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Dipendenti bloccati e atipici insicuri

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Roma(Labitalia) – Lavoratori dipendenti bloccati, specie se confrontati con le maggiori certezze di mobilità dei lavoratori autonomi. E al loro interno un'evidente sottoutilizzazione e una diffusa frustrazione dei dipendenti pubblici. Peggioramento nella condizione sociale dei lavoratori e dilatazione della percezione di insicurezza sociale che attraversa gran parte del mondo del lavoro nelle sue diverse componenti. Sono alcuni dei risultati emersi dall'indagine condotta con il contributo della SWG di Trieste (effettuata attraverso la distribuzione di 5500 questionari) e pubblicata nel volume 'Come cambia il lavoro' (edizioni Ediesse) curato da Cesare Damiano, parlamentare del Pd e ministro del Lavoro nel governo Prodi, e Mimmo Carrieri, professore di sociologia economica e del lavoro all?Università di Teramo. Un aspetto su cui si soffermano i due 'autori' è l'insicurezza diffusa e la rappresentanza difficile. L'insicurezza caratterizza soprattutto i lavoratori atipici, ma non solo loro. L'indagine rivela che una percentuale più alta degli atipici rispetto alle stime ufficiali di Istat (14%) e Isfol (15,3%): corrispondono al 21,9% del campione, e sono per il 52% uomini e per il 48% donne. Il 48,4% si colloca nella fascia di età compresa tra i 23 e i 32 anni, che può pertanto essere considerata, suggeriscono gli autori dell'indagine, come "lo spartiacque tra la flessibilità come tappa o come trappola". Il 21,3% dei lavoratori non standard ha dichiarato che oggi nessun posto di lavoro è sicuro. Di fronte alla possibilità di perdere il proprio posto di lavoro circa un lavoratore su tre è sicuro di non trovarne un altro, solo il 13% ritiene di poterlo trovare nel giro di poche settimane e il 36% dopo qualche mese. I precari avvertono il disagio della propria situazione lavorativa, ma i ?garantiti? non sempre stanno benissimo. L'indagine Carrieri-Damiano dice che il 49,4% degli intervistati dichiara uno stipendio non superiore ai 1300 euro, ma il 25,4% non va oltre la soglia dei 1000 euro mensili, "con una quota importante che si ferma addirittura a 800 euro". Nella fascia da 1501 a 2000 euro si colloca il 19,8% degli intervistati, da 2001 a 3000 euro il 10,2% e oltre i 3000 il 4,7%. I dati sommano subordinati (compresi i parasubordinati) e autonomi, ma tra le due categorie ci sono profonde differenze: per esempio nella fascia più alta si colloca il 3% dei subordinati e il 12,4% degli autonomi. Il clima di incertezza si acuisce quando viene affrontata la questione pensione: il 68,4% ritiene che non riuscirà ad avere una pensione adeguata per vivere, solo il 4,4% la pensa diversamente, il 25,9% non è sicuro. La metà degli intervistati si divide tra chi considera i lavori flessibili accettabili solo se per una fase transitoria e chi li reputerebbe utili solo se accompagnati da diritti e tutele. Il 41,1% alla domanda su cosa, volendo, potrebbe essere migliorato nel sistema di welfare ha dichiarato "un quadro di tutele più articolato per i lavoratori precari". Queste valutazioni, si legge ancora, riflettono un nuovo modo di guardare al lavoro flessbile; se prima c'era un atteggiamento di novità nei confronti di questa situazione e di un malessere edulcorato dalla speranza di essere transitorio ora si inizia a pensare che non potrebbe essere una situazione modificabile da nuovi interventi legislativi, nè così delimitata a un breve range temporale.

Articlolo scritto da: Adnkronos