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Sequestrati reperti archeologici detenuti illegalmente

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Sequestrati reperti archeologici detenuti illegalmente

AREZZO – Nell’ambito delle attività di tutela del patrimonio artistico ed archeologico, i finanzieri della Compagnia di Arezzo hanno sottoposto a sequestro reperti di notevole valore storico, risalenti alle epoche etrusca e romana, detenuti illegalmente in una abitazione privata.
L’operazione è scaturita a seguito di una indagine di polizia tributaria nei confronti di un antiquario di Monte San Savino (AR), Z.V. di anni 62, denunciata alla Procura della Repubblica di Arezzo per il reato di ricettazione, non avendo dimostrato la legittima detenzione del materiale archeologico, nonché per violazione al decreto legislativo n.42/2004, per non aver provveduto alla prevista denuncia dei reperti alle Autorità competenti.
Si tratta di 4 reperti: un busto femminile risalente al II sec. a.C., i resti di due sarcofaghi di epoca romana risalenti al III sec. d.C. ed un cippo marmoreo del I sec. d.C..
I suddetti presentano segni recenti di colpi ricevuti da attrezzi o mezzi meccanici, facendo supporre che siano stati riportati alla luce dopo operazioni di scavo.
I funzionari della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ne hanno riconosciuto, in maniera incondizionata, oltre all’autenticità ed al notevole pregio, l’assoluto valore storico ed artistico.
Si rammenta che chiunque scopre fortuitamente tali tipologie di beni è tenuto a farne denuncia entro 24 ore alla Soprintendenza ai Beni Archeologici o al Sindaco o all’Autorità di pubblica sicurezza.
Le indagini proseguono al fine di stabilire la provenienza del materiale sequestrato nonché di accertare l’eventuale coinvolgimento di altri soggetti.
Si evidenzia infine che il danno più grave inflitto al patrimonio artistico ed archeologico italiano, pari al 40 % di quello mondiale, non è soltanto l’asportazione mediante scavo clandestino del singolo reperto, ma la sua “decontestualizzazione” con la sistematica distruzione di interi siti archeologici e della loro stratigrafia, a cui, in ultima analisi, si ricollega la vendita illegale di questi reperti.