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Pugni in tasca, al Mascagni di Chiusi

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Chiusi – Il Teatro Stabile di Firenze porta in scena al Teatro Mascagni di Chiusi, giovedì 20 gennaio (ore 21.15) “I pugni in tasca”, la rivisitazione teatrale dell’omonima opera cinematografica, a firma di Marco Bellocchio, con la regia di Stefania De Santis. Ambra Angiolini e Pier Giorgio Bellocchio sono i protagonisti di questo dramma familiare. Insieme a loro, nel cast, Giovanni Calcagno, Aglaia Mora, Fabrizio Rongione, Giulia Weber.
Il film, considerato in seguito anticipatore della contestazione, è del 1965. Racconta della sopravvivenza in una famiglia dove l’amore è del tutto assente. Si vive in un deserto di affetti senza nessuna prospettiva per il futuro, una situazione di immobilità assoluta che fa pensare a un carcere o a un manicomio senza speranza di guarigione, rieducazione, riabilitazione, rinascita ecc ecc. Manicomio o carcere interiori perché non ci sono sbarre e le porte sono aperte. Ogni fratello cerca a suo modo di sopravvivere, tranne il fratello apertamente folle che urlando ricorda continuamente il suo passato, la sua rabbia, il suo odio, il suo dolore… È una famiglia in cui c’è una madre che sembra buona, caritatevole (la “santa” de L’ora di religione), ma che in realtà imponendo a tutti i fratelli la pazzia terrorizzante del primogenito coerentemente con i principi della sua religione educandoli alla sottomissione e alla rinuncia alla sofferenza ecc ecc li ha ridotti ad essere come degli animali notturni che escono e si muovono soltanto quando il pazzo dorme (un po’ come l’orco della favola). E perciò annoiati sfaccendati non fanno nulla, sprecano così la loro giovinezza. Non lavorano, non studiano, inventandosi una malattia organica che li obbliga all’inattività, all’ozio, assecondati dalla madre (il padre è del tutto assente. Fuggito, morto in guerra?), l’unico che lavora è Augusto il quarto fratello che amministra male un patrimonio terriero che rende poco e permette alla famiglia una vita confortevole ma senza alcun lusso. Immobilità, inerzia, ripetitività. Ma come in tutti i drammi ad un certo momento Alessandro farà una cosa. Le continue fantasticherie a cui si abbandona tutto il giorno quasi per caso gli offriranno una possibilità concreta. La possibilità di compiere un delitto. Si accende un motore e da quel momento la sua vita prenderà velocità e come nell’apprendista stregone il guidatore perderà ogni controllo e finirà per sfracellarsi. Se i due delitti devono rimanere anche nella versione teatrale (rappresentati fuori scena?) è chiaro che immaginando una scena unica seppure in una struttura complessa molte azioni così efficaci nel film (pensiamo ai dettagli, ai primi piani, al gran ritmo del montaggio ecc ecc) devono trovare degli equivalenti teatrali e per esempio anche i tempi delle varie azioni saranno a teatro più lunghi, più reiterati, più esasperati, il ritmo cinematografico sarà sostituito da una tensione che poi di volta in volta esploderà in un gesto clamoroso…