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Come è nata la dattilografia? Scoprilo al museo

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Come è nata la dattilografia? Scoprilo al museo

Le sorprese non mancano di certo al Museo dei mezzi di comunicazione. L’ultima in ordine di tempo preparata dal proprietario delle collezioni Fausto Casi è l’acquisizione del cembalo scrivano.
Non è uno strumento musicale anche se dal nome e dalla fattura dei tasti qualcuno potrebbe sospettarlo ma il primo modello della macchina da scrivere della storia. Ideato e brevettato, e questo è meno noto, da un novarese nel 1855 purtroppo dimenticato: Giuseppe Ravizza, il Marconi delle scrittura automatica.
Ravizza pensò a caratteri alfabetici meccanizzati e per riportarli su uno strumento a suo modo di vedere adatto, prese a prestito i tasti dal cembalo che anziché produrre note musicali provocava così la stampa di una lettera. Un sistema ideato dallo stesso Ravizza, faceva scorrere la carta dando luogo a una parola e da questa una riga e quindi una missiva.
In poco tempo l’idea oltrepassò le Alpi e addirittura l’oceano e alcune ditte americane misero in produzione industriale un modello che, in pochi anni fecero diventare il “cembalo scrivano” una macchina da scrivere vera e propria che presto sostituì gli scrivani amanuensi.
Intanto Giuseppe Ravizza apportava alla sua macchina continui aggiornamenti per superare, impresa sconfitta in partenza, la concorrenza delle proposte americane, francesi, tedesche e vi dedicò tutta la sua vita senza tuttavia trovare in Italia chi gli acquistasse il brevetto. Una circostanza che face calare l’oblio su questa nostra grande invenzione. L’Olivetti, unica manifestazione industriale in questo settore della scrittura meccanica, fu fondata a Ivrea solo nel 1908 da Camillo Olivetti e non legò la sua produzione e gli sviluppi successivi alla macchina del Ravizza.
Ora questo cembalo scrivano fa bella mostra di sé al Museo dei mezzi di comunicazione che ha voluto dedicarvi una specifica vetrina nella sezione appositamente aperta il 2 aprile 2011 per i 150 anni dell’unità d’Italia. Di questo strumento che Fausto Casi ha acquisito di recente, ne esistono solo altri 4 esemplari al mondo. La macchina è composta da 800 elementi, base in legno, supporti e cestello in ottone, tiranti, leve e molle in ferro, tastiera di 31 pezzi in legno ricoperti di madreperla e avorio, meccanismo di ritorno del carrello manuale con cordicella e contrappeso, meccanismi interlinea manuali mediante ingranaggio e traino del carrello a molla e ingranaggio.
Il museo si arricchisce quindi di un altro tassello storico che, aggiunto alle già numerose macchine da scrivere antiche poste in mostra nella sezione “scrittura”, lo mette ai primi posti in Italia come depositario di una storia che può essere riportata anche in termini didattici e offerta alle visite di gruppo delle scolaresche.
Senza dimenticare l’aspetto turistico, dovuto al fatto che ogni visitatore dell’esposizione si trova immerso in una congerie di curiosità che fa quasi fatica a credere di trovare ad Arezzo.