Home Cultura e Eventi Cultura ‘Il Vero e il falso’: una mostra sulle contrafazioni

‘Il Vero e il falso’: una mostra sulle contrafazioni

0
‘Il Vero e il falso’: una mostra sulle contrafazioni

FIRENZE – La mostra sul falso nummario che si inaugurerà venerdì 13 marzo alle 16.30 presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, nasce dall’impegno della Guardia di Finanza – in particolare del Nucleo Speciale Polizia Valutaria – nella lotta contro ogni forma di falsificazione dei mezzi di pagamento dalle banconote, alle monete in euro alla moneta elettronica, quali bancomat e carte di credito. Verrà proposto il percorso della falsificazione dall’antichità, in cui il falso si distingueva dall’originale soprattutto per la qualità del materiale usato, fino ai giorni nostri, dove i falsari adottano le tecniche più sofisticate per non essere
scoperti. L’attività svolta dalla Guardia di Finanza a contrasto della falsificazione dei mezzi di pagamento viene ripercorsa attraverso l’esposizione del materiale sequestrato nel corso di alcuni tra i servizi più significativi condotti negli ultimi anni. In tale contesto saranno esposti esemplari di banconote e monete sequestrate per richiamare l’attenzione su diffusione e caratteristiche delle tecniche di falsificazione.
Da segnalare la ricostruzione dettagliata di una delle stamperie clandestine intercettate dalla Guardia di Finanza, all’interno della quale si stampavano banconote di ottima qualità da 50 e 100 dollari americani ed anche assegni. Questo allestimento comprende tutti i materiali necessari all’intero procedimento, dal cotone per la fabbricazione dei fogli di carta, agli inchiostri speciali a variazione ottica, fino alle macchine per la stampa.
A completare l’analisi del fenomeno, che ha interessato la moneta dal suo primo apparire, le sezioni che espongono monete metalliche, antiche, medievali e moderne, banconote italiane dal 1896 all’Euro: quelle autentiche vicine a quelle false per sottolineare il confronto, grazie ai prestiti concessi dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, dal Museo della Zecca di Roma, dal Museo della Banconota della Banca d’Italia e da privati collezionisti. Una diversa sezione è dedicata al falso nummario a scopi bellici, con esposizione di sterline false fatte riprodurre dai tedeschi nel 1943 nel campo di concentramento di Sachsenhausen e di cartamoneta prodotta nell’ultima guerra mondiale dagli americani in vista dell’occupazione dell’Italia (AM Lire). La Mostra ospitata dal Museo Archeologico di Firenze è stata ideata ed organizzata dal Comando Generale della Guardia di Finanza e dal Museo Storico del Corpo e già allestita dal 26 novembre 2008 al 31 gennaio 2009 presso la Caserma “Gen. Sante Laria” di Roma, dove ha sede il Museo Storico. La tappa fiorentina di questa Mostra è stata voluta ed organizzata dal Museo Archeologico Nazionale in collaborazione con il Comando Regionale Toscana e il Comando Provinciale Firenze della Guardia di Finanza. Il catalogo “Il vero e il Falso” è stato stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato su carta speciale, filigranata e con filo di sicurezza.

Mostra “Il Vero e il Falso” La moneta, la banconota, la moneta elettronica
13 marzo – 30 aprile 2009
ingresso libero
Inaugurazione venerdì 13 marzo 2009 alle ore 16,30
Museo Archeologico Nazionale, piazza SS. Annunziata 9/b, Firenze

