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Introduzione del marchio «Interamente fatto in Italia»

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AREZZO – È una piccola rivoluzione, quella che attende le piccole e medie imprese dell'artigianato, finalmente una legge contro i falsi Made in Italy che tutela la qualità del “saper fare” delle nostre imprese e consente di informare correttamente i consumatori sulla provenienza delle merci, evitando che prodotti realizzati interamente all’estero da aziende italiane siano messi in circolazione nel nostro paese con l’indicazione “ Made in Italy”. E’stata pubblicata sulla G..U. n. 274 dello scorso 24 novembre scorso la legge n.166 del 20 novembre 2009 con modificazioni, del decreto- legge n. 135 del 25 settembre 2009 , l’art.16 del D.L. 135/2009, di particolare interesse per il settore TAC, tessile, abbigliamento e calzature ha visto la sua conversione in legge senza modifiche.
L’articolo in questione ai primi quattro commi istituisce il marchio «Interamente fatto in Italia» e ne sanziona l’uso non corretto. Ai sensi del citato articolo si intende realizzato interamente in Italia un prodotto le cui fasi di lavorazione, quali il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiute esclusivamente sul territorio italiano.
L’inciso “ classificabile come Made in Italy ai sensi della normativa vigente” rafforza il concetto di 100% Made In Italy introdotto appunto dall’art. 16.
Un'iniziativa che riconosce il grande sforzo delle piccole e medie imprese che scelgono di non portare all’estero parte delle loro produzione.
«Anche se è arrivata un po' tardi, questa nuova normativa fa finalmente chiarezza su ciò che è veramente italiano – commenta Alessandra Calosci Presidente dell'Associazione Tessile e Abbigliamento di Confartigianato Imprese Arezzo -. L’appartenenza territoriale di un prodotto non è solo una questione di testa, ma anche di mani e tradizione. Queste nuove disposizioni per noi sono un'importante vittoria. Una vittoria che però non deve far dimenticare che il nostro settore sta vivendo una dura crisi e che saranno ben altri i provvedimenti che lo porteranno a crescere nuovamente, o che comunque porteranno gli imprenditori a tornare a produrre in Italia».