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‘Single port’: Arezzo quarto centro al mondo in chirurgia robotica

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‘Single port’: Arezzo quarto centro al mondo in chirurgia robotica

Arezzo – Farsi togliere la colecisti e non avere nessun segno sulla pancia. Con i bisturi del chirurgo che passano solo da una cicatrice già esistente, che viene riaperta e poi richiusa: l’ombelico.
Avviene ad Arezzo, all’ospedale San Donato con un utilizzo innovativo e rarissimo del robot Da Vinci, che sta lavorando con un ritmo intensissimo e centinaia di interventi già eseguiti in pochissimi mesi.
Così Arezzo cresce il suo peso a livello nazionale in una specialistica che crea anche grande interesse da parte dei cittadini di tante regioni italiane.
L’ultima novità si chiama “single port” robotica, porta unica, e al momento è istallato esclusivamente ad Arezzo e Alessandria in Italia, e due soli altri centri a livello mondiale.

Cosa è? Realizzato dalla americana Intuitive e distribuito in Italia dalla AB Medica di Lainate, il Single port è un progetto che nasce sulla scia di esigenze che possono apparire minimali, ma che è prodigo di grandi sviluppi. “Oggi – spiega Fabio Sbrana direttore del dipartimento di chirurgia della Asl 8 – questo accesso unico viene utilizzato in alternativa ai 4 – 5 accessi consueti necessari per intervenire chirurgicamente con il robot, per interventi su patologie non oncologiche nell’addome. Ma è chiaro come la tecnica sia passibile di grandissimi sviluppi. Oggi si parte dalla minore invasività con la riduzione da più fori ad un solo foro (con l’utilizzo di uno speciale Port), per arrivare forse in tempi piuttosto contenuti all’utilizzo delle sole vie naturali (bocca, ano, vagina)”. Una crescita continua, ma che fin da ora garantisce grandi risultati.
La single port robotica è stata utilizzata sette volte in due giorni ad Arezzo. Collocata nell’ombelico ha consentito di operare con il robot in tempi strettissimi (media della resezione e asportazione della colecisti 15 minuti), con una invasività minima.
Hardware e software del nuovo strumento consentono al chirurgo di operare dalla console esattamente come nella interventistica robotica tradizionale. La visione tridimensionale vera (non virtuale)offerta dalla telecamera con due ottiche, offre un campo di azione molto chiaro ed i due strumenti vengono governati in modo naturale.

Questo tipo di approccio miniinvasivo con port unico viene già usato nella laparoscopia tradizionale, ma la sua diffusione rimane molto limitata per la estrema complessità della tecnica con conseguenti alti tassi di conversione. L'introduzione dell'ottica, degli strumenti operatori ed assistenti attraverso un unico accesso di solo 2cm. di diametro, comporta l'incrociamento degli strumenti stessi all'interno della cavità addominale per permettere all'operatore di avere sufficiente spazio di manovra: per capirsi la mano destra manovra lo strumento che nel campo operatorio viene da sinistra e la mano sinistra lo strumento che viene da destra, come lavorare allo specchio. Il robot (ma sarebbe più corretto chiamarlo computer) con uno speciale programma “raddrizza” automaticamente i comandi dei bracci robotici, per cui il chirurgo può usare con totale naturalezza gli strumenti operatori senza bisogno di alcuno sforzo di destrezza. Questo comporta un impressionante miglioramento dei risultati in termini di tempi operatori e tasso di conversione in laparoscopia tradizionale o addirittura chirurgia aperta. “Per chi utilizza il robot – sottolinea Sbrana – è tutto davvero naturale e normale. Ottima appare anche la mobilità degli strumenti semirigidi, che consentono di agire con manovre fini e precise”.

Adesso ad Arezzo si stanno programmando dei corsi di aggiornamento sia per i chirurghi, che per gli altri operatori già abilitati al robot. Prossimamente, anche loro utilizzeranno la single port, su cui c’è una grande attenzione, sopratutto da parte di quanti vogliono ridurre ancor più la invasività di un intervento chirurgico. Non è solo un fatto estetico, comunque importante, ma anche di dolori post operatori, che si riconducono grazie ad un solo accesso realizzato e non a quattro o cinque, con un minor interessamento della parete muscolare in termini di fastidiosi ematomi.
Gli strumenti di accesso, dalla telecamera ai canali che ospitano pinze, bisturi e altri strumenti, sono più piccoli di quelli tradizionali, in genere di un terzo, anche perché il dispositivo della single port misura solo due centimetri di diametro.

“Arezzo con questa istallazione (che una volta tanto porta anche ad una minore spesa per i dispositivi medici di circa il 30%) si colloca ai vertici italiani ed europei per l’innovazione nell’ambito della chirurgia robotica – è il commento di Enrico Desideri – direttore generale della Asl – e tutto ciò è stato possibile anche grazie alla disponibilità del team multiprofessionale e multidisciplinare che con un impegno ed una casistica molto elevata utilizza il robot nelle nostre nuovissime sale appositamente attrezzate. Numeri alti che hanno proprio motivato l’azienda produttrice a “testare” il suo prodotto in questa struttura consapevole del ritorno, anche in termini scientifici, della sperimentazione. Nonostante la diffusione sempre maggiore di impianti chirurgici guidati da robot (in Italia adesso ce ne sono più di 50), esperienze consolidate come quella aretina rappresentano una opportunità che viene molto apprezzata da tanti cittadini, anche di altre regioni e dalle stesse case produttrici di strumenti innovativi accessori, che chiedono espressamente di partecipare ad un progetto ancora in grande sviluppo: oggi la single port, poche settimane fa la trasmissione di tutte le immagini degli interventi in una rete a disposizione dei chirurghi anche lontani dalle sale operatorie per seguire l’andamento degli interventi. Arezzo – conclude Desideri – diventa così un vero e proprio laboratorio operativo per la chirurgia robotica, sia nella chirurgia generale, che in ginecologica, urologia, oculistica e otorinolaringoiatra”.

E ad Arezzo arrivano anche i complimenti della Regione: "Mi congratulo con la Asl di Arezzo per gli ottimi risultati ottenuti con il robot Da Vinci – è il commento dell'assessore regionale al diritto alla salute Daniela Scaramuccia – La chirurgia robotica è molto bella ed entusiasmante, ma è altrettanto importante che intorno al robot ci sia un team di professionisti che riesce a farlo funzionare. Il binomio giusto è scuola e tecnologia insieme. Per questo vedo con grande favore i corsi di aggiornamento per i chirurghi e gli altri operatori
che si stanno organizzando ad Arezzo. In Toscana stiamo continuando ad investire in robotica, ma è un investimento governato: migliori tecnologie, a un prezzo possibile, con professionisti che le sanno usare al meglio