto di padre Matteo Ricci di un'artista cinese, il polittico attribuito al fiammingo Luna Master e alcuni cofanetti in avorio di manifattura siculo-araba, sono solo alcuni esempi delle opere esposte.
"I nomi di molti artisti presenti non sono famosi – ha ricordato Claudio Strinati – ma quello che conta è capire attraverso questa esposizione la densità delle presenze in Italia e il fatto che ci siano stati maestri eminenti che forse sono stati un pò dimenticati. Da questo punto di vista 'Fiamminghi e altri Maestri' aiuta a riannodare queste fila disperse dalla storia". Attraverso il progetto espositivo, inoltre, è stato possibile intervenire con opportuni restauri su alcune delle opere presenti. "Andiamo a ricercare le opere – ha concluso il soprintendente – nel caso specifico di questa mostra all'interno delle chiese, e spesso succede che queste siano soggette agli 'insulti' del tempo, siano meno vigilate. Da questo punto di vista, quindi, ci interessiamo sempre di curare l'aspetto conservativo. Cogliamo l'occasione per controllarle, ripurirle, verificarne possibili danni di conservazione e se presenti, adoperarci per sanarli. In questo senso tutte le mostre sono utili perchè stimolano i tutori, i responsabili del patrimonio artistico, ad incrementare i restauri".