Home Cronaca Cassazione: anche la ‘palpatina’ veloce è violenza sessuale

Cassazione: anche la ‘palpatina’ veloce è violenza sessuale

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ROMA – La Cassazione stila il manuale del bon ton sessuale e tra i divieti inserisce anche la 'toccatina' fatta ad una ragazza per spavalderia come "azione dimostrativa in presenza degli amici". Anche la palpata fatta "come gesto scherzoso", dice infatti la Suprema Corte, va punita come violenza sessuale. La Terza sezione penale coglie l'occasione per chiarire fin dove ci si possa spingere per non violare l'altrui "libertà sessuale" occupandosi del ricorso di un quarantenne di Venezia, condannato a dieci mesi di reclusione (pena sospesa e riconoscimento delle attenuanti generiche) per violenza sessuale nei confronti di una barista.

La ragazza, ricostruisce la sentenza 39718, si era sottoposta ad un intervento di chirurgia plastica al seno e l'uomo, "per verificare gli esiti" del ritocco l'aveva presa sulle ginocchia e le aveva palpeggiato il seno dicendole: 'nessuno ha il coraggio di farlo, lo faccio io'. Era seguita la pagella sul 'ritocco': 'Tutto qua, non sei un granché'.

Nella dettagliata sentenza, i supremi giudici scrivono che "l'aggettivo sessuale attiene al sesso dal punto di vista anatomico, fisiologico o funzionale, ma non limita la sua valenza ai puri aspetti genitali, potendo estendersi anche a tutte le altre zone ritenute erogene dalla scienza non solo medica, ma anche psicologica, antropologica e sociologica". Quindi, "nella nozione di atti sessuali – evidenziano – debbono farsi rientrare tutti quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona e ad invadere la sua sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione". Tra gli atti puniti dall'art. 609 bis c.p., insiste piazza Cavour, "vanno ricompresi anche quelli insidiosi e rapidi, purché ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenziente". Ad esempio "palpamenti, sfregamenti, baci", elencano i giudici.

Insomma, sintetizzano i supremi giudici, "è indifferente che chi costringe o induce lo faccia per lucro, per depravazione, per disprezzo, per immondo gusto dello spettacolo o per gioco, purché si agisca con la coscienza e volontà di costringere o indurre taluno a commettere atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole o su altri". Ecco perché è "irrilevante il fine propostosi dal soggetto attivo che può essere diretto a soddisfare la sua concupiscenza, ma anche di altro genere (ludico o di umiliazione della vittima)". Nel caso in questione è stato del tutto inutile il ricorso in Cassazione del quarantenne (già condannato dalla Corte d'appello di Venezia nell'ottobre 2008) volto a dimostrare che nei confronti della barista aveva fatto solo "un gesto scherzoso" visto che attirando a sé la ragazza "vi fu solo un contatto glutei-ginocchia che palesemente non può essere qualificato come atto sessuale". La Suprema Corte in nove pagine di motivazione ha spiegato che quel gesto, fatto per spavalderia davanti agli amici, non rientra nel 'bon ton' sessuale. "E' irrilevante – hanno scritto – che nell'aggressione alla sfera sessuale si proponesse di soddisfare la propria concupiscenza sessuale o volesse semplicemente compiere un'azione dimostrativa in presenza di amici". E' stata compressa la "libertà sessuale" della ragazza, il che basta per fare scattare la condanna.