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Pirati somali di nuovo in azione, sequestrate 4 navi

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Pirati somali di nuovo in azione, sequestrate 4 navi

NAIROBI – I pirati somali non si fermano e, dopo i blitz di Francia e Stati Uniti costati la vita a sette di loro, ieri hanno condotto altri quattro assalti nelle acque del Golfo di Aden nel giro di poche ore. Una situazione preoccupante, avverte l'Onu, anche per quanto riguarda la consegna degli aiuti umanitari diretti alla Somalia, ora più che mai minacciati dai pirati.

Tra le navi assaltate nelle ultime 24 ore un mercantile greco e due pescherecci egiziani. Nella notte è toccato al cargo greco, l'M.V. Irene . 35mila tonnellate di stazza, battente bandiera dell'isola caraibica di Saint-Vincent, la nave cisterna greca che appartiene alla società Chian Spirit Maritime Enterprises, era in navigazione dalla Giordania all'India. L'equipaggio è composto da 22 filippini che, secondo le prime indicazioni starebbero tutti in buone condizioni.

Successivamente è stata la volta della Sea Horse, battente bandiera togolese, anch'essa sequestrata in nottata. Ieri invece secondo quanto riferito dal ministero degli Esteri egiziano, 24 egiziani erano stati presi in ostaggio nel corso di due attacchi ad altrettanti pescherecci nel Golfo di Aden.

Con quelli delle ultime ore, secondo Noel Choong, a capo dell'International Maritime Bureau di Kuala Lumpur, è salito a 77 il numero degli assalti dei pirati dall'inizio dell'anno: al momento sono in ostaggio 285 persone.

Intanto, continua l'attesa per i familiari di Pasquale Mulone, il marittimo di 51 anni di Mazara del Vallo (Trapani), rapito con altri nove connazionali dai pirati in Somalia. La moglie, Giovanna Giacalone, madre di tre figli, è molto preoccupata per le sorti del marito, che è in stretto contatto con la Farnesina. "E' un incubo – ha detto la donna parlando con i giornalisti – Mi dicono dalla Farnesina che sta bene ma io non ho sue notizie".

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa rassicura che "la situazione è tranquilla e contiamo che si risolva in fretta''. Con La Russa, oltre che con i ministri dell'Interno e degli Esteri, si mantiene in costante contatto il prefetto di Ravenna, (il rimorchiatore italiano 'Buccaneer' con a bordo i nostri connazionali è della società ravennate Micoperi).

L'Onu, da parte sua, ricorda che il 90% degli aiuti destinati alla Somalia arrivano via mare. "La pirateria è una preoccupazione costante per il World Food Programme" ha dichiarato la portavoce Emila Casella sottolineando che erano dell'agenzia Onu metà dei 200 container trasportati dalla Maersk Alabama, la nave battente bandiera americana che i pirati hanno tentato di assalire mercoledì scorso prendendo poi in ostaggio il comandante liberato dai blitz degli Stati Uniti domenica.

Le navi del Wfp che arrivano a Mombasa non hanno scorta armata, mentre poi il viaggio dal porto keniota alla Somalia viene effettuato con la scorta dalle navi da guerra dei Paesi occidentali che pattugliano la zona finora considerata più a rischio. "Senza queste scorte non potremmo consegnare cibo alla popolazione somala" spiega la portavoce, ricordando che nella scorsa estate sono state sospese per sei settimane le consegne fino a quando, il Canada prima e la Ue poi non si sono prese la responsabilità delle scorte.

Ma come tendono a descriversi i pirati somali? "Siamo pescatori semplici, che guadagnano denaro lavorando duramente", racconta alla Dpa Ahmed Abdallah Mussa, catturato insieme ad altri 21 'colleghi' da militari russi e indiani e ora rinchiuso in un carcere di Aden, nello Yemen. Un'immagine che contrasta con la grande quantità di armi rinvenute a bordo del barchino con cui Mussa assaltò nelle settimane scorse un peschereccio yemenita.

"Quelle armi ci servono per difenderci", si giustifica un altro pirata, il 19enne Ahmed Kilawi, che sembra sapere molto di kalashnikov e lanciagranate e poco di reti da pesca. E non riesce a far passare l'immagine di un novello Robin Hood. Certo è che in un Paese in preda all'anarchia e al caos, privo di istituzioni che contino su una legittimazione popolare, la pirateria è finita per diventare un mezzo di sostentamento e i suoi proventi la base per l'avvio di attività.

Come nel caso di un pirata che ha la sua casa nella regione del Puntland e che, grazie ai soldi dei riscatti ottenuti in cambio del rilascio delle navi, ha comprato alcuni minibus che noleggia. A raccontare la sua storia come quella degli altri, che va periodicamente a trovare in carcere, è il vice console somalo ad Aden, Hussein Hayi Mahmud, che invoca "una maggiore pressione contro i pirati, in modo da poter riprendere al più presto il controllo della situazione". E poi, "nel lungo periodo, servirà uno Stato forte in Somalia, altrimenti non si riuscirà a mettere fine a questa piaga".

Articlolo scritto da: Adnkronos/Ign