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Aids, funziona il vaccino italiano

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Aids, funziona il vaccino italiano

Roma (Adnkronos/Adnkronos Salute) – Riportare verso la normalità il sistema immunitario dei malati di Aids. E' il risultato positivo ottenuto con il vaccino terapeutico contro la malattia, a cui lavora il gruppo coordinato dalla ricercatrice Barbara Ensoli dell'Istituto superiore di sanità, giunto alla fase clinica II di sperimentazione. Una ricerca finanziata con 13 milioni di euro. La strategia vaccinale sperimentata è in grado di migliorare le condizioni dei pazienti in cura con la terapia antiretrovirale (Haart), "arrivando dove i farmaci non arrivano per ridurre i danni del virus", come mostrano i dati ottenuti su 87 pazienti seguiti in 11 centri italiani, pubblicati oggi sulla rivista internazionale 'Plos'.
Il vaccino terapeutico italiano, che ha come bersaglio la proteina Tat ed è protetto con 10 brevetti, si era già rivelato sicuro e in grado di indurre risposte immunitarie specifiche sia negli studi preclinici precedenti sia negli studi di fase I sull'uomo. Ora i risultati di fase II, sugli 87 pazienti in terapia antiretrovirale, indicano che il vaccino riduce disturbi che il farmaco non elimina: dai problemi cardiovascolari e renali, all'invecchiamento precoce. In realtà la fase II della sperimentazione non è ancora conclusa. Si pensa infatti di arrivare a vaccinare 160 volontari, ma "abbiamo deciso di pubblicare questi primi dati – spiega Ensoli – perché statisticamente rilevanti e ottenuti in tempi straordinariamente rapidi".
Il vaccino Tat viene somministrato mensilmente con 3 o 5 somministrazioni intradermiche in due diversi dosaggi (7,5 o 30 mg), e una volta finito il ciclo la sua efficacia è costante. "Abbiamo ottenuto una prova – afferma Ensoli – che la strategia che abbiamo scelto, quella contro la proteina Tat, è efficace nel bloccare gli effetti del virus sul sistema immunitario, riportandolo verso la normalità. Cosa che la terapia antiretroverale non riesce a fare". Le prossime tappe dello studio saranno quelle di verificare su un più ampio numero di pazienti l'efficacia del vaccino e puntare a interrompere , sostituendola, la terapia antiretrovirale.
"La terapia atiretrovirale ha portato risultati fantastici – precisa Adriano Lazzarin, del Dipartimento di malattie infettive dell'Irccs San Raffaele di Milano, uno degli 11 centri coinvolti nella sperimentazione di fase II – ed è capace di garantire una viremia negativa nel sangue nel 90% dei casi. Il problema è che non si può smettere il trattamento per il rischio che la viremia ricompaia, quindi la terapia va assunta per la vita. In secondo luogo, il virus in una piccola quota rimane, quindi bisogna cominciare a pensare di andare a colpirlo nella cellula dove i farmaci non arrivano. L'unico strumento per riuscirci è fare 'la guerra nucleare al virus'. E questo si fa proprio con i vaccini terapeutici". I vaccini sono importanti, dunque, anche perché bisogna assolutamente puntare a interrompere la terapia: "Il paziente, infatti, difficilmente sopporta i farmaci necessari a tenere a bada il virus per decine di anni", avverte Lazzarin. "I risultati ottenuti – dice il presidente dell'Iss Enrico Garaci – dimostrano che valeva la pena di esplorare le potenzialità del vaccino Tat". Ma passi successivi sono altrettanto importanti: valutare l'effetto del vaccino senza terapia antiretrovirale, e poi valutare l'effetto preventivo del vaccino, ossia su pazienti sani.
L'iter di sperimentazione del vaccino terapeutico italiano è partito 15 anni fa; la fase clinica I è iniziata nel 2003, la fase II nel 2008 e deve ancora terminare. Il problema però, sottolinea Ensoli, ora sono i soldi: "Non abbiamo più fondi per completare la fase II". Dall'inizio della sperimentazione sono stati spesi circa 20 milioni di euro, a carico di ministero della Salute e Iss, "ma la cifra sarebbe stata 20 volte più elevata", evidenzia Garaci, se a sperimentare il vaccino fosse stata un'azienda privata invece che un ente pubblico. Ora invece l'Iss detiene 10 brevetti che, quando si tratterà di produrre il vaccino, potranno essere venduti anche ad aziende private. "Il nostro obiettivo è curare i pazienti e non abbiamo nessun preclusione per collaborazioni trasparenti con il privato", conclude Ensoli.

Articlolo scritto da: Adnkronos