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Torna a vedere dopo 30 anni con gli occhiali bionici

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ROMA – Riuscire a distinguere gli oggetti dopo 30 anni di buio, i caratteri su un foglio, i tratti somatici di una persona amata. Peter Lane, un 51enne di Manchester, è una delle prime persone al mondo ad avere ricevuto un impianto bionico per tornare a vedere. Sul britannico 'Daily Mail' sono riportate le prime foto che lo vedono indossare grandi lenti scure montate su un paio di occhiali hi-tech, simili a quelli da sole ma collegati, via auricolare, a un'apparecchiatura che l'uomo stringe in una mano. E' lì, in quegli occhiali, che si nasconde parte della tecnologia che è tornata a restituirgli parzialmente la vista, 'rubata' da una malattia genetica degenerativa, la retinite pigmentosa.

'Papà, gatto, tappeto' sono le prime parole che l'uomo è riuscito a leggere. "Tornare a vedere lettere e leggere parole – racconta oggi Peter sul quotidiano Gb – è stata una sensazione incredibile".

Per ora la tecnologia che ha regalato una nuova vita al signor Lane, realizzata dalla società americana Second Sight, non restituisce una visione perfetta, ma può ripristinarne una di base consentendo di distinguere sagome e mettere a fuoco gli oggetti di grandi dimensioni, come porte o finestre. Nonché automobili, in realtà "simili a batuffoli di cotone", finalmente avvistate dal signor Lane. Dunque una visione parziale, che tuttavia restituisce a chi ha perso la vista maggiore autonomia nei movimenti.

La tecnologia 'made in Usa' si basa su una sottile placca che viene impiantata nel retro dell'occhio, e i cui elettrodi, attraverso il nervo ottico, sono collegati al cervello. La piccola videocamera montata sul paio di occhiali irradia dunque le immagini agli elettrodi, che la trasferiscono al cervello per la decodifica. Occorrono mesi prima che i pazienti riescano a distinguere le sagome, perché devono familiarizzare con l'impianto. A il signor Lane sono stati necessari due mesi di convalescenza, seguiti a un intervento di quattro ore.

"È una tecnologia molto promettente a cui stanno lavorando soprattutto gli americani – afferma Emilio Balestrazzi, direttore della Clinica oculistica del Policlinico Gemelli di Roma -. Si studia da diversi anni e ora sta cominciando a dare i primi risultati, anche se si tratta ancora di sperimentazioni su casi singoli".

Come accaduto a Peter Lane, che ha cominciato a perdere la vista quasi 30 anni fa per una retinite pigmentosa, "l'occhio bionico – spiega l'esperto all'Adnkronos salute – al momento è in grado di restituire una visione molto rudimentale. Una telecamera montata su un paio di occhiali raccoglie le immagini dall'esterno e, bypassando la retina danneggiata, le invia grazie al sistema hi-tech ai centri corticali, attraverso il nervo ottico. Il requisito fondamentale perché questa tecnologia funzioni – precisa – è che i centri corticali siano integri".

Dall'occhio bionico, prosegue Balestrazzi, "si attendono sviluppi importanti, come dalle cellule staminali per i trapianti di cornea. Non vanno generate, però, false speranze nei pazienti. Al momento si tratta di sperimentazioni su casi singoli". E quando si passerà ai test clinici su numeri più ampi, "alla sperimentazione parteciperà anche il nostro Paese", dove al momento questa tecnologia non è utilizzata.

Articlolo scritto da: Adnkronos/Adnkronos Salute