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5 novembre 1384….. nel Castello di Laterina

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5 novembre 1384….. nel Castello di Laterina

Arezzo è sotto il dominio di Firenze dal 5 Novembre 1384, quando nel Castello di Laterina, la città di Arezzo fu venduta a Firenze per 40.000 fiorini d’oro da Enguerrand de Concy, comandante di un esercito francese, diretto a Napoli per combattere Carlo di Durazzo pretende al trono del Regno di Napoli e della Sicilia, alleato con il Papa.

In quell’autunno, Arezzo era governata da famiglie guelfe ed era Vescovo Giovanni II Albergotti, guelfo, anch’egli in piena alleanza con il Papa Urbano IV. Il de Concy in viaggio dalla Francia verso il reame di Napoli, incontrò in Toscana Marco Tarlati espulso da Arezzo, in quanto ghibellino. Quindi il Sire de Concy e il Tarlati si trovarono dalla stessa parte contro la fazione guelfa aretina, alleata del Papa e di Carlo di Durazzo. Decisero di conquistare Arezzo.

LA NOTTE DI SAN MICHELE
Nella notte di San Michele Arcangelo 28 – 29 Settembre 1384 alcuni soldati francesi e aretini ghibellini sotto il comando di Marco Tarlati entrarono in città attraverso il canale d’acqua, il Baregno, posto sotto la Torre dell’Arboreto (ancora oggi in Via Leone Leoni). Il Baregno era una conduttura d’acqua che partiva dal Castro, serviva a molini e concerie di pelli, usciva dalle mura sotto la torre dell’Arboreto, per poi ritornare sul Castro in zona delle Calcerelle. Era uno dei punti di maggiore debolezza del sistema difensivo di Arezzo. Marco Tarlati lo sapeva e ne approfittò con successo. Fu scelta la notte di San Michele perché era il santo protettore dei Tarlati. I soldati entrati dentro le mura, aprirono la porta di San Clemente, da dove entrò il grosso dell’esercito francese e degli armati ghibellini.
Arezzo fu rapidamente conquistata e messa a ferro e a fuoco. Furono commessi orrendi crimini, incendi, stupri, vandalismi di ogni tipo con ferocia e malvagità nella stessa notte e nei giorni successivi. Fu incendiato il Palazzo del Comune di Arezzo dove vennero bruciati tutti i libri e i documenti custoditi. Fu un danno enorme perché andò perduta la documentazione cartacea del grande medioevo aretino. Ancora oggi si sente questa mancanza di documenti storici per Arezzo. La masnada francese e i ghibellini aretini non riuscirono però a conquistare il Cassero di San Donato ubicato nel colle di San Donato, dove oggi è la fortezza medicea. Nel Cassero c’erano i soldati comandati da Iacopo Caracciolo ,Vicario di Carlo di Durazzo, Re di Napoli e nemico del de Concy!

I FIORINI D’ORO DI FIRENZE E LA SPADA
In questo scenario di un Arezzo devastata e incendiata, proprio in quei giorni, arrivò la notizia della improvvisa morte del Re di Francia, ponendo il de Concy in una delicata situazione. Con la morte del Re di Francia era venuto meno l’ordine di andare contro Napoli, il de Concy si trovava in una città straniera e non si fidava di Marco Tarlati. Doveva decidere rapidamente un nuovo piano militare per rientrare in Francia. Marco Tarlati non ebbe la capacità di assumere il governo di Arezzo in questa grave ed improvvisa situazione. Nel Cassero era Iacopo Caracciolo nemico della masnada francese e dei ghibellini. I soldati del de Concy si vennero a trovare tra due campi nemici: uno posizionato nel Cassero di San Donato e l’altro esterno alla città con Firenze, che stava posizionandosi per intervenire anche contro l’esercito francese per conquistare Arezzo. La città messa a ferro e a fuoco dai soldati francesi era pronta a scatenarsi contro di loro.
Con decisioni intelligenti e rapide Firenze seppe approfittare del grave momento a sua vantaggio. Offrì dapprima un patto a Iacopo Caracciolo per comprare il Cassero di San Donato per 18.000 fiorini d’oro, che accettò. Poi da posizione di forza derivata dal possesso del Cassero, offrì ad Enguerrand de Concy la richiesta di comprare la città di Arezzo per 40.000 fiorini d’oro.
Il de Concy non aspettava che questa proposta per uscire dalla grave situazione in cui si era cacciato. Cosicché il giorno 5 Novembre 1384 nel castello di Laterina, in possesso di Firenze, fu sancito il contratto tra Firenze e il de Concy. Due giorni dopo, il 7 Novembre 1384, fu ratificato il contratto. Il 15 Novembre il de Concy incassò la prima rata di 15.000 fiorini d’oro, il 17 Novembre altri 15.000 fiorini. Decisioni rapide per sfruttare appieno e al meglio la precaria situazione dell’esercito francese. Il 20 Novembre gli ambasciatori fiorentini presero la tenuta e il possesso di Arezzo. Nello stesso giorno furono emanati gli ordinamenti per il dominio e la custodia della città, promulgati dal Comune di Firenze. Enguerrand de Concy lasciò Arezzo con il suo esercito per ritornare in Francia. Ricevette l’ultima rata di 10.000 fiorini d’oro il giorno di Natale, il 25 Dicembre 1384. Firenze era signora di Arezzo !

LA FINE DELLA INDIPENDENZA
La libertà e la indipendenza del libero Comune, della Repubblica Aretina furono comprate da Firenze e pagate a rate ad un francese che si trovò per caso in quei turbolenti giorni d’autunno del 1384 in terra toscana e di Arezzo. Il Sire de Concy fece una brutta morte, morì alcuni anni dopo in Asia Minore sotto tortura, prigioniero dei Turchi.
Marco Tarlati non riuscì ad imporre la sua volontà su Arezzo, fu emarginato e combattuto da Firenze, che non si fidava di lui e della sua famiglia ghibellina.
Anche il Tarlati finì male perché un anno dopo, nel 1385, il suo secolare e imponente castello di Pietramala fu distrutto e raso al suolo. Finì i suoi giorni nel piccolo castello di Usciolo nelle Marche Con Marco Tarlati la potente famiglia dei Tarlati di Pietramala uscì per sempre dalla storia di Arezzo.
La nostra città non è stata mai conquistata militarmente da Firenze. Arezzo cadde e fu venduta per colpa delle divisioni interne alla città tra famiglie guelfe e ghibelline. Il Vescovo Giovanni II Albergotti,sulla cattedra di San Donato in quegli anni difficili, aveva capito che Arezzo poteva salvarsi dal dominio di Firenze solo entrando sotto il potere temporale del Papato, sotto Roma. Non fu capito ! Arezzo finì sotto il dominio fiorentino per rimanerci per sempre!

Articlolo scritto da: Pier Luigi Rossi