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‘Presunto Colpevole’ un libro di Luca Steffenoni

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‘Presunto Colpevole’ un libro di Luca Steffenoni

AREZZO – L’autore, conosce il tema. Criminologo, ha partecipato e visto, registrato e annotato gli accadimenti di molti casi. “Tutelare davvero i bambini significa anche proteggerli dagli abusi inventati. Vedo invece una cultura dell’abuso tutta fondata sulla denuncia.” Il libro vorrebbe accendere una piccola luce su di un tema che sfugge all’attualità. Ci vorrebbe un’attualità ragionata e non scandalistica. Che non si infiamma solo con i particolari pruriginosi finendo col diventare complice di una perversa spirale che colpisce indifferentemente vittime e carnefici.

La gestione di un caso di abuso è approssimativa. Lo è dal punto di vista sociale, istituzionale, giuridico e spesso anche familiare. Molto. Una cattiva divisione dei compiti e dei ruoli tra i soggetti coinvolti, il pessimo bilanciamento tra i poteri, permette agli interessi particolari di prevalere. Il tribunale dei minori prevale sul tribunale ordinario. Il tribunale ordinario riesce a far coinvolgere tra i periti quelli della propria associazione di fiducia. Che è sempre la stessa. La difesa non è da meno ed infatti l’assistente sociale che segue dal punto di vista psicologico il genitore imputato è quello della Onlus vattelapesca. Sconfinamento dei ruoli tra i vari attori giudiziari, capovolgimento dei ruoli tra i protagonisti delle vicende. Dolorose. La situazione di partenza è sempre la stessa. Semplice: un uomo – padre, la donna – madre, il minore – bambino – figlio. Semplice, ma supponiamo che la violenza, accertata o da accertare che sia, è avvenuta in casa, all’interno delle mura “amiche”. Quelle familiari. I ruoli mutano. Repentinamente. E si moltiplicano. L’uomo/padre è adesso l’accusato, il carnefice. Il bambino/figlio diventa contemporaneamente la vittima, testimone per l’accusa, un cliente per la Onlus. E soprattutto test per due tribunali. Quello dei minori e quello ordinario. In entrambi i casi, con un’accusa e una difesa. Per l’accusa il bambino è un bambino forte che ha già superato il fatto se inchioda l’imputato (il padre). È considerato debole e non attendibile se non conferma l’impianto accusatorio.

Già perchè in questo paese, cattolico e con una giustizia male organizzata, quella che vince è l’ideologia punitiva. Il libro ha il merito di denunciare i soprusi che avvengono dentro due recinti. Il primo, quello individuato delle mura familiari. Mura all’interno delle quali i minori non hanno tutele nei confronti degli adulti. Il secondo, quello delle mura dei tribunali. All’interno delle quali vittime, carnefici o presunti tali, familiari più o meno complici diventano pedine indifese di un circo giuridico, investigativo e assistenziale. Che c’è qualcosa di strano in questo mondo lo si capisce se si visita uno dei siti indicati tra le fonti del libro: www.padri.it. Non sapevo neanche che esistesse. Un sito intitolato ai padri è il sito web dell’associazione dei padri separati in Italia. Ma non basta. Nell’homepage recita:“Questo è il sito della prima associazione padri separati d'Italia. È stata la prima ad essere fondata (1991) ben diciassette anni fa con atto notarile. È la più grande e presente in quasi tutte le regioni italiane. Poiché non desideriamo confonderci con altre associazioni che hanno preso nomi simili al nostro vi ricordiamo che di 'Associazione Padri Separati' c'è n'è una sola e ha la sede centrale a Bologna”. Giudicate voi. Un posto a sé, in funzione della notorietà e/o dell’interesse mediatico che potrebbe crescere intorno alla vicenda, merita la spettacolarizzazione dell’accaduto. Pensate a quelle fiction preparate con attori che vengono montate come introduzione al dibattito. Il bambino della fiction è sempre seduto sul letto con il volto sfocato e la voce metallica che racconta ad un adulto seduto sul letto a suo fianco la vicenda. Giusto per un gusto dell’horror, del macabro. Per favorire l’immedesimazione con i ruoli e con il contesto. Le mura della cameretta delle torture. La fiction, come i plastici, sono capaci certamente di aizzare violenza in chi la guarda, ma non servono a nulla ad indagini che richiedono più di altre discrezione, tatto, e deontologia. Come quasi sempre accade le immagini non sono la stretta e indispensabile realtà.

Il circus della violenza sui minori si muove da tribunale a tribunale mietendo altre vittime. Quelle indirette e mai raccontate. Gli altri figli degli imputati. I genitori che anche prosciolti non hanno diritto ad avere la custodia del figlio perchè i due tribunali non si mettono d’accordo. I parenti e gli amici più o meno vicini che non avranno più la fiducia di prima. Il fruttivendolo che ti guarda con sospetto. Il libro denuncia tutti questi scivoloni. La pedofilia è un problema serio che indigna ma non è una emergenza. Almeno numericamente. Di 5000 casi di pedofilia presunti all’anno in Italia, solo per 1000, si e no, si arriva ad una verità giudiziaria di colpevolezza che conferma accuse e sospetti. Tanti cliché rispondono più ad una logica punitiva che vuole trovare subito una risposta ad un sospetto inaccettabile. Il “vecchio porco”, “l’insospettabile prete”. Nella maggior parte dei casi si scopre che il pedofilo è un malato che può essere curato, che ha problemi psichici e che è meno vecchio di quello che si può immaginare. Che le accuse ai preti si rivelano spesso infondate e figlie di attacchi alla istituzione che rappresentano. Molto, troppo spesso, sono coinvolte persone vicine alla cerchia familiare. Occorre quindi sapere che far luce su sospetti intollerabili potrà distruggere rapporti e relazioni, perchè purtroppo “quando si dichiara guerra la prima vittima è la verità!”