BRENNERO – Basta con le etichette che consentono di ingannare il consumatore. Basta con i prodotti che entrano dalle frontiere e, spacciandosi per autentico made in Tuscany, erodono il reddito delle imprese agricole. Basta con le “schifezze” che arrivano da paesi esteri compromettendo l’immagine dell’agroalimentare toscano.
Sono queste le ragioni che animano l’esercito dei coltivatori e degli allevatori toscani, andati sul Brennero per denunciare i danni generati dall’importazione di latte, cagliate, polveri, cosce di maiale, pomodori e altro ancora, che, miracolosamente, una volta varcati i confini, hanno il potere di “italianizzarsi” e “toscanizzarsi”.
Migliaia gli imprenditori della nostra regione, martedi e mercoledi, insieme ai colleghi della penisola, si sono mobilitati con un’azione da “sceriffi”, per chiedere all’Unione Europea di rendere subito obbligatoria l’indicazione di origine degli alimenti e per sostenere le iniziative di legge nazionali.
Anche da Arezzo sono partiti circa cento agricoltori, per la due giorni di presidio delle frontiere.
Hanno parteciperanno all’iniziativa il Presidente di Coldiretti Arezzo e Presidente Regionale Tulio Marcelli con il direttore Claudio Massaro.
“Il nostro obiettivo – spiega il Presidente Marcelli – è di interrompere il furto di reddito e immagine che penalizza le nostre imprese e di dare garanzie precise a chi acquista. Con la determinazione con cui in Toscana abbiamo sollecitato l’adozione di una legge che garantisca i consumatori una ristorazione agrituristica toscana al 100 per cento, così ci spenderemo a livello nazionale perché tutto ciò che approda sulle nostre tavole abbia un’origine chiara e dichiarata. Non è prodotto toscano quello che viene lavorato e trasformato in Toscana, è prodotto toscano quello che nasce da materie prime toscane. E sul cibo non si scherza”.