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Fiat, Marchionne: ‘Senza la parte italiana l’azienda farebbe di più’

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Fiat, Marchionne: ‘Senza la parte italiana l’azienda farebbe di più’

Milano – (Adnkronos/Ign) – "Dai dati trimestrali abbiamo visto che la Fiat ha registrato più 2 miliardi di utile operativo. Di questi nemmeno un euro è stato fatto in Italia. Se dovessimo tagliare la parte italiana la Fiat farebbe di più. Non si può gestire un'impresa in perdita per sempre". Lo ha affermato l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, ospite per la prima volta alla trasmissione di Fabio Fazio 'Che tempo che fa'.
"La nostra proposta ora però è quella di dare la capacità alla rete industriale italiana di poter competere almeno con i paesi vicini" ha ricordato Marchionne. Poi, a Fazio che gli chiedeva se c'è da fidarsi del futuro in Italia, ha risposto: "Credo di sì. Credo che sia possibile creare una realtà diversa. In Italia le potenzialità ci sono, i problemi ce li creiamo noi".
La Fiat, ha rimarcato durante l'intervista, "è l'unica azienda che nel 2008-2009 non ha bussato al governo". Rispondendo alle domande di Fazio sulle collaborazioni tra industrie e i governi, l?amministratore delegato ha sottolineato che "la collaborazione tra lo Stato e l'industria è una cosa che si verifica in tutte le parti del mondo". L'esempio più 'facile' per l'ad è la realtà americana dove "stiamo risanando la Chrysler e stiamo pagando i debiti. Il Tesoro Usa ci ha dato una grande possibilità ma la cosa importante è pagare i prestiti ed evitare ingerenze dello Stato. In America è così e noi ripagheremo il governo americano".
A proposito dei rapporti tra lo Stato italiano e la Fiat in passato "qualsiasi cosa sia successa è successa, è passata. Lo Stato è sempre stato ripagato creando realtà industriali". E anche per quanto riguarda gli incentivi auto offerti nel recente passato "quelli sono stati soldi dati ai consumatori – ha precisato – non a noi direttamente. E poi in Italia sette auto su dieci comprate sono straniere".
Uno degli obiettivi indicati da Marchionne è portare lo stipendio medio dell'operaio italiano a livello di quello percepito negli altri paesi europei. "E' un obbligo per la Fiat colmare il divario degli stipendi degli operai" ha detto l'ad. Ma per fare questo, sottolinea, "non è possibile avere tre persone che bloccano un intero stabilimento", come è successo a Melfi dove "abbiamo avuto un esempio di anarchia, non di democrazia. Ma con questo sistema non si possono gestire aziende così grandi". Conversando con Fazio, Marchionne ha poi aggiunto: "Meno della metà dei nostri dipendenti appartiene a una sigla sindacale. Solo il 12% è iscritto alla Fiom Cgil che non rappresenta la maggioranza dei dipendenti".
Con l'accordo raggiunto a Pomigliano, ha proseguito, "la Fiat non ha tolto nessun diritto ma ha cercato di assegnare la responsabilità di gestione dello stabilimento ai sindacati per gestire insieme le anomalie". E anomalia per Marchionne è quando "il 50% dei dipendenti si dichiara ammalato in un giorno specifico", giornata che probabilmente "dipende dalla partita".
Parlando del referendum che si è tenuto a Pomigliano, l'amministratore delegato ha quindi affermato che "c'è stata una campagna mediatica che non corrisponde a quello che abbiamo creato. A Pomigliano lavorano più di 20mila persone. Se la Fiat smettesse di produrre in quello stabilimento creerebbe un problema sociale immenso soprattutto con una camorra viva ed efficace in quella zona. La cosa da fare è dare la possibilità agli stabilimenti di produrre ed esportare".
Quanto al sistema previsto con 'Fabbrica Italia' che prevede di ridisegnare le pause di lavoro da due da 20 minuti a tre da 10 minuti, "è un sistema – dice – già applicato a Mirafiori". Questo sistema, ha aggiunto, "fa parte dello sforzo fatto a livello industriale per ridisegnare un modello di produzione, tenendo conto che i dieci minuti in meno vengono compensati".
A proposito del progetto Fabbrica Italia Marchionne ha ricordato che, secondo le ultime analisi, "l'Italia è al 118° posto su 139 per efficienza del lavoro e al 48° posto per competitività, e questa non è una buona pagella. Il sistema italiano – ha aggiunto Marchionne – ha perso competitività negli ultimi dieci anni. L'Italia non ha mai retto il passo dell'innovazione. Non è colpa del lavoratore che vive in un insieme di regole. Se da una parte ci sono investimenti che possiamo fare dall'altra non possiamo ignorare la classifica. E le dimostrazioni fuori posto espresse contro la Fiat – ha rimarcato – non creano un ambiente necessario per attirare investimenti dall'estero".
Poi, a Fazio che gli ricordava le critiche espresse dallo stesso Marchionne in occasione di un convegno dei Cavalieri del Lavoro quando disse che "l'Italia ha perso la bussola", con commenti per i quali qualcuno ha subito intravisto 'una discesa in campo', l'amministratore delegato ha respinto nettamente questa ipotesi: "Io in politica? Scherziamo. Io faccio il metalmeccanico".

Articlolo scritto da: Adnkronos