Home Attualità Informazione ‘La scuola è finita’, primo italiano in gara: Golino prof per Jalongo

‘La scuola è finita’, primo italiano in gara: Golino prof per Jalongo

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Roma – (Adnkronos/Ign) – E' il giorno del primo italiano in concorso al Festival internazionale del Film di Roma. Alla Sala Santa Cecilia viene presentato 'La scuola è finita' di Valerio Jalongo. Il film, con Valeria Golino e Vincenzo Amato, è ambientato in una scuola pubblica come tante, l'istituto Pestalozzi a Roma, dove alunni e professori condividono la stessa noia.
Il quadro è desolante: ragazzi annoiati, professori svogliati, aule come latrine e alla fine tutti bocciati. Raccontando l'idea il regista afferma: "Non volevo fare un film autoreferenziale né un trattato sociologico, ma qualcosa in cui i ragazzi potessero riconoscersi. Racconta un percorso di liberazione e pone una domanda: che ne facciamo di questo laboratorio sociale che è la scuola?". Al momento poco o nulla, è il parere del regista di 'Di me cosa ne sai?': "Questi ragazzi sono immersi in una scuola priva di slancio, di entusiasmo, noiosa, quando invece dovrebbero essere toccati dall'emozione. E gli insegnanti hanno perso prestigio sociale. I miei personaggi hanno se non altro il merito di non essere impassibili''.
Jalongo si riferisce a Daria (Valeria Golino) e Aldo (Vincenzo Amato), moglie e marito in procinto di divorzio e professori del Pestalozzi (dal nome del grande pedagogo che disse: "Nessun apprendimento vale qualcosa se ti toglie la gioia"), istituto romano malandato e frequentato da studenti che giudicare "distratti" sarebbe eufemistico.
Playstation, droga e telefonini hanno preso il posto dei libri di testo e tolto ogni passione agli insegnanti. Non a Daria e ad Aldo però, che – con l'ascolto e l'affetto lei, tramite la musica rock lui – almeno ci provano a stare vicino ai loro ragazzi. Nello specifico vorrebbero recuperare Alex (Fulvio Forti), uno studente modello quanto a disagio: genitori assenti, canne, pasticche e chiusura ermetica nei confronti del mondo: "Non chiamatelo disadattato, molti ragazzi italiani sono come lui", assicura Jalongo che, a riprova, ricorda la sua esperienza d'insegnante e gli ultimi tre anni trascorsi in vari istituti dove ha raccolto storie e testimonianze (raccolte in un videodiario) della malridotta scuola italiana
Talmente messa male che nemmeno le buone intenzioni di due professori appassionati fanno la differenza, anzi: l'affetto nei confronti del ragazzo porterà entrambi a passare il segno, incorrendo nella sospensione scolastica: "Eppure Daria mi piace -dice la Golino- Quella gioia, quella emozione lei ce l'ha, ma si lascia coinvolgere troppo e sbaglia. Mi sarebbe piaciuto però avere avuto una professoressa come lei a scuola". Dello stesso avviso Amato che rimprovera semmai quei professori che non riescono ad entusiasmare i propri studenti. Probabilmente molti di loro non sanno fare questo mestiere". Più articolato il giudizio di Jalongo: "Tutto quello che si vede nel film è tristemente vero: l'aula utilizzata come set è molto meglio di quella che mi sono trovato di fronte la prima volta che ho iniziato le riprese del videodiario. La droga circola liberamente negli istituti e alcuni professori sono stati coinvolti in fatti di cronaca come quelli che racconto. Il degrado delle classi è il sintomo di un disinteresse totale della comunità nei confronti della scuola".
Ecco perché, conclude la Golino, "la protesta andata in scena ieri con l'occupazione del red carpet è stretta parente del nostro film, fanno parte dello stesso malessere. La protesta per la cultura è l'altra faccia dello stato di abbandono della scuola".
Ma l'idea del film da dove nasce? ''Mi è venuta una sera al Big Mama – racconta il regista – al concerto di uno strano gruppo, i Riding Sixties, che suonano impeccabili cover di canzoni Rock anni ?60 e ?70. Ma non è il loro repertorio che li rende strani, quanto il fatto che la band – continua – è composta da due miei colleghi professori del 'Rossellini' e dai loro studenti. Quella sera c?erano anche tanti miei allievi: allegri, entusiasti, così diversi dall'apatia che mostravano in classe''.
''Mi è sembrato che quella gioia e quell'emozione che univa due generazioni fosse il segreto che ogni giorno cercavamo a scuola – continua Jalongo -: cos?è che funziona, cos?è che può davvero aiutare un ragazzo, cos?è che può farlo crescere oltre il limite che il suo ambiente, la sua storia lasciano prevedere? Da quel giorno, ho sempre pensato a 'La scuola è finita' come a un film musicale''.

Articlolo scritto da: Adnkronos