Vetrina 1
FALSI ANTICHI
Un tesoretto di monete rinvenuto nel 1933 a Lucoli (L’Aquila) è composto da 179 quasi completamente realizzate con una lega di bronzo ad alto tenore di stagno con un effetto finale molto simile all’argento (nn. 3,4,7,8,11,12,15) a diffrenza dei pezzi genuini (nn. 1,2,5,6,9,10,13,14) realizzati in argento con una alta percentuale di fino. L’analisi dei denari del tesoretto ha mostrato come queste monete siano fuse, non coniate, con l’impiego di matrici fittili bivalvi ottenute dalle impronte di denari autentici. Dopo la fusione le monete ottenute sono state pulite da imperfezioni e molate a mano libera, forse anche allo scopo di “invecchiarle” conferendo loro tracce di usura.
Falsi d’epoca sono noti anche tra i tarì e gli augustali emessi da Ruggero II (1105-1154) e Federico II (1197- 1250) mediante doratura (nn. 16-20). I tarì normanno-svevi e gli stessi augustali autentici ottennero un notevole successo ed una grande diffusione, anche sui mercati al di fuori del territorio del Regno, in un momento in cui queste erano le uniche monete auree prodotte in Europa. I falsi d’epoca erano ottenuti mediante doratura di tondelli di rame (amalgama di mercurio ed oro passato a fuoco con volatilizzazione del mercurio e fissaggio dell’oro sul tondello di puro rame) oppure con applicazione di una foglia d’oro (sul tondello in precedenza trattato con mercurio, con conseguente volatilizzazione del mercurio al fuoco).
Una buona moneta aurea da 24 carati fu coniata nel 1252 a Genova e, nello stesso anno, anche a Firenze dove si coniano fiorini d’oro (nn. 21-22) con pari peso e purezza come per i genovini. I fiorini di Firenze e i ducati di Venezia diventeranno ben presto le monete di conto dell’Europa. Sono noti falsi antichi in rame dorato imitanti i fiorini di Firenze (nn. 23-24).

MONETA SUPERATA
Un fenomeno non esclusivo del mondo romano, ma in quell’ambito sicuramente più rappresentato sia per la notevole continuità cronologica sia per i quantitativi prodotti, è relativo alla produzione di moneta d’argento con un’anima in metallo vile.
L’anima in rame, ovvero un tondello prodotto per fusione, era pulita a specchio e rivestita a freddo e a pressione da una lamina in argento di minimo spessore incostante, sottoposta a cottura alla temperatura di 960° per raggiungere il punto di fusione dell’argento, che sciogliendosi avrebbe aderito alla superficie del tondello di rame. La coniazione vera e propria doveva avvenire ancora durante la fase di raffreddamento del tondello rivestito.
Va inoltre ricordato che una moneta suberata appena uscita dall’officina monetale non doveva essere affatto distinguibile al solo esame visivo; l’evidenza attuale dell’anima di rame, infatti, è possibile solo a causa della corrosione attivatasi sulla superficie argentea della moneta o per un rivestimento imperfetto.

Vetrina 2
MONETE DENTELLATE
Alcune monete greche e romane (nn. 1-10) presentano il bordo dentellato ottenuto mediante precisi tagli senza causare perdite di metallo.
Qualche studioso è convinto che tale produzione rappresenti l’espediente per evidenziare immediatamente e visivamente la bontà del metallo usato, ipotesi discutibile in quanto sono giunte fino a noi serie diverse a nome dello stesso magistrato dentellate e non (nn. 10-11). Secondo altri, la dentellatura sarebbe stata realizzata per impedire la tosatura della moneta o per eliminare le eccedenze di peso rispetto allo standard teorico o ancora che la stessa sarebbe stata adottata per rendere più accettabili le serie alle popolazioni barbare sulla base di una interpretazione discutibile di un passo di Tacito (Germ. 5).
E’ invece da notare la presenza diffusa in Grecia di monete dentellate anche in bronzo (nn. 12-13) a nome del re Antioco III di Siria (227-187 a.C.), serie d’oro e d’argento cartaginesi, serie di bronzo e di basso argento a nome di Filippo V di Macedonia, databili agli ultimi decenni del III e ai primi del II secolo a.C.
La moneta dentellata potrebbe dunque essere solo il risultato di una “moda” limitata nel tempo ma diffusa in buona parte del Mediterraneo.

MONETE INCUSE
Nel mondo antico sono monete etrusche e greche di Magna Grecia con il rovescio incuso che non hanno nulla a che vedere con le monete incuse di età romana repubblicana (nn. 15,17,19). Si tratta in questo caso di monete incuse per errore ovvero non di un atto intenzionale ma più banalmente di un errore causato dalla fretta nelle operazioni di coniazione unitamente alla distrazione degli operai addetti. In conseguenza di ciò accadeva che la moneta appena coniata rimanesse “attaccata” al conio del martello e il successivo tondello introdotto tra i due coni ricevesse la normale impronta del conio dell’incudine e la stessa immagine ma incusa della moneta rimasta attaccata al conio del martello.

MONETE DIMEZZATE
Il dimezzamento intenzionale di monete romane (in Grecia il fenomeno appare di ridotte dimensioni) rappresenta un fenomeno di vaste dimensioni soprattutto nella fase tardo repubblicana e prima età augustea.
A causa della penuria di divisionali del denario d’argento, alla fine della repubblica, soprattutto dopo la cessazione della produzione di moneta bronzea nell’89 a.C., si assiste ad un progressivo aumento di circolazione di vecchi assi repubblicani dimezzati (n. 21) per corrispondere al nuovo peso dell’asse. La dimezzatura continuerà ancora per molto tempo dopo la riforma augustea (nn. 23 e 25).

Vetrina 3
MONETE CONTROMARCATE
Nella produzione monetaria sia greca che romana compaiono di frequente contromarche, impresse a freddo in un momento successivo la coniazione, composte da elementi figurati o floreali, lettere, monogrammi o numeri (nn. 1-4)
Gli studiosi sono più propensi a considerare la natura privata di questa contromarcatura ad opera di banchieri e di cambiavalute, allo scopo di garantire la qualità del metallo ovvero di una conferma del valore ufficiale, e la volontà di accreditare il corso legale di quella moneta nel proprio territorio. La stessa operazione potrebbe avere avuto anche la finalità di convalidare un circolante ritenuto dubbio oppure di favorire la circolazione di nominali consunti o sottopeso. A questo ultimo scopo dovrebbero rispondere le contromarche AVG (n. 5) per augustus, TI CA (n. 6) per TIberius CAesar, PRO e PROB (nn. 7, 9) per probatum e NCAPR (nn. 11, 13) per Nero Caesar Augustus PRobavit.
Un caso ben famoso è rappresentato da monete romane contromarcate XLII (n. 14) oppure LXXXIII, numerale ricollegabile al sistema monetario utilizzato dai Vandali. Gli stessi potrebbero aver realizzato le contromarche per consentire un rapporto pseudo-economico con l’Impero Romano d’Occidente, a senso unico, favorito dal movimento dell’esercito bizantino sulla penisola italiana, dopo la riconquista africana del 534 d.C.

MONETE TOSATE
Il fenomeno ha inizio alla fine dell’Impero, quando i tondelli delle monete cominciano ad assottigliarsi, e riguarda la tosatura ovvero la sottrazione di piccole parti di metallo mediante ritagli del bordo (nn. 15-24). L’operazione poteva essere ripetuta più volte fino alla completa eliminazione del bordo più esterno della moneta con parziale perdita delle lettere della leggenda. La tosatura è di fatto una forma di alterazione della moneta ufficiale, un intervento non autorizzato che provoca anzitutto un immediato calo di peso delle monete e dunque una perdita reale di potere d’acquisto, procura illeciti guadagni agli autori e spesso obbligava le autorità al ritiro forzoso delle monete tosate.
Le autorità sono sempre state molto severe nel punire i responsabili della tosatura con multe, confisca dei beni e, nei casi più gravi, il taglio della mano destra o la pena di morte mediante l’impiccagione o il rogo, come per i falsari.
“A Bisanzio c’era un certo Alessandro, capo della ragioneria dello Stato: la sua carica era quella che i Romani chiamano, con nome greco, logòteta. Costui imputava sempre alle truppe il dissesto della finanza pubblica, E, incriminando i militari di simili colpe, da oscuro che era, in breve tempo divenne illustre e, da povero, ricchissimo; fece altresì incassare all’imperatore più quattrini d’ogni altro, ma fu anche il maggior responsabile del fatto che i soldati fossero pochi e poveri e riluttanti di fronte ai rischi. I Bizantini lo chiamavano col nomignolo di Forbicina, per la sua facilità di tagliare torno una moneta d’oro rimpicciolendola quanto voleva. Forbicina è il nome dell’attrezzo con cui si fanno simili operazioni” (Procopio, La guerra gotica, III, 49).
A Siena, al tempo di Cecco Angiolieri, per ottenere lo stesso risultato si usava battere la moneta con uno strumento di legno, detto “trabocchetto”, in modo da provocare uno schiacciamento della moneta stessa e poter ritagliare la parte eccedente il diametro ordinario. L’occhio non avrebbe registrato alcuna diminuzione del diametro ma solo un effetto sull’immagine imprecisa come fosse stata prodotta da un conio “stanco “.
Il fenomeno della tosatura, particolarmente frequente tra il XII e il XVII secolo, fu risolto soltanto con l’avvento della coniazione a macchina che garantirà un bordo regolare non modificabile.