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Bilancio della XIII edizione di ‘Messaggi’

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Bilancio della XIII edizione di ‘Messaggi’

AREZZO – “Spettacoli e performance, le più varie, che spaziavano da riscritture di classici – secondo diverse chiavi di lettura – a lavori meno consueti, come il laboratorio di musica etnica al Liceo Musicale curato da E. Fink e M. Dragoni o il musical presentato dall’Istituto d‘Arte di Sansepolcro”. Così Gianfranco Pedullà, Massimo Ferri, Isabella Lops e Luigi Capecchi commentano la XIII edizione di “Messaggi” conclusasi lo scorso 22 maggio al Teatro Pietro Aretino ad Arezzo. “Comune a tutti – proseguono i quattro giurati – l’impegno profuso nel cercare di dare il meglio di sé, al di là dei diversi modi di intendere “il teatro nella scuola”. Partendo proprio da questa diversità di intenderne la funzione, emersa chiaramente dal tipo di “spettacoli” proposti, ci sembrerebbe necessario ripristinare la possibilità di momenti di confronto tra studenti, operatori e insegnanti, una volta che ciascuno di essi abbia provato e poi dismesso i panni e il ruolo di “spettatore”, “attore”, “operatore teatrale” “insegnante”. In altri anni si è provato ad andare in questa direzione, ed essere disposti a confronti e verifiche comuni ci parrebbe la strada migliore per sviluppare e dare continuità alla manifestazione stessa, che non deve limitarsi ad una “vetrina” che resti in superficie”. Quali le soluzioni in questo senso? “Si potrebbe pensare – continuano Pedullà, Ferri, Lops e Capecchi – ad un prolungamento dei giorni della Rassegna, o anche stabilire un limite di tempo più ristretto per un “assaggio” dei rispettivi spettacoli, oppure ad un’apertura pomeridiana di specifici “workshop”, come si dice oggi, o ancora a scambi ulteriori di osservazioni per e-mail tra le diverse scuole. Tra l’altro a nostro parere occorrerebbe sottolineare che la produzione di uno spettacolo anche solo come “assaggio” di fine laboratorio, ha bisogno di tempo e di lavoro serio. Il corpo e la voce sono strumenti che bisogna imparare ad usare come uno strumento musicale, e sotto la guida di professionisti con competenze teatrali e pedagogiche (tanto più se di Teatro-Scuola si tratta), e ci sembra quindi sbagliato che si pretenda “lo spettacolo” alla fine di ogni laboratorio, anche se è durato solo tre mesi. E’ educativo insegnare ai ragazzi che dopo tre mesi puoi andare davanti a un pubblico?”.

Nei giorni dal 18 al 22 maggio (con alcune repliche serali) sono andati in scena nove lavori che hanno viste impegnate le seguenti scuole: Liceo Scientifico “B. Varchi” di Montevarchi, con Il Ritratto di Dorian Gray; ITIS G. Galilei di Arezzo, con Agenzia Congratulations; Istituto D’arte “G. Giovagnoli” di Sansepolcro, con Notre Dame De Paris; Liceo Classico “F. Petrarca”, con Bisbetica? Domata; Liceo Musicale “F. Petrarca” di Arezzo, con Sarabanda; Istituto Istruzione Superiore “V. Colonna” di Arezzo, con Non scrivete quel finale!; Liceo Citta’ di Piero di Sansepolcro, con Animals’ Farm; Liceo Scientifico e ITC G. Galilei di Poppi, con Campionario; Istituto Pacle e Geometri “V. Fossombroni” di Arezzo, con Gli Uccelli.

Qui a seguire delle brevi osservazioni che Gianfranco Pedullà, Massimo Ferri, Isabella Lops e Luigi Capecchi hanno fatto degli spettacolo andati inscena:

Il ritratto di Dorian Gray
Il lavoro, ancora in progress (andrà in scena in forma definitiva la prima settimana di giugno) si fa apprezzare per essere una creazione collettiva condotta con competenza educativa e teatrale. Partendo dalle suggestioni suggerite dall’opera di Oscar Wilde (culto della bellezza, critica del perbenismo dell’alta società), il laboratorio mostra una rielaborazione delle esperienze interiori e delle relazioni che si instaurano con gli altri, portando sulla scena con leggerezza e precisione (oggetti-simbolo sono i ventagli, lo specchio, il libro) non il testo, ma se mai lo spirito del testo, il tutto sostenuto dal musiche composte anch’esse da uno dei ragazzi.

Agenzia Congratulations
Emerge la scrittura ironica del docente Maurizio Giustini, che è anche scrittore di teatro. Interessanti le premesse concettuali: intento del laboratorio era indagare sul “narcisismo, malattia sociale del nostro tempo”, partendo da uno spunto letterario (il palazzo dei vani desideri del mago Atlante, nell’Orlando Furioso). Purtroppo è sembrato debole il piano del linguaggio, che rimane su un piano naturalistico, imitativo della vita, pur colta nelle diverse -eppur sempre le stesse- sfaccettature del desiderio di “apparire” e aver successo, anche a costo di ridicoli autoinganni.

Notre Dame de Paris
Si apprezza il grosso sforzo di allestimento tecnico (luci, fonica, scene, costumi) che tuttavia anche nei movimenti e nel modo di cantare dei cantanti-attori tende troppo ad imitare il musical di Cocciante e certi format TV di successo. Il che non pare compatibile con i compiti pedagogico formativi della scuola. Il risultato è che il coinvolgimento dei ragazzi pare orientato a una sorta di dimostrazione di “bravure” individuali più che segnare un percorso collettivo di crescita espressiva e comunicativa. Forse, dopo che in passato questa scuola si era misurata con Autori e testi di altro genere, tornando a “fare teatro” sulla spinta delle richieste dei ragazzi, occorreva maggior coraggio nello sperimentare anche questo “genere” in forme più libere ed autonome

Bisbetica? Domata
Si avverte molto il divertimento del “mettere in scena” un testo classico ri-scritto mettendo in risalto i giochi di parole, le allusioni, i doppi sensi di cui pure è ricco. In tal modo i ragazzi sono stati coinvolti più facilmente nella caratterizzazione dei personaggi e anche nel lavoro di improvvisazione. Meno convincente è parsa l’ambientazione della vicenda negli anni 70 del secolo scorso, anche se l’interrogativo inserito nel titolo vuol alludere comunque ad un possibile rovesciamento dei ruoli, nel senso che oggi non è più così ovvio “chi doma chi” nei rapporti tra uomo e donna. La questione certo riguarda maggiormente la sensibilità moderna , e ben si presta -come si è visto- ad esser trattata in chiave comica e leggera. A proposito di leggerezza e godibilità, qualche ulteriore “taglio” avrebbe senz’altro giovato.

Sarabanda
Pur nella brevità della loro esibizione (solo due pezzi, pensiamo per esigenze di tempo) gli alunni del Liceo Musicale (ma due di essi hanno meritevolmente preso parte anche alla BISBETICA? DOMATA) hanno di fatto aperto un’ulteriore canale di espressione all’interno della rassegna MESSAGGI: quello della musica etnica, che potenzialmente ha grandi possibilità di sviluppo, se consideriamo la sempre maggior presenza di alunni di diverse nazionalità anche negli istituti superiori della nostra provincia e l’enorme valenza educativa e (inter)culturale che ha la musica . Anche per questi motivi il progetto Sarabanda, promosso dal Comune di Arezzo e finanziato dal Fondo Europeo per l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi avrebbe meritato uno spazio e una visibilità assai maggiori.

Non scrivete quel finale
L’intento provocatorio e spiazzante, presente fin dal titolo della performance, che liberamente si ispira a “Dio” di Woody Allen, si sviluppa attraverso una serie di invenzioni, imprevisti, citazioni, fraintendimenti -a volte francamente eccessivi- che hanno lo scopo di focalizzare l’attenzione sulla problematica esistenza (in qual misura reale e quanto invece fittizia) di personaggi, strutture e convenzioni che il teatro ha da sempre utilizzato. Ed anche messo in discussione, a cominciare dalle unità di tempo, di spazio e di azione di aristotelica memoria fino al pirandelliano “teatro nel teatro” e poi ancora “il teatro nel teatro del teatro…”, e così via. ll gioco -in questa performance, ma forse nella storia stessa del teatro- si è spinto un po’ troppo oltre? Può darsi, se a detta degli stessi protagonisti ad un certo punto si afferma che “noi non ci si è capito niente”.
Ragione di più per approfondire l’argomento, come dicevamo all’inizio, se la Rassegna avesse previsto un po’ di tempo per un franco scambio di opinioni, dato che anche altri laboratori hanno avuto un percorso simile (cfr. in particolare Campionario, del gruppo di Poppi).

Animal Farm
Il laboratorio si segnala indubbiamente per il lavoro sul corpo e in particolare sulla postura e i piccoli movimenti (sempre mantenuti, anche nei momenti di controscena) del corpo inteso qui come risorsa e strumento di comunicazione perfettamente adeguato ai personaggi della Fattoria degli animali di Orwell. Anche l’uso di materiali “poveri” (per le maschere e in genere per gli oggetti di scena) anziché limitare, riesce a potenziarle le possibilità espressive dei ragazzi, apparsi pienamente coinvolti anche sui contenuti che il testo propone: i valori della libertà, della democrazia, della giustizia.

Campionario
Un modo assai originale ed intelligente per uscire dalle tradizionali regole aristoteliche di unità di tempo, spazio ed azione. Senza una “storia” da seguire, senza “personaggi” da interpretare, i ragazzi hanno dimostrato di aver lavorato in modo egregio sulle potenzialità espressive del proprio corpo, sul movimento, sulla gestualità applicata a tante situazioni diverse, aiutati in questo da musiche ben scelte, accompagnando spesso le proprie “improvvisazioni consapevoli” -per dirlo con un apparente ossimoro- a monologhi o dialoghi giocati su diversi piani: il serio e il faceto, tra il reale e il surreale. “Tu puoi diventare tutto”, così si riassume la consegna od il compito che un titolo come “Campionario” assegnava al numeroso Gruppo Teatranti del Liceo e dell’ITC di Poppi.
Al di là della qualità del lavoro presentato, tuttavia, c’è da dire che una “unità di tempo” (intesa come il restare in “tempi” accettabili) andava rispettata, sia per non sconfinare nello spazio destinato alle altre scuole, sia per raggiungere una sintesi e un equilibrio migliori.

Gli Uccelli
La Rassegna si è chiusa con il laboratorio incentrato su Gli Uccelli di Aristofane. Un testo non facile, interpretato tuttavia con notevole impegno e cura, nell’intento di riflettere -e far riflettere- sulla possibilità di ricostruire una società nuova che vinca sul vecchio mondo degli uomini e degli Dei. Un elogio particolare al gruppo per come ha saputo far fronte alla imprevista difficoltà, mantenendosi ben “dentro” la rappresentazione nonostante l’ora tarda e la ristrettezza del tempo a disposizione, nonché agli spettatori che sono rimasti al loro posto fino all’ultimo. Belli anche i costumi di scena.