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Ecco l’identikit del Rettore ideale per Firenze

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FIRENZE – A una settimana dal primo turno elettorale (3-4 giugno) i sindacati dei docenti dell’Università di Firenze, CNU e USPUR, definiscono l’identikit ideale del prossimo Rettore. Nessuna preferenza per questo o quello dei 5 candidati (Paolo Caretti, Guido Chelazzi, Alberto Del Bimbo, Sandro Rogari e Alberto Tesi), ma una serie di indicazioni di qualità e di obiettivi che le due organizzazioni sindacali, rappresentate dai professori Vincenzo Vecchio e Francesco Martelli, suggeriscono all’elettorato.
In questi anni, spiegano, l’Ateneo fiorentino ha avuto Rettori che ne hanno reso opaca e depressa l’immagine, inibendone soprattutto lo sviluppo innovativo, mentre altri si sono rivelati figure di spicco capaci di governare con saggezza e responsabilità. Il prossimo Rettore deve dunque appartenere a questa seconda categoria, tenendo conto di due fatti: 1) l'università non è un’azienda, benché ne possa assumere alcune forme amministrative. Ovvero, non conta esclusivamente l’aspetto monetario; 2) la produzione e trasmissione di metodi e contenuti del Sapere non è un prodotto industriale come tanti, destinato a generare profitto.
Per individuare la persona giusta in questa fase così critica del mondo universitario, i due sindacati ritengono importante invitare gli elettori a riflettere su vizi e virtù del Rettore ideale, avendo in mente il principio secondo cui un vero buon Rettore deve vivere per l’università e non solo di università.
Vivere di università significa:
a) non riuscire a rimuovere le incrostazioni che hanno pesantemente nuociuto all’immagine dell’Ateneo, come le pratiche di nepotismo o di favoritismi di segno diverso;
b) rimanere prigioniero di una forma di provincialismo culturale, perché privo di strumenti e vocazione per dialogare fattivamente con le istituzioni di ricerca e formative europee e internazionali, tradendo così la naturale propensione dell’Università di Firenze;
c) essere un demagogo, o un monarca, e non saper governare con lungimiranza e con capacità di ascolto e quindi, in sostanza, non saper promuovere la responsabilità di funzioni a diversi livelli sia amministrativi che di docenza;
d) arroccarsi in una torre d’avorio, invece di offrirsi al dialogo nel massimo rispetto per gli studenti, il personale amministrativo e docente, tessuto vivo della comunità universitaria;
e) limitare il ruolo pubblico al taglio dei nastri e alla distribuzione di medaglie, senza saper progettare e promuovere innovazione.
Vivere per l’università significa invece:
a) adottare un modello di governo e di rappresentanza universalistico che alimenti il senso di appartenenza di tutte le componenti al mondo universitario, incluso l’associazionismo sindacale;
b) essere un buon comunicatore, capace di fare rete e di costruire rapporti virtuosi con gli altri Atenei toscani, il Ministero, le categorie produttive e le istituzioni di formazione e di ricerca UE e del mondo;
c) essere non un manager, bensì un leader sui generis che, con intelligenza e passione, promuova ricerca, cultura e formazione, in un quadro di buona ed efficiente amministrazione votata ai suddetti obiettivi;
d) mettere a frutto un patrimonio di esperienze e competenze adeguatamente maturato. E’ dunque importante che il Rettore sia nuovo, ma non un “governatore acerbo”, incerto e dotato di fragile expertise;
e) dimostrarsi paladino dell’autonomia universitaria e realizzarla per il potenziale innovativo che implica, coniugandola con la responsabilità e con l’efficacia a tutti i livelli; in particolare il Rettore ideale dovrà impegnarsi nel trasferimento sia tecnologico sia culturale sul territorio;
f) saper ascoltare le esigenze di tutte le componenti dell’ateneo, delegando soggetti di provata competenza per specifici settori, con l’impegno di recepirne le istanze e valorizzarne il contributo;
g) essere una persona libera da condizionamenti politici e corporativi, capace di privilegiare la concretezza con azioni mirate all’innovazione gestionale, scientifica e didattica dell’Ateneo, in uno spirito alternativo al modello di governance precedente.