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OroArezzo: apre oggi la vetrina internazionale del made in Italy

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OroArezzo: apre oggi la vetrina internazionale del made in Italy

AREZZO – Arezzo, ovvero l’Eldorado italiana. Nella bella città toscana l’oro è di casa, un comparto quello orafo, che costituisce una risorsa fondamentale per il territorio, e occupa il primo posto nel bilancio provinciale.
Normale che abbia luogo qui una delle più importanti fiere internazionali del settore. Stiamo parlando di OroArezzo che, giunta alla sua 31esima edizione (presso Arezzo Fiere e Congressi ) mette in pista ben 453 espositori (con un incremento del 10% rispetto al 2009 ) che presentano, a un pubblico di addetti ai lavori, il meglio della loro produzione.
Che, evidentemente, è cambiata nel corso degli anni (complice anche la crisi), così come è cambiato l’approccio del pubblico nei confronti del gioiello. Il “brillocco” di un tempo ha ceduto il passo all’oggetto di design, dove la creatività ha preso decisamente il sopravvento rispetto al valore intrinseco dell’oggetto. Premiere, iniziativa clou della quattrogiorni aretina, presenta le tendenze dei prossimi mesi che vedono in primo piano materiali più “tecnologici” (acciaio, pelle, caucciù) magari combinati ai grandi classici (oro e pietre preziose).
“In effetti le ultime edizioni di Oroarezzo hanno evidenziato in modo deciso questa tendenza – conferma Raul Barbieri, Direttore di Arezzo Fiere e Congressi – I buyers chiedono proprio questo alle nostre aziende: uno sforzo creativo che possa rendere prezioso anche il pezzo che in realtà costa poco. E la creatività italiana, da questo punto di vista, rappresenta un valore aggiunto importante”.
E’ il momento di quello che qualcuno ha definito “gioielleria democratica”, capace di appagare l’estetica e il bisogno di “lusso” senza svuotare le tasche. Anche se ovviamente l’Italia mantiene una posizione di leadership anche per quanto concerne l’alta gioielleria, quella che fa sognare. Basta per questo vedere quante “pezzi” italiani sono presenti sui red carpet più importanti, ad adornare le donne più belle e famose del mondo.
E a proposito di red carpet e sfilate, questa edizione di OroArezzo presenta un’importante novità. Il management aretino, in collaborazione con Vogue Gioiello, è riuscito nell’intento di fondere insieme due pilastri del Made in Italy di qualità: L’oreficeria e la moda. 16 dei più importanti stilisti italiani (Armani, Valentino, Dolce & Gabbana, Versace, Etro, Moschino, Prada, Gucci, Ferragamo, Bluemarine, Pucci, Alberta Ferretti, Ferrè, Fendi, Missoni e Marna) “vestiranno” altrettanti gioielli della collezione “Oro d’Autore” per quello che promette di essere l’evento clou della manifestazione.

Notizia Archiviata. Immagine non più disponibile. “Abbiamo chiamato GoldUp – spiega Daniel Virtuoso, Marketing Manager di Arezzo Fiere e Congressi – questo mix tra alta moda e oreficeria di qualità. Sarà una mostra che porteremo in giro per il mondo e che, ne siamo sicuri, farà sognare le donne di tutti i continenti”.
Insomma, Arezzo ci racconta l’oro ai tempi della crisi. Tra tecnologia e creatività ma senza rinunciare al sogno.

L’OREFICERIA CHE FA TENDENZA
Accessorio ma che fa moda. Questa oggi è l’oreficeria non solo italiana ma internazionale. Capace di seguire la moda ma anche di determinarne il corso. Vediamo quali sono stati i gioielli e le creazioni che hanno segnato i diversi decenni.

ANNI CINQUANTA:
Dior impone il new look. La donna scopre il tailleur con reverse importanti. La gioielleria si adegua e scoppia la moda della spilla, con Cartier che propone la celeberrima Pantera (creata per la Duchessa di Windsor, con una zaffiro di 140 carati) che in breve diventa un must tra le signore dell’alta società. Ma sono anche gli anni dei bracciali, indossati dalle dive di Hollywood, specie quella in trasferta sul Tevere.

ANNI SESSANTA: anni di grande fervore creativo, l’oreficeria punta sui colori e sugli smalti a gran fuoco. Due temi essenziali: quello tradizionale, che vede la riscoperta dei gioielli di gusto rinascimentale. E quello di tendenza, dove dominano i bracciali a staffa di Gucci e di Hermes. Marilyn cantando ci ricorda che i diamanti sono i migliori amici delle donne, mentre Audrey Hepburn fa colazione davanti alle vetrine di Tiffany.

ANNI SETTANTA: è il momento delle avanguardie artistiche e i gioielli recitano la loro parte. Pop art e optical entrano di prepotenza in oreficeria e i “flowers” di Andy Wharol dettano legge tra le signore bene. Geometrie, accostamenti di colori, design finnico (Aalto diventa fonte di ispirazione). Su tutti, le collane multistrend, fili e fili di perle o di altri material che ricordano molto la Callas nella Medea pasoliniana.

ANNI OTTANTA: anni di crisi, le quotazioni dell’oro si impennano, i gioielli si “restringono”. Gli anelli diventano “cerchietti”, gli orecchini “briciole”, si scopre la pietra “semipreziosa”. Ma nella seconda metà del decennio, torna il benessere. I gioielli riprendono dimensioni importanti, l’art decò impone il suo stile, scoppia la mania per i monili che ricordano l’arte etrusca e Bulgari sale al proscenio con le sue “Parentesi Graffe”.

ANNI NOVANTA: a caratterizzare il decennio, due mondi agli antipodi: quello neobarocco, figlio dell’edonismo reaganiano, fatto di sciarpe in tessuto d’oro, grosse pietre preziose e, in sintesi, una gioielleria dove l’apparire recita un ruolo fondamentale. E quello minimal, dove la filosofia è quella dello scarnificare, portare tutto all’essenziale, puntando sul design anche a dispetto del valore intrinseco dell’oggetto.

DUEMILA: alla crisi si risponde con la creatività. Le nuove tecnologie consentono di lavorare il gioiello, fino a renderlo “vissuto”. Le star del cinema e del rock impongono le mode, Madonna sfoggia bracciali “poveri” che diventano un must. Ma, soprattutto, il gioiello diventa parte del corpo di chi lo indossa: il piercing imperversa, l’orecchino-diamante parte dal lobo di David Beckham, il calciatore, e si trasferisce su quelli meno nobili dei maschi di cinque continenti.