Home Cronaca Anti-bracconaggio: i primi dati dell’operazione ‘Pettirosso 2010’

Anti-bracconaggio: i primi dati dell’operazione ‘Pettirosso 2010’

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Anti-bracconaggio: i primi dati dell’operazione ‘Pettirosso 2010’

Roma – Ogni anno il Nucleo Operativo Antibracconaggio del Corpo forestale dello Stato conduce l’“Operazione Pettirosso”, a tutela dell’avifauna (in particolare passeriformi) che attraversa le valli del Bresciano (Val Trompia e Fiume Mella, Valle Sabbia, Valle del Chiese-Lago d’Idro), in una delle più importanti rotte migratorie del nostro paese, seguendo la “corrente padano-prealpina”.
Sono specie quali pettirossi, verzellini, cardellini, lucherini, passere scopaiole, cince e altri fringillidi le più minacciate da una caccia senza regole basata sull’utilizzo di strumenti vietati, come i richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, le reti (grazie alle quali si alimenta il commercio illegale di richiami vivi) e gli archetti.
Per tutto il mese di ottobre l’Ispettorato Generale del Corpo forestale dello Stato invia, ormai da anni, in alcune valli del bresciano e province limitrofe, un apposito contingente del Nucleo Operativo Antibracconaggio che agisce in sinergia con il personale dei Comandi Stazione Forestali territorialmente competenti ed è strutturato proprio per la repressione di crimini venatori sugli uccelli di passo.
Il contingente è composto da una trentina di Forestali ed è diviso in due turni di quindici giorni ciascuno. Il personale esegue pattugliamenti sul territorio, sequestrando, come disposto dalla normativa vigente, gli eventuali archetti rinvenuti, le reti, le trappole ed i fucili, i richiami elettromagnetici e gli esemplari di avifauna protetta che, se vivi ed in buone condizioni, vengono immediatamente liberati.
Gli agenti del Nucleo Operativo Antibracconaggio (NOA) del Corpo forestale dello Stato nel primo turno, svoltosi dal 29 settembre al 14 ottobre 2010, hanno denunciato all’Autorità Giudiziaria complessivamente 50 persone per violazioni delle normative che regolano l’attività venatoria.
Notizia Archiviata. Immagine non più disponibile. Sono state inoltrate 52 comunicazioni di notizie di reato, sequestrati 805 uccelli (di cui 580 morti) mentre 225 sono i volatili poi liberati dalle trappole dei bracconieri. Sono inoltre stati sequestrati 1193 archetti, particolari tipi di trappole costruite artigianalmente per la cattura di piccoli uccelli, 7 fucili e 304 munizioni, 3 richiami acustici e 58 reti da uccellagione.
Infine sono 5 i verbali amministrativi redatti per contestare sanzioni pari a un importo complessivo di 787 euro.
In questa “zona calda” della Lombardia, i volatili così catturati ed uccisi sono spesso destinati a ristoranti o a privati compiacenti e finiscono nei piatti tipici locali.
A volte i metodi di cattura o di uccisione dei volatili sono cruenti, come nel caso dell’utilizzo degli archetti: si tratta di veri e propri strumenti di tortura che portano l’animale a una lenta morte per dissanguamento e ipotermia dopo un’agonia di diverse ore. Sono costituiti da esili rami di nocciolo o da fili di ferro piegati ad arco da piccole corde tenute in tensione, il volatile viene inizialmente attratto da bacche posizionate appositamente e resta poi imprigionato dalla corda che si va a stringere attorno alle zampe (spezzate dal forte colpo inferto dalla trappola) come un cappio, fino al sopraggiungere della morte causata per le ferite riportate.
Questo è un primo bilancio dell’“Operazione Pettirosso 2010” finora svolta nelle valli bresciane per prevenire e contrastare il fenomeno del bracconaggio di alcune specie di uccelli durante il periodo più intenso delle migrazioni, quando si può assistere al passaggio di circa centomila volatili al giorno.