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Libia, l’11 marzo consiglio straordinario Ueì

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Londra, 1 mar. (Adnkronos/Ign) – "Dal congelamento delle quote libiche in aziende occidentali non dovrebbe venire un grande impatto sullo scenario economico: si tratta di partecipazioni di minoranza per un totale di circa 50 miliardi di dollari. Diverso sarebbe se, ad esempio, fosse coinvolto il fondo sovrano di Abu Dhabi, i cui investimenti superano gli 800 miliardi". Lo afferma Paola Subacchi, direttore ricerche di Economia Internazionale per il prestigioso think tank londinese Chatham House, commentando la situazione aperta dalle sanzioni internazionali contro il regime di Gheddafi. Per quanto riguarda partecipazioni 'strategiche' come il 7% che Tripoli controlla in Unicredit, l'economista ricorda che "chiaramente possono esserci preoccupazioni, ma si pone principalmente un problema di corporate governance" non di stabilità. "Comunque – precisa – le quote congelate, così come accade quando viene a mancare un socio importante, di solito non vengono riversate sul mercato". "Trattandosi di fondi sovrani – aggiunge la Subacchi – la titolarità dei beni della Libyan Investment Authority appartiene al popolo, non a Gheddafi: alla fine di questo processo, quindi, il controllo tornerà al governo riconosciuto a livello internazionale. Un po' come è evvenuto in passato quando le riserve auree di alcuni Paesi, conservate presso la Banca d'Inghilterra, sono state riassegnate ai nuovi governi, al termine di periodi di instabilità". Difficile pensare a forme più estreme, come un eventuale 'esproprio' delle quote: l'economista di Chatham House sottolinea che "gli investimenti dei fondi sovrani avvengono anche sulla base di una fiducia reciproca. Se si congelano le quote e si sottrae il controllo viene a cadere questo rapporto e si rischia di allontanare futuri investitori". Le vicende libiche hanno comunque riacceso i riflettori sul ruolo dei fondi sovrani nell'economia moderna: "Dopo gli accordi di Santiago del 2008, i fondi sovrani, anche se su base volontaria, hanno mostrato una maggiore sensibilità al tema della trasparenza". Resta comunque difficile identificare la portata dei loro investimenti che "di recente sono tornati ad essere abbastanza attivi, sulla scia dell'aumento dei prezzi petroliferi" che ha aumentato le entrate di Paesi come appunto la Libia. In ogni caso, conclude Paola Subacchi, questi fondi non puntano "a 'muovere' i mercati ma, essendo fondi di ricchezza per sopperire all'esaurimento delle risorse naturali, investono soprattutto la dove ci sono buone opportunità".

Articlolo scritto da: Adnkronos