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«Un nuovo umanesimo per superare la crisi»

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AREZZO – «Un nuovo umanesimo per la nostra terra». È un vero e proprio appello «a tutti gli aretini di buona volontà» quello lanciato dall’Azione Cattolica di Arezzo-Cortona-Sansepolcro in una lettera aperta. La riflessione parte dal convegno ecclesiale sull’enciclica Caritas in Veritate svoltosi lo scorso dicembre nel duomo di Arezzo. Una straordinaria occasione di approfondimento, voluta dall’arcivescovo Riccardo Fontana, che ha «dato il la» a una serie di incontri sul territorio, animati da varie sigle del mondo cattolico, provocando fortemente i laici cristiani circa il loro ruolo da protagonisti nella storia presente.
«Se per la comunità cristiana – scrive l’Ac diocesana – le sfide della post-modernità si collocano anzitutto su un piano etico e religioso, non appaiono neppure trascurabili i bisogni attuali di un più vasto contesto sociale e civile fortemente provato dalla crisi economica». Una crisi che ha fatto riemergere antiche paure apparentemente scomparse. Situazione che l’Azione cattolica aretina-cortonese-biturgense considera il più negativo frutto di una «disinvolta gestione degli strumenti finanziari della new economy». Un momento storico che, però, può essere visto come punto di ripartenza per creare nuove relazioni interpersonali, stavolta fondate su valori solidi, in grado di restituire fiducia. «Questo tempo ci invita a riscoprire anzitutto – cristiani e non cristiani – il valore delle risorse immateriali, come il capitale umano, la cultura e la scienza, quali elementi comuni di dialogo tra le persone, di crescita individuale e sociale. Ci esorta a comprendere le potenzialità di una economia di comunione in grado di superare il modello ottocentesco, tanto radicato nella nostra tradizione, ispirato alla dinamica servo-padrone e ai rapporti sociali di reciproca diffidenza che ne scaturiscono, inquinando la convivenza civile. Ci induce, infine, a vivere una cittadinanza politica orientata alla risposta a bisogni autentici e non indotti, al bene comune e alla legalità oltre che all’efficienza amministrativa».
Da qui nasce l’appello dell’Azione cattolica «a tutti gli uomini e donne della nostra terra, a prescindere dal loro credo e dalle loro appartenenze», per l’impegno a costruire un nuovo umanesimo. «Un umanesimo nuovo, ma dalle radici antiche, poste nei valori positivi da sempre profondamente condivisi nella cultura del nostro popolo». Punto di partenza: la dottrina sociale cristiana e i suoi valori di gratuità e solidarietà, i quali «costituiscono un dovere per tutti i credenti, ma hanno al tempo stesso una aperta vocazione universale». Ecco, allora, che emerge il vero frutto del grande convegno di dicembre: «Scuotersi dal torpore dell’intimismo e scacciare il demone dell’individualismo, anche pastorale, per riscoprire insieme che la nuova evangelizzazione esige anzitutto la conversione delle coscienze a Cristo Signore, da cui solo può scaturire una rinnovata e profonda comunione in grado di cambiare il volto delle nostre città e delle nostre comunità».

Il testo completo del documento è in allegato o consultabile sul sito internet www.azionecattolicaarezzo.it .

SUPERARE LA CRISI: LA PROPOSTA DI UN NUOVO UMANESIMO PER IL TERRITORIO ARETINO

1. Premessa
A sette mesi dallo svolgimento, nella antica Cattedrale di S. Donato, del Convegno Ecclesiale “CARITAS IN VERITATE. Quali sfide per la chiesa aretina?”, il Consiglio Diocesano dell’Azione Cattolica di Arezzo-Cortona-Sansepolcro intende anzitutto ringraziare l’Arcivescovo Riccardo Fontana per questa provvidenziale occasione di presa di coscienza e di riflessione sulle nuove sfide poste alla chiesa diocesana dalla post-modernità. Se la per la comunità cristiana tali sfide si collocano anzitutto su un piano etico e religioso, non appaiono neppure trascurabili i bisogni attuali di un più vasto contesto sociale e civile fortemente provato – tra l’altro ma non solo – dalla crisi economica attuale.

2. Tempi di cambiamenti
Negli ultimi cinquant’anni, un repentino cambiamento dei ritmi secolari della società rurale ha condotto il nostro territorio dapprima alla industrializzazione e, quindi, alla sua crisi. La vita politica ha tentato di intercettare i bisogni emergenti nel succedersi degli eventi mediante risposte di vario tipo, comprese quelle di carattere ideologico. Neppure la fine dei totalitarismi e la successiva affermazione di un modello economico-sociale neoliberista e pragmatista ha però offerto agli aretini una risposta autentica sulle questioni esistenziali e sociali, come dimostrano con eloquenza molte statistiche relative a fenomeni di disagio (povertà, criminalità, tossicodipendenze alcolismo, suicidi, etc.).
Dal punto di vista più strettamente culturale, in parallelo con i cambiamenti economici, si è assistito al passaggio da una forte identità locale storicamente ricca di riferimenti ideali al debole anonimato dell’era della globalizzazione. L’attuale massiccia inflazione dei mezzi di comunicazione – dai telefonini ad intenet – rivela spesso, al di là delle apparenze, l’isolamento drammatico delle persone e la loro incomunicabilità, nonché la loro sofferenza esistenziale.
Nello stesso periodo di mezzo secolo, anche la nostra chiesa locale ha subìto forti cambiamenti, sia nei propri rapporti interni che nella percezione del proprio ruolo nel mondo. Un esempio per tutti: la fine della mezzadria, istituto che in Toscana, da tempo immemorabile e fino a pochi anni orsono, assimilava il parroco al padrone del fondo piuttosto che al testimone disinteressato del Vangelo. Il Concilio Vaticano II, il nuovo Concordato del 1984, il passaggio da tre diverse a un’unica diocesi, la rarefazione e l’invecchiamento del clero, una diversa diffusione e percezione della parrocchia nel territorio, ma anche l’emersione di nuove forme di aggregazione laicale, sono tra i principali eventi che hanno quasi inconsapevolmente eppur radicalmente cambiato, in anni recenti, il volto della nostra diocesi.

3. La crisi: paura e opportunità
Le emergenze dell’attuale momento storico generano nella nostra gente paure antiche che speravamo scomparse. Al tempo stesso tali emergenze possono costituire, più positivamente, una provvidenziale opportunità per favorire un progetto condiviso di rinnovamento dei comportamenti personali e sociali tali da guardare al futuro su basi di fiducia più solide di quelle passate. Si pensi ad alcuni deplorevoli eventi degli anni recenti, come la disinvolta gestione degli strumenti finanziari della new economy, rispetto alla pur apparentemente meno gratificante economia antica fondata sui fattori naturali della produzione.
Per i cristiani, questo progetto di rinnovamento si fonda su una confermata fedeltà alla Parola immutabile del Vangelo e su una testimonianza profetica in grado di vincere pregiudizi, antiche diatribe e steccati ideologici, spesso pretestuosi, che non hanno consentito una piena comunione con il resto della nostra società.
Questo tempo di crisi ci invita così a riscoprire anzitutto – cristiani e non cristiani – il valore delle risorse immateriali, come il capitale umano, la cultura e la scienza, quali elementi comuni di dialogo tra le persone, di crescita individuale e sociale. Ci esorta a comprendere le potenzialità di una economia di comunione in grado di superare il modello ottocentesco, tanto radicato nella nostra tradizione, ispirato alla dinamica servo-padrone e ai rapporti sociali di reciproca diffidenza che ne scaturiscono inquinando la convivenza civile. Ci induce, infine, a vivere una cittadinanza politica ispirata a rispondere a bisogni autentici e non fittizi, al bene comune e alla legalità oltre che all’efficienza amministrativa.

4. Verso un nuovo umanesimo
Perciò, l’Azione Cattolica diocesana si rivolge anzitutto a tutti gli uomini e donne della nostra terra, a prescindere dal loro credo e dalle loro appartenenze, quali compagni di strada di una sorte umana comune, affinché si rendano disponibili ad intraprendere e praticare insieme un progetto di nuovo umanesimo per la nostra terra.
Un umanesimo nuovo, ma dalle radici antiche, poste nei valori positivi da sempre profondamente condivisi nella tradizione del nostro popolo. La chiesa “esperta in umanità” (Paolo VI) ripropone anche adesso agli uomini della nostra terra il fascino della Parola del Vangelo che interpella le scelte di vita, la pienezza delle potenzialità, la vocazione professionale, le capacità di relazione di ciascuno, senza sprechi, rinunce o frustrazioni

5. La Dottrina Sociale Cristiana risorsa per questo tempo
Nella visione cristiana dell’uomo e della società, che non teme la modernità e il progresso scientifico e tecnologico, la solidarietà sociale continua ad andare di pari passo con il valore della libertà personale. La persona, in Dio, è infatti chiamata a camminare nella storia insieme agli “altri”, a partire dalla dimensione familiare, e non come un monade privo di relazioni e di speranza. Il valore dell’impegno personale in una logica di generosità e di dono educa tutti noi alla responsabilità (o corresponsabilità) piuttosto che al disimpegno. La cura delle relazioni interpersonali ci fa vincere la tentazione pessimistica dell’isolamento, ci apre al senso del bene comune, eclissando l’onnipresente tentazione della esclusiva ricerca dell’interesse privato.
Gratuità e solidarietà: questi valori della Dottrina Sociale della Chiesa, quale parte della Teologia Morale, costituiscono un dovere per tutti i credenti, ma hanno al tempo stesso una vocazione universale, rivolgendosi a tutti gli uomini sinceramente disponibili ad accoglierli come tali. Per tutti costituiscono un antidoto all’individualismo utilitaristico che ha prodotto l’attuale crisi di relazioni tra le persone.
Come cristiani, avvertiamo anche che la Dottrina Sociale viene spesso lasciata ai margini della nostra esperienza ecclesiale, trascurando così risorse spirituali significative rivolte ad ogni ambito della ferialità. Richiamiamo, perciò, l’intera comunità cristiana alla condivisione di una maggiore conoscenza e diffusione della Dottrina Sociale, quale priorità nella attuale emergenza educativa.

6. Conclusione
Per gli uomini e le donne della nostra chiesa, ministri o semplici battezzati, il richiamo che scaturisce dal Grande Convegno Ecclesiale è quindi quello di scuotersi dal torpore dell’intimismo e di scacciare il demone dell’individualismo, anche pastorale, per riscoprire che la nuova evangelizzazione esige anzitutto la conversione delle coscienze a Cristo Signore, da cui solo può scaturire una rinnovata e profonda comunione in grado di cambiare il volto delle nostre città e delle nostre comunità